Casciotta d’Urbino DOP: il formaggio amato da Michelangelo tra storia e sapori

Casciotta d'Urbino DOP
La Casciotta d'Urbino DOP, amata da Michelangelo, è un'eccellenza marchigiana: un formaggio unico per gusto, storia e legami con la cultura italiana.

Nel ricco panorama dei grandi formaggi italiani, tanti possono vantare illustri estimatori. In particolare però ce n’è uno che, oltre a essere stato nelle grazie dei Duchi Montefeltro e Della Rovere e ad aver conquistato un futuro papa, è stato amatissimo da Michelangelo Buonarroti. Stiamo parlando della Casciotta d’Urbino DOP, fiore all’occhiello della tradizione gastronomica marchigiana. E se stava tanto a cuore al “Divin Artista”, tocca scoprire che cosa fa di questo prodotto una piccola-grande opera d’arte casearia. 

La Casciotta d’Urbino espressione del Rinascimento italiano

Una visione romantica può portar a vedere la Casciotta d’Urbino come un’espressione del Rinascimento. È a quell’epoca, infatti, che risalgono le prime attestazioni storiche. Pare che fosse un formaggio spesso presente sulle tavole dei nobili. Addirittura i Duchi Montefeltro e Della Rovere ne avrebbero favorito la produzione, con provvedimenti che assicurassero l’utilizzo di latte della migliore qualità e che alleggerissero gli oneri a carico dei pastori locali. Inoltre, in una missiva del 1761 il cardinale Giovanni Vincenzo Ganganelli, futuro Papa Clemente XIV, ringraziava caldamente l’abate di Cagli (PU) per avergli inviato delle “squisite casciotte”. 

casciotta urbino
Chzu/shutterstock

Altro grande estimatore di questo formaggio è stato Michelangelo Buonarroti. Si narra che l’artista adorasse particolarmente quello meno stagionato e che avesse acquistato dei terreni a Casteldurante (oggi Urbania), paese di Francesco Amatori (o Amadori, secondo altre fonti), uno dei suoi più fidati collaboratori, per assicurarsene una fornitura costante. Alla morte dell’Amatori, cui era profondamente legato, iniziò una corrispondenza con la vedova Cornelia, che coglieva l’occasione per mandargliene delle forme intere a Roma.  

Tra nobiltà e alti profili, alla base resta tuttavia la vocazione pastorale del popolo marchigiano. Da lì ha origine innanzitutto il nome con cui ci è noto ancora oggi: “casciotta” deriva infatti da “cascio”, che è la variante locale di “cacio”, antico lemma dialettale con cui ci si riferisce al formaggio. Soprattutto, però, sono proprio le famiglie dei pastori ad avere custodito e tramandato quel saper fare antico che si è poi evoluto nel tempo. All’epoca la produzione del formaggio avveniva tra le mura domestiche e in genere erano le donne a occuparsene, con metodi e strumenti casalinghi. Oggi ci sono mezzi e tecniche più moderne, ma c’è sempre la manualità dei casari a fare la differenza. E a portare avanti una tradizione coronata nel 1996 dal riconoscimento della Denominazione d’Origine europea.

Una dolce carezza di latte, con tante sfumature di gusto

Ma che cos’è la Casciotta d’Urbino DOP? È un formaggio misto di latte ovino e vaccino. La componente prevalente è quella di pecora, che costituisce tra il 70 e l’80% del totale (col restante 20-30% di mucca). Il risultato è un’armonia di consistenza e di sapori in cui la pastosità e la ricchezza del latte ovino, in genere più grasso, è mitigata dalla delicatezza di quello di vacca. Ma a differenza di molti pecorini, che si caratterizzano per il gusto deciso e tendenzialmente sapido, la Casciotta d’Urbino è piuttosto dolce. Questo vale soprattutto per le forme più giovani, che in bocca sprigionano un’intensa impronta lattica esaltata da una nota acidula. Con l’avanzare della stagionatura invece, pur rimanendo protagonista la dolcezza del latte, cresce la complessità aromatica e soprattutto le suggestioni erbacee dovute all’alimentazione degli ovini. 

La Casciotta d’Urbino DOP secondo il disciplinare di produzione

Pecore al pascolo
PH Omnia Comunicazione

La Casciotta d’Urbino DOP si presenta in forme cilindriche leggermente convesse, più larghe (12-16 cm) che alte (5-7 cm) e di peso variabile tra gli 800 e 1200 grammi. La crosta esterna, spessa circa un millimetro, è color avorio, liscia e spesso lucida. Quest’ultimo aspetto è dovuto al trattamento superficiale con una cera trasparente per preservarla dall’eventuale formazione di muffe. La pasta interna è morbida ma non molle, compatta e friabile, di colore bianco perlaceo nelle forme più giovani, tendente al paglierino in quelle più mature, con piccole e rade occhiature. 

Tutto questo è frutto di saperi e metodi antichi che, pur incontrando l’innovazione delle moderne tecniche di lavorazione casearia, sono rimasti baluardi imprescindibili. Quelli che sono alla base del disciplinare di produzione, il cui rispetto è garantito dal Consorzio Tutela Casciotta di Urbino DOP. Istituito il 6 luglio 1992, è l’organo che si occupa non solo di divulgare e promuovere il prodotto, ma anche e soprattutto di vigilare, attraverso controlli e analisi mirate, su tutte le fasi di lavorazione.

Lavorazione che parte dal latte di due diverse mungiture giornaliere e che viene per prima cosa analizzato, in modo da scongiurare contaminazioni batteriche. Dopodiché lo si refrigera a una temperatura di 4 °C e lo si filtra per eliminare eventuali componenti grumose. Si passa quindi alla fase di coagulazione, attraverso l’aggiunta di caglio animale (solitamente vitello) e fermenti lattici. Quando si forma la cagliata, in genere dopo 20-30 minuti, la si rompe in grani della dimensione di una nocciola, si fa spurgare il siero, che viene destinato alla produzione delle ricotte, e la si lascia riposare. A questo punto si estrae la massa e la si mette negli appositi stampi, un tempo fatti di ceramica, legno, vimini o terracotta, oggi invece in plastica. Qui le masse cagliate sono pressate a mano, così da favorirne l’ulteriore spurgatura e delineare quella che sarà la caratteristica forma finale “a scodella”. Quando si saranno rassodate, si procede alla salatura – di solito a secco, ma è ammessa anche la salamoia – cui segue la maturazione. Per questa fase è fondamentale l’ambiente, dove temperatura e umidità devono essere il più possibile costanti. Ecco perché, se un tempo si ricorreva alle cantine, oggi si opta per celle frigorifere opportunamente ventilate, così da garantire un microclima di 10-12 °C all’80-90% di umidità. Dopo 20-30 giorni le forme sono pronte per essere sottoposte alle verifiche del caso e, una volta superate, immesse sul mercato con la marchiatura DOP oppure per proseguire la stagionatura.

Casciotta d’Urbino DOP: istruzioni per l’uso, ovvero i tanti modi di apprezzarla

degustazione casciotta
Chzu/shutterstock

La Casciotta d’Urbino DOP è un formaggio che si fa apprezzare soprattutto per morbidezza e dolcezza. Il suo gusto intenso ma delicato lo rende molto prezioso e versatile in cucina. La capacità di esaltare i sapori e cambiare le consistenze dei piatti senza prevaricare gli altri ingredienti ne fa, ad esempio, un ideale complemento di ricette con le fave, nel solco di un connubio tipico della cultura contadina, oppure una delizia da tagliare a cubetti in fresche insalate di verdure di stagione.

La peculiarità di fondersi e amalgamarsi fa sì che ben si presti alla mantecatura di un risotto: con gli asparagi, coi porri o in un’elegante versione col pregiato Tuber Magnatum Pico della vicina Acqualagna per rendere omaggio a una delle città del tartufo. Ottimo anche per irrobustire e rendere più cremosa e filante una polenta oppure come ripieno di ricette quali i tortellacci di pasta fresca con carciofi e fave al profumo di finocchio selvatico. Interessante poi l’idea di tagliarlo a listarelle e inserirlo, insieme a degli straccetti di salmone affumicato, all’interno di foglie di verza chiuse a involtino da cuocere quindi in forno o al vapore.

Il suo essere piacevolmente fondente ne suggerisce l’impiego per dare un tocco gourmet a una pizza oppure come farcia per una torta al testo umbra, anche se il binomio perfetto è quello con un’altra eccellenza autoctona: la crescia sfogliata d’Urbino

Va da sé che la Casciotta d’Urbino trova naturale collocazione anche in taglieri assortiti di affettati, accompagnata magari da fette di Salame di Varzi DOP e, per restare in tema di specialità marchigiane, Prosciutto di Carpegna DOP e Ciauscolo IGP.

casciotta
Olga Larionova/shutterstock

È assaporandolo in purezza però che se ne possono meglio apprezzare le sfumature aromatiche. L’ideale sarebbe predisporre un piatto con degli assaggi di forme dalle differenti stagionature, avendo l’accortezza di iniziare da quelle meno mature per poi andare a crescere. Si potrebbe così comprendere come questo prodotto sappia evolvere e trasmettere emozioni diverse: dalla friabilità dolce e pastosa degli esemplari più giovani, con le loro carezze burrose solleticate da un evidente e piacevole nota acidula, alla crescente sapidità di quelli dalla stagionatura più avanzata, il cui retrogusto complesso e aromatico racconta storie di pascoli in fiore e delle loro essenze. Il tutto si accompagna bene con del pane rustico di montagna, con della frutta secca o, per gli amanti del genere, con miele e confetture, capaci di giocare sul contrasto tra sapidità e dolcezza. 

Per innaffiare adeguatamente l’esperienza suggeriamo un calice di Marche Passerina IGT, bianco frizzante con un ampio spettro aromatico, che va dal floreale al fruttato, con una punta di acidità e buona sapidità a chiudere. Allo stesso modo, un Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC: altra eccellenza marchigiana in fatto di vini bianchi, capace di sprigionare sentori di frutta a polpa gialla e note d’erbe aromatiche e al contempo di solleticare il palato con la sua moderata vivacità, che lo fa risultare di facile beva nonostante la non trascurabile gradazione alcolica. In tema di rossi, invece, si può attingere alla varietà Rosso Piceno DOC: se il novello, con le sue sfumature di frutta rossa che preludono a una freschezza armonica in bocca, trova nelle forme meno stagionate l’abbinamento ideale, per quelle più mature è preferibile un Rosso Piceno Sangiovese, più strutturato, con una mineralità e una persistenza che ben sorreggono la maggiore complessità aromatica del formaggio.

Ma la Casciotta d’Urbino DOP può sposarsi perfettamente anche con una birra artigianale delle Marche. Se una chiara tipo pils o una IPA dal moderato tenore alcolico e con una luppolatura non troppo aggressiva si armonizzano con la morbida delicatezza delle caciotte fresche, per quelle dalla stagionatura più avanzata si può optare invece per una rossa tipo bock, con discreta corposità e sentori di frutta matura e caramello, o – meglio ancora – una belgian strong ale al miele di castagno, per richiamare il proverbiale binomio formaggio-miele.

Il Montefeltro: tra colli e pascoli di una straordinaria biodiversità

C’è tanto territorio in quello che la Casciotta d’Urbino DOP esprime. Non solo per quel nome, che si lega all’omonima città protagonista del Rinascimento italiano e che, oltre a una delle università più antiche del paese, può vantare un centro storico patrimonio Unesco dal 1998. Sono soprattutto gli aromi che profonde e i sapori che racchiude a raccontare di un’area fatta di dolci colli vocati alla coltura dell’ulivo, ma con tante aree erbose. Qui si allevavano storicamente pecore sopravissane e appenniniche, indicate però più per la produzione di lana che per quella di latte. Proprio per questo negli ultimi anni sono state integrate da esemplari di razza sarda, ben adattatesi al nuovo ambiente e alla sua straordinaria biodiversità di graminacee. Un’alimentazione naturale, che muta gradualmente in base alla stagione, riflettendosi in un latte mai uguale a se stesso e capace di tradursi in quei sapori e quelle sfumature gustative che si ritrovano in ogni Casciotta d’Urbino DOP. 

L’area identificata dal disciplinare di produzione coincide per gran parte col Montefeltro, regione storica che si estende prevalentemente nella provincia di Pesaro-Urbino, nelle Marche, ma che comprende alcuni comuni dell’entroterra romagnolo. Da questi luoghi proviene la Casciotta d’Urbino DOP, che si può trovare in commercio in forme intere o porzionate, sia sottovuoto, sia al banco di supermercati, gastronomie e formaggerie.

E adesso che ve l’abbiamo raccontata così dettagliatamente, non vi è venuta voglia di concedervi una vera esperienza gustativa della Casciotta d’Urbino DOP?

Immagine in evidenza di: Omnia Comunicazione

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