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Storie e ricette di marinature: ci sono differenze tra scapece, carpione e saor?

marinature per pesce

La marinatura è l’ennesima dimostrazione che l’autoctonia non esiste, nemmeno a tavola. La cucina, come la vita, è l’esito di incontri, scambi, migrazioni, che da sempre hanno arricchito le nostre tavole, senza mai togliere nulla. Insomma, diciamo che almeno in quanto a cibo lo ius soli è stato approvato già da un po’! La tecnica della marinatura ne è l’emblema: dopo un lungo viaggio tra popoli, la ritroviamo declinata in varie ricette, con nomi diversi, da saor a scapece, scapici, carpione, escabeche. Ma quali sono, se ci sono, le differenze? Ve lo sveliamo oggi insieme a tre ricette simboliche, più agrodolci che mai!

Storie e ricette di marinature: ci sono differenze tra scapece, carpione e saor?

La marinatura si riferisce ad una tecnica di conservazione del pesce, ma si può usare anche per carni e verdure. Alla base c’è il trattamento con un elemento acido, spesso aceto, ma anche lime, come nel caso del ceviche peruviano. La magia di questo processo sta molto anche nell’ingegno umano, che nel corso del tempo ha elaborato metodi originali per intervenire e conservare gli alimenti.

Molte delle marinature prevedono la frittura prima, ma non tutte: nel caso del pesce di lago, ad esempio, viene cotto prima alla brace o al vapore. L’assenza di verità nette, assolute o date una volta per tutte sulla marinatura la si vede anche nel dizionario etimologico, dove una voce fa risalire il termine “da màre” e un’altra lo definisce come derivante dal latino “mùria“, vedi salamoia. Ancora più dubbie sono le sue origini: taluni le attribuiscono agli arabi, che durante il loro dominio in Spagna portarono questa tradizione fino ai porti liguri di Genova; ma non possiamo ignorare l’origine persiana o le tracce presenti nel libro delle Mille e una Notte. Insomma, un viaggio che inizia da lontano; siete pronti a partire con noi?

Scapece: Bandiera Ska_pestrata ovvero Pesce Spatola in Ska_pecio di Stefano Triulzi

Come ha scritto l’antropologo Marino Niola, la parola scapece ha origine dallo spagnolo escabeche, che a sua volte deriva dall’arabo iskebech. Il termine originario appartiene alla lingua iranica, cioè di origine indoeuropea e si riferisce a una marinatura della carne con aceto, uva passa e alcune spezie persiane. Questa ricetta pare essere l’esito del perfezionamento ispanico di una tecnica di conservazione nell’aceto di carni, pesce e verdure di origine nordafricana, poi adottata soprattutto nel Sud Italia, dove oggi sono più diffusi piatti alla scapece, cioè alimenti come pesce, zucchine, o melanzane, fritti e poi aromatizzati all’aceto. Ma anche in Sardegna esiste una ricetta alla scapece, che prevede le frattaglie di carni, così come in Liguria le bughe o boghe, un pesce povero poco conosciuto, in scabecio. Insomma, l’ennesima dimostrazione di quanto gli incontri, anche in ambito alimentare, non abbiano mai tolto nulla, anzi hanno sempre arricchito le nostre tavole. Vi proponiamo una ricetta di Stefano Triulzi, cuoco amatoriale e fotografo professionista che prevede la marinatura con il pesce spatola: una vera delizia da provare assolutamente a casa.

Ingredienti

Procedimento

  1. Assicuratevi che il pesce sia abbattuto (il pesce spatola è un pesce azzurro tra i più ricchi di Omega 3 ma anche tra i più a rischio di anisakis, motivo per cui lo scotta in forno prima della marinatura).
  2. Disponete su una placca con alla base carta da forno i 4/6 pezzi i filetti di spatola con la pelle rivolta verso il basso.
  3. Scottateli in forno caldo per 180°C per nemmeno 10 minuti.
  4. Tostate un poco i pinoli con il pepe.
  5. Nel frattempo scottatate con olio le cipolle tagliate a fette fini e sfumate con il vino; dopo salate e pepate con i grani tostati e poi rotti in mortaio grossolanamente.
  6. Stufate le cipolle sino ad ammorbidirle per circa 10 minuti.
  7. Levati i filetti dal forno e, una volta raffreddati, disponeteli in una pirofila sopra un poco di cipolla, pinoli e uvetta (precedentemente ammollata 30 minuti in acqua).
  8. Coprite i filetti con la restante cipolla, uvetta e pinoli e un pizzico di peperoncino.
  9. Coprite il tutto prima con cinque cucchiai di aceto di Sirk della Subida e poi con olio evo.
  10. Lasciate in frigorifero a marinare il vostro piatto e mangiatelo i giorni seguenti.

Carpione: la ricetta con il pesce di lago de Il Giornale del Cibo

Dal mondo mediterraneo al Piemonte, dove saor diventa carpione. Carpione in realtà è un pesce d’acqua dolce molto pregiato, da sempre fritto e poi conservato in acqua e aceto, da cui il termine “in carpione” per descrivere la tecnica di conservazione, che in realtà si può applicare anche ai pesci di mare, alle carni o alle verdure. Oggi è un Presidio Slow Food, poiché questo pesce si trova sempre meno e solo nel lago di Garda; il procedimento è più o meno lo stesso, con la differenza, come accennato in precedenza, che qui il pesce non viene quasi mai fritto prima. Molto diffuso al nord, in particolare in Lombardia nella zona dei laghi e nel canton ticino svizzero, si presta benissimo per tutti i pesci d’acqua dolce, come anguilla, coregone, agone.

Ingredienti

Procedimento

  1. Pulite bene i pesci, squamateli e togliete le interiora.
  2. Lavateli e asciugateli bene, passateli nelle farine e in seguito friggeteli nell’olio caldo; devono poi cedere l’olio superfluo su una carta assorbente.
  3. Affettate finemente la cipolla e l’aglio, fatele appassire in padella con poco olio, aggiungete le foglie di lauro, il sedano, il porro e la carota sminuzzati finemente con il timo; coprite d’acqua, lasciate cuocere e a fine cottura versate l’aceto e aggiustate di sale e pepe.
  4. Ponete i pesci in una terrina, ricopriteli con le verdure e il poco fondo di cottura, coprite la terrina e lasciate riposare.

Il piatto è già pronto per il consumo, ma sarà migliore dopo qualche giorno, quando il condimento sarà penetrato e aromatizzato i pesci.

Saor: la ricetta delle sarde in saor di Antonio Badesso

Alla parola saor, sfido chiunque non collegare quella di sarde prima e Venezia dopo. Infatti, il saor è una tecnica molto diffusa nel veneziano, ma anche in Friuli, dove si pronuncia con un accento differente e spesso si chiamano sardelle invece di sarde. Per la notte della grande festa del Redentore, che cade nella terza domenica di luglio, i veneziani preparano in questo modo gli “sfogi”, cioè le sogliole. Altri piccoli pesci cucinato come la sarde, sono le anguèle in salsa. L’uvetta e i pinoli sono facoltativi, residuo di una cucina antica, dove non mancavano mai nemmeno le spezie, quali pepe, coriandolo, cannella, garofano. Ecco la ricetta originaria di Antonio Badesso dell’osteria di Mestre, che proponeva la cottura della cipolla nell’olio di frittura delle sarde, ma se utilizzate un olio fresco il piatto viene più delicato.

Ingredienti

Procedimento

  1. Squamate le sarde, evisceratele ed eliminate le teste.
  2. Quindi infarinatele, fatele friggere in abbondante olio per un paio di minuti e salatele.
  3. In un’altra pentola rosolate le cipolle tagliate molto sottili con un mestolo d’acqua e un etto emezzo di olio.
  4. Dopo 20 minuti aggiungete l’aceto, l’uva passa e i pinoli e continuate la cottura per altri 10 minuti. Sistemate il pesce in una terrina a strati alternati con le cipolle.
  5. Alla fine ricoprite con il liquido di cottura.
  6. Riponete in luogo fresco e iniziate a consumare dopo due giorni.

 

Dunque, andrete a cucinare dei filetti di sogliola in carpione oppure preferite delle zucchine alla scapece?

 

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