One Health: un approccio alla salute che lega esseri umani, animali ed ecosistemi

Angela Caporale
2 minuti

     

    La pandemia da Covid-19, la crisi climatica e gli effetti, drammatici e davanti agli occhi di tutti, di questi fenomeni hanno fatto emergere la necessità di avviare un ripensamento di abitudini, individuali e collettive, che sembravano consolidate. Sono molte le certezze che si sono incrinate in pochi anni, a partire dall’idea di “buona salute”, concetto dato spesso per scontato, che ha rivelato la sua fragilità intrinseca. Dalla pandemia alla crisi climatica, si tratta di fenomeni che hanno un concreto impatto economico, sociale e umano che tocca i più disparati ambiti della vita quotidiana e di comunità. Oggi è importante parlare di salute in connessione con l’alimentazione e in relazione alla trasparenza e all’impatto delle filiere alimentari.

    Tutti gli elementi sono correlati e per questo abbiamo voluto approfondire come si sta evolvendo l’approccio al tema della salute. Un cambio di prospettiva è ritenuto fondamentale per poter prevenire nuove pandemie, intervenire sul benessere delle persone, contribuire a limitare le conseguenze dei cambiamenti climatici. E proprio all’esigenza di una visione globale della salute che coinvolga umani, animali ed ecosistemi risponde l’approccio One Health, ovvero “una sola salute”, promosso dall’Organizzazione Mondiale per la Sanità coerentemente con gli Obiettivi dell’Agenda 2030 e già incluso all’interno del Piano Nazionale di Prevenzione 2020-2025 dell’Istituto Superiore di Sanità. Salute, infatti, significa anche una rinnovata attenzione alla sicurezza alimentare. Torniamo allora a parlare di salute, alimentazione e prevenzione indagando in cosa consiste l’approccio One Health, perché è importante e in che modo l’idea di salute oggi sia inscindibile dalla consapevolezza di ciò che mangiamo.

    Che cos’è l’approccio One Health

    Naknakhone Malaymeuang/shutterstock.com

    È l’Istituto Superiore di Sanità a definire l’approccio One Health: “Un modello sanitario basato sull’integrazione di discipline diverse, è antico e al contempo attuale. Si basa sul riconoscimento che la salute umana, la salute animale e la salute dell’ecosistema siano legate indissolubilmente.” Evolve di fatto dallo studio del patologo tedesco Rudolf Virchow che, già alla fine del secolo scorso, osservava come alcune infezioni potevano essere trasmesse dagli animali agli esseri umani attraverso il meccanismo dello spillover. Virchow sottolineava, dunque, come fosse necessario pensare a “un’unica medicina” che vedesse una stretta collaborazione tra medici e veterinari in ottica preventiva.

    Crisi come quella dell’influenza aviaria negli anni Duemila e, soprattutto, del Covid-19 nel 2020, hanno reso urgente e di grande attualità questo approccio che oggi è riconosciuto dal Ministero della Salute, dalla Commissione Europea oltre che dall’OMS, come “l’approccio ideale per raggiungere la salute globale” perché affronta i bisogni delle popolazioni più vulnerabili sulla base dell’intima relazione tra la loro salute, la salute dei loro animali e l’ambiente in cui vivono, considerando l’ampio spettro di determinanti che da questa relazione emerge.”

    Parlare di approccio One Health significa, dunque, occuparsi di salute includendo umani, animali ed ecosistemi, spaziando e stimolando la collaborazione tra campi differenti. Non soltanto medicina e veterinaria, come immaginava Virchow, ma anche economia, sociologia, tutela dell’ambiente.

    Come One Health connette prevenzione e sicurezza alimentare

    Gorodenkoff/shutterstock.com

    L’approccio One Health non descrive semplicemente una visione globale nel modo di intendere la salute, per orientare le politiche, ma ha ampie e concrete ripercussioni pratiche. È fondamentale, per esempio, per contrastare la resistenza agli antibiotici, una questione che già oggi assume i contorni di una potenziale crisi. Secondo le stime dell’Unione Europea, entro il 2050 ogni anno ciò provocherà 10 milioni di morti, se non si agirà sin da subito per mitigarne l’effetto. Una delle strategie riguarda la limitazione dell’uso degli antibiotici a uso profilattico negli animali e l’utilizzo di studi di sorveglianza e ricerca nell’ambiente per far sì che si possano approfondire ed individuare per tempo nuovi virus e resistenze dominanti in natura.

    Quali sono le aree in cui l’approccio One Health può renderci più sicuri?

    Nicola D’Alterio, Direttore generale dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise “G. Caporale”, in un intervento sul Sole 24 Ore, descrive l’impatto di un approccio One Health sul tema della sicurezza alimentare: “Il sequenziamento dell’intero genoma dei microrganismi patogeni consente di rintracciare con tempestività le fonti di contaminazione e ritirare i prodotti dal mercato a salvaguardia della salute pubblica, e della riduzione dei casi di patologie e dei costi sopportati.”

    Il modello One Health, dunque, si applica a diverse problematiche:

    • la resistenza agli antibiotici citata;
    • le malattie zoonotiche come, per esempio, rabbia e antrace;
    • le malattie trasmesse da vettori come malattia di Lyme, Dengue, Chikungunya e la malattia di Chagas;
    • le infezioni alimentari (campilobatteriosi, salmonellosi, toxoplasmosi, ecc);
    • la sicurezza alimentare.

    A che punto è l’Italia?

    Secondo l’OMS, One Health deve essere l’approccio prevalente nella gestione e implementazione di piani di prevenzione e preparazione a ciò che verrà. Un’indicazione che, in Italia, si sta traducendo in linee guida concrete a partire dalla disponibilità di fondi del PNRR. La Missione 6, quella legata alla Salute, infatti, porta con sé una dotazione economica di quasi 20 miliardi di euro a cui si aggiungono 500 milioni di euro stanziati tramite il fondo del Piano Nazionale Complementare. Questi ultimi sono finalizzati a sviluppare programmi di approccio integrato salute-ambiente-clima che rispondono pienamente ai principi del modello One Health.

    Anche all’interno del Piano Nazionale di Prevenzione 2020-25 (PNP) ampio spazio è dedicato all’approccio One Health. Il documento pone il focus sulla necessità di una visione organica e armonica delle relazioni tra ambiente, animali ed ecosistemi umani, per affrontare i rischi per la salute presenti e potenziali. In quest’ottica, il Piano fa un passo in più: evidenzia come applicare il modello One Health sia strumento di avvicinamento agli obiettivi dell’Agenda 2030. Questo perché una visione olistica e integrata della salute contribuisce ad una maggiore sostenibilità in tutte le sue sfumature – ambientale, economica e sociale. Di fatto, il Ministero ribadisce come solo una visione completa possa portare ad un impatto positivo sul benessere delle persone e sullo sviluppo della società.

    Salute, sicurezza alimentare e sana alimentazione sono destinati, dunque, ad essere sempre più gli uni dipendenti dagli altri. La diffusione dell’approccio One Health risponde proprio a questa esigenza e apre nuovi spunti di riflessione, studio ed innovazione che vadano nella direzione di una tutela globale del pianeta e delle persone che lo abitano, oggi e in futuro.


    Credits immagine in evidenza: KieferPix/shutterstock.com

     

    Passaporto friulano e cuore bolognese, Angela vive a Udine dove lavora come giornalista freelance. Per Il Giornale del Cibo scrive di attualità, sociale e food innovation. Il suo piatto preferito sono i tortelloni burro, salvia e una sana spolverata di parmigiano: comfort food per eccellenza, ha imparato a fare la sfoglia per poterli mangiare e condividere ogni volta che ne sente il bisogno.

    Lascia un commento