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Latte Made In Italy

Redazione

una goccia che cade nel latte

di Anastasia Scotto.

I parte

Quote latte, agricoltori in rivolta e il caso del latte crudo. Gioie e dolori di uno degli alimenti più amati e più importanti per la salute di tutti noi.

Il decreto sulle quote latte proposto dal Ministro per l’Agricoltura Luca Zaia è stato approvato al senato giovedì scorso. A nulla sono valse le proteste dei produttori di latte e degli agricoltori che hanno marciato su Arcore per manifestare contro il decreto ministeriale.
Il problema delle quote latte ha radici molto antiche ed è stato causato da una discussa distribuzione della quantità di latte che ogni stato membro ha il diritto di produrre secondo le regole dettate dall’Unione Luca ZaiaEuropea.
L’Italia, ai tempi della prima regolamentazione, si è vista assegnare una quota molto inferiore alla sua reale produzione, ma le norme dettate dall’Unione Europea non ammettono infrazioni, e così il nostro Paese è costretto a pagare una pesante multa per aver superato la quantità di latte consentita. Durante l’ultima revisione della Politica Agricola Comunitaria, il ministro Zaia è riuscito a recuperare qualche quota latte in più, con grande soddisfazione dei produttori. La multa però deve essere pagata ed è questa la ragione del malcontento di agricoltori e produttori che hanno sempre chiesto a gran voce un condono.
Il decreto del ministro Zaia che ha scatenato le proteste di questi ultimi giorni prevede delle quote latte aggiuntive solo per alcune aziende e non per tutte, e introduce la possibilità per altre di rateizzare il debito che pesa sulla produzione italiana. Di condono, però, non si parla, e la difficoltà di gestione della multa da pagare ha scatenato il malumore degli agricoltori.
un distributore di latte crudo nella metro di milanoIl problema delle quote latte era stato sollevato anche alcuni mesi fa quando è scoppiato il caso del latte crudo. La vendita diretta al consumatore non è solo un’ottima fonte di guadagno per l’agricoltore, ma permette anche di produrre e vendere latte al di fuori delle quote consentite, aumentando di fatto le entrate. Del tutto comprensibile, quindi, è stato il disappunto dei produttori di latte che si sono visti travolgere dalla polemica che è scoppiata nel dicembre scorso quando 10 bambini sono stati colpiti da Sindrome emolitico uremica (una malattia molto grave che colpisce soprattutto i più piccoli uccidendoli nell’1-2% dei casi e causando un’insufficienza renale cronica nel 10-20% dei casi) causata dal batterio E.coli O157 assunto, probabilmente, mediante ingestione di latte crudo.
Il caso ha scatenato paure e diffidenza da parte dei consumatori e il sottosegretario del Ministero della Salute Francesca Martini è intervenuta con un’ordinanza ministeriale che ha sancito l’obbligo di indicare sui distributori di latte crudo la necessità di consumarlo previa bollitura.
L’intervento del Ministero della Salute e il caso mediatico scatenato dal timore di contaminazione del latte crudo hanno sollevato le proteste di Coldiretti, Slow Food, dei produttori di latte e di Beppe Grillo e dei suoi amici che hanno individuato nelle multinazionali lattaie gli artefici del complotto ordito ai danni dei piccoli produttori.
un bicchiere di latteMa si è trattato davvero di allarmismo infondato o di precauzione giustificata?
Il mercato del latte crudo coinvolge oggi circa 2.000 distributori, concentrati soprattutto al nord e al centro, e muove 6 milioni di litri di latte all’anno. Un ottimo mercato per i produttori che, grazie ai bancolat, possono guadagnare 1 euro per ogni litro di latte invece che 30 centesimi come accadrebbe se lo stesso fosse venduto al circuito tradizionale.
«E’ più che giusto permettere al produttore di differenziare il proprio reddito», afferma Cesare Zanasi, ricercatore del Dipartimento di Protezione e Valorizzazione Agro-Alimentare, sede di Reggio Emilia.  «Da questo punto di vista i distributori di latte crudo sono importanti in quanto assicurano tutti i vantaggi della filiera corta e della vendita diretta, permettendo al produttore un contatto diretto con il consumatore e nello stesso tempo valorizzando la qualità del prodotto locale».

una muccaCosa è cambiato dopo l’ordinanza del sottosegretario Martini? Mi risponde Antonello dell’azienda agricola Il Paleotto che ha tre distributori di latte crudo localizzati nell’interland di Bologna. «Le vendite sono calate moltissimo, almeno del 30%, e non vedo la ragione di tutto questo allarmismo. In Italia il latte è più che controllato, è stata tutta una polemica guidata dalle grandi industrie».
Difficile dire se il caso scoppiato a dicembre una mano che regge un bicchiere di lattesia stato in qualche modo aiutato dalle multinazionali lattaie, ma possiamo facilmente immaginare che il boom del latte crudo abbia dato qualche grattacapo alle grosse industrie, che hanno visto man mano sparire una parte dei loro clienti. Lo testimonia anche il fatto che improvvisamente, nel banco frigo dei supermercati, il latte firmato dalle grandi aziende si è presentato in un nuovo packaging che metteva in bella evidenza la scritta “Latte fresco” e poi, in piccolo, “sottoposto a un solo processo di pastorizzazione”.
Anche questo è marketing, nel caso del latte crudo però a volte si è andati oltre arrivando a quello che il sottosegretario Martini ha definito “marketing selvaggio”. «Scrivono che il latte crudo non dà allergie, fa dimagrire, previene i tumori», si scandalizza Alfredo Caprioli, direttore del laboratorio europeo di referenza per E.coli O157 all’Istituto Superiore di Sanità. “È junk science: scienza spazzatura».

Presto la seconda puntata sul caso del latte crudo…cosa ne pensi del latte crudo? Secondo te è sicuro o pericoloso? E’ meglio del latte tradizionale? Dì la tua sul forum!

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