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LauraSardegna
I Ravioli dolci di Carnevale sono da qualche tempo un po' in disuso per via dell'ingrediente principale: il sangue di maiale. Originari della Barbagia, questi ravioli, preparati con il sanguinaccio rimasto, piacciono più del sanguinaccio stesso. L'uccisione del maiale era un rito unico nelle famiglie di prima, ma ancora oggi nei piccoli paesi. A pranzo si cuocevano le frattaglie, fritte nello strutto e appoggiate, sopra un largo piatto di ferro smaltato, ricoperto di pane carasau bagnato, innaffiato il tutto da abbondante vino, era una festa. Il sanguinaccio lo si faceva il giorno stesso dell'uccisione dell'animale. Il giorno dopo, lo si donava un pezzo con un pezzo di carne a chi aveva aiutato ad ammazzare il maiale e a parenti, amici e vicini. Ovviamente gli ingredienti del sanguinaccio cambiano da famiglia in famiglia, di paese in paese. Questo è quello che preparava mia nonna di Orgosolo, compresi i ravioli. In sardo sanguinaccio: sambene dulhe (sangue dolce), sambeneddu, sambene durche, era un piatto povero, che riuniva tutta la famiglia, davanti al focolare, mentre il capofamiglia, arrostiva sulla graticola (cadrica in sardo), il sanguinaccio a fette grossolane, si chiacchierava o si aspettava, in religioso silenzio, la propria porzione. Praticamente una specie di barbecue invernale.
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Preparazione 3 ore
Tempo totale 3 ore
Portata Dolci e Dessert
Cucina Italia
Porzioni 4 persone

Ingredienti
  

Pasta:

Sanguinaccio:

Istruzioni
 

  • Mettete il sangue in una pentola capiente, il pane carasau a briciole, l'uva passa ammollata e strizzata, la buccia grattugiata delle arance, lo zucchero, il grasso di maiale, tagliato a pezzetti. Mescolate bene.
  • Riempite le interiora: colon, duodeno ecc. e mettetele a bollire, fino a quando il sangue si sarà rappreso. Togliete il sanguinaccio e lasciatelo raffreddare.
  • Si consuma freddo tagliato a fette o cotto sulla graticola, su un pezzo di pane carasau. Per i ravioli, preparate la pasta e i ravioli, secondo la ricetta: Ravioli dolci sardi di ricotta e mandorle, ne Il Giornale del Cibo.