Site icon Giornale del cibo

Pollo

pollo

Pollo è un termine generico che designa sia il maschio che la femmina della specie Gallus gallus, allevata per la produzione di uova e per il consumo della sua carne. Il maschio con capacità riproduttiva, famoso per le note doti canore mattutine, si chiama propriamente gallo, la femmina gallina. L’uso in cucina è veramente molto vasto, grazie alla versatilità delle sue carni, alla diffusione dell’animale, ai prezzi contenuti e alla sua appetibilità. Le razze da carne più diffuse sono la “Dorking”, la “Brahama”, la “Cornish”, le razze da uova la “Livornese”, la “Leghorn”, la “Valdarno”, la “Polish”. Ci sono anche varie razze miste, derivanti dalla selezione fatta per l’allevamento intensivo.

Come scegliere un buon pollo quando lo acquisti

Tatto e vista vi possono guidare nella scelta di polli di buona qualità, anche di allevamento: le carni al tatto non devono essere flosce, ma sode ed elastiche.

La pelle non deve essere umida né appiccicosa e le giunture non rossastre. Le ossa del petto devono essere flessibili solo nella parte inferiore e rigide nelle altre. I polli migliori da allevamento in commercio pesano da 1,2 a 1,4 kg e hanno un’età di 3-4 mesi. I valori di riferimento dei produttori per i polli “sfilati”, cioè privati del pacchetto intestinale, sono di 800 g netti e 10-12 settimane di vita per quelli detti commercialmente broiler, e di 1 kg netto e 16 settimane di vita per i roaster. Al dettaglio si trovano anche i galletti, che pesano 350-400 g, e più raramente le galline da brodo. Distinguere un buon pollo da allevamento da uno ruspante o da cortile non è facile, anche perché oggi spesso anche i polli da allevamento crescono a terra. Tuttavia alcuni indizi ci possono aiutare, partendo dalla consapevolezza che a parità di pesoun pollo d’allevamento è molto più giovane: per intenderci, un pollo da 1,2 kg se è d’allevamento ha due mesi, se è ruspante sei mesi. Questo comporta che l’elasticità delle ossa nel petto, indice di gioventù, nel pollo ruspante deve essere quasi nulla. Altri indicatori sono nelle zampe: nel pollo ruspante gli speroni devono essere appena accennati, la parte inferiore moderatamente rugosa e con le unghie un po’ usurate. La distribuzione del grasso è un altro segno di riconoscimento: il pollo da cortile spiumato ne ha una discreta quantità distribuita uniformemente fin sulle cosce. Il suo parente da allevamento invece ne presenta meno e diffuso a chiazze.

I tagli della carne di pollo

In commercio si trovano polli interi o sezionati in tagli precisi. Ecco i più diffusi:

Pollo sfilato (o tradizionale): è intero, con testa, collo e zampe, privato della sacca intestinale.
Pollo a busto: è il classico pollo da rosticceria, senza reni, zampe, testa, collo.
Mezzo pollo: metà della carcassa, tagliata lungo la colonna vertebrale dell’animale. Delle due che si ottengono da uno stesso animale, una delle due conserva collo e testa e l’altra le rigaglie.
Quarto di pollo: metà anteriore o posteriore del mezzo pollo senza testa, collo e zampe.
Petto: muscoli del petto con le ossa e senza la pelle.
Filetto di petto: muscoli del petto senza ossa né pelle.
Petto con braccia: petto con le ali e la pelle.
Ali (o pipistrello): ali in coppia unite dalla parte di schiena adiacente, con la pelle.
Alette: ali singole con la pelle ma senza la parte comune della schiena.
Coscia con anca: quarto posteriore con la coscia e la parte terminale della schiena che poggia sull’anca.
Coscetta (coscia senza anca): solo arto posteriore, dalla coscia in giù, ma senza l’anca.
Fusello (gamba): la parte dell’arto posteriore dal ginocchio in giù.
Coscia doppia (taglio posteriore): i due quarti posteriori uniti.

Rigaglie Fegato, cuore, stomaco muscolare, cresta e bargigli vengono usati in alcune preparazioni. Un esempio sono i bigoli, gli spaghetti della tradizione veneta, preparati coi “rovinassi”, come chiamano le rigaglie da quelle parti. Più raramente in cucina si usano le zampe, destinate in gran parte alla produzione di farine per uso zootecnico.

Il pollo ruspante

Il pollo ruspante, allevato in cortile, viene classificato dai ricettari tradizionali con nomi diversi. Le tecniche di allevamento moderne però hanno uniformato la produzione e questi nomi hanno perso molto del loro valore tassonomico. Comunque per completezza eccoli:

pollastro: età fino a 3-4 mesi, peso di 600 g;
pollo di grano: fino a 6 mesi, peso di 1 kg;
pollo o pollastra: fino a maturità, peso di 1,5 kg;
galletto: maschio giovane di circa sei mesi;
gallo: maschio da riproduzione, di un paio d’anni;
gallina: da uova, abbattuta a fine attività. Le sue carni sono dure ma come
dice il proverbio “fanno buon brodo” grazie al molto grasso contenuto.
Esistono anche animali allevati con tecniche particolari per ottenere carni più delicate:
pollanca: femmina ingrassata fino a circa 1,8 kg in poco tempo, con alimentazione particolare e una relativa costrizione che ne limita il movimento;
cappone: maschio castrato che arriva a superare i 2,5 kg, molto grasso e dalla carne fine.

La storia del pollo

“Conosco i miei polli”, “Far ridere i polli”, “Essere un pollo”, “Andare a dormire coi polli”: nei nostri modi di dire questo animale tanto diffuso in cucina non riceve un trattamento di favore. E questo non gli rende giustizia, visto che da quando è stato addomesticato, pare più di 6000 anni fa nella valle del fiume Indo, è sempre stato per l’uomo fonte di cibo (all’inizio veniva allevato solo per le uova) e di intrattenimento. Intrattenimento, proprio così, tanto che secondo alcune teorie la sua diffusione dall’Asia verso la Persia, la Grecia e poi Roma è stata legata più alle doti combattive dell’animale che al gusto delle sue carni. I combattimenti fra i galli infatti, documentati in India fin dal V secolo a. C., sono stati in seguito importati nel Mediterraneo da mercanti e viaggiatori.

Il nome attuale del pollo ha origine nell’antica Roma: la parola “pullus” significava “animale giovane” in generale e per estensione finì per indicare il nuovo arrivato avicolo, che però non ebbe subito grande successo in cucina. Sebbene alcune ricette con la carne di pollo siano documentate da Apicio, infatti, i Latini di rango alto preferivano usare in cucina animali più vistosi e costosi, come i pavoni e le faraone. Questo giocava a sfavore per il successo gastronomico della specie e i giovani galli, piuttosto, venivano usati per i sacrifici alle divinità. La fortuna culinaria del pollo risale al XVII secolo, quando averlo in tavola iniziò a indicare agiatezza, comportando la sua ascesa alle alte sfere della gastronomia.

L’allevamento intensivo

Fino alla metà del Novecento i polli venivano allevati in libertà nelle aie. Poi la diffusione di metodi intensivi di allevamento in batteria, con crescita forzata e scarso movimento, se da un lato permise un abbattimento notevole dei costi (per raggiungere un chilo di peso al naturale occorrono 10 mesi, in batteria 45 giorni), dall’altro comportò una perdita enorme di qualità, con la vendita di animali dalle carni molli e insipide. L’immediata conseguenza fu una perdita di charme culinario della carne di pollo, con la decadenza dallo status di cibo di élite. Per fare fronte a questo “crollo di immagine”, come diremmo oggi, gli allevatori si impegnarono in una più attenta selezione delle razze, un miglioramento dei mangimi e un allevamento a terra e in spazi controllati. Il risultato di decenni di studio e progressi è che oggi sul mercato si trovano polli di buona qualità anche d’allevamento.

I migliori rimangono quelli ruspanti, ma sono difficili da trovare e più costosi. Nella sua casa in Sicilia, Martino ha un piccolo pollaio che cura personalmente, con due galline e un gallo. Di recente la diffusione dei timori legati all’influenza aviaria ha fatto registrare periodi di forti cali delle vendite di pollo e carni bianche in genere. Le rassicurazioni delle autorità e dei produttori riguardo alla sicurezza per gli animali allevati nei nostri confini nazionali hanno fatto rientrare queste paure e spinto gli esperti di marketing a puntare molto sull’italianità dei polli. In questo modo, rientrata la paura per gli allarmi mediatici, i polli italiani sono tornati a comparire sulle nostre tavole con la consueta diffusione e nelle loro infinite varianti culinare.

il pollo in cucina

La carne del pollo si presta bene a tutte le forme di cottura. Per le diverse caratteristiche delle carni, però, animali diversi garantiscono risultati ottimali se cotti in modi specifici. La carne della gallina dà il meglio con la cottura a lesso, gli esemplari più giovani di pollo si prestano all’arrosto, alla cottura alla griglia, alla frittura. In pratica è una carne che si può cuocere in tutti i modi, l’importante è non usare esemplari vecchi che rendono male.

Il pollo si acquista di solito già spiumato e si trova sia intero che nei tagli descritti sopra. Se si cuoce con la pelle è importante fiammeggiarlo per eliminare peluria e eventuali residui di penne. Se è ripieno occorre legarlo e cucirlo. Si può cuocere intero, spaccato a metà lungo la colonna vertebrale ma unito per le ossa del petto, diviso in quarti oppure a pezzi, di solito diviso in otto parti. Per alcune preparazioni, soprattutto in forno o in tegame, si possono cucinare solo i fuselli. I tempi di cottura indicativi sono di un’ora circa per arrostire un pollo di 1,2 kg lordi, buono per 3-4 persone. Ci vuole poco meno se bollito. Se è un pollo da cortile il tempo aumenta di circa il 30%.

È cotto se, inclinandolo, dall’apertura emette un liquido incolore, senza traccia di rosa che al contrario indica che non è cotto del tutto, come invece deve essere la carne bianca. Un altro metodo è infilare un ago nel punto più spesso dell’anca: se entra senza resistenze diverse e il foro, premuto, emette qualche goccia di liquido incolore, allora è cotto.

Sono centinaia le ricette a base di pollo. Se volete alcuni esempi vi basterà digitare la parola “pollo” sul motore di ricerca e avrete solo l’imbarazzo della scelta!

di Alex Castelli

Exit mobile version