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L’antica ricetta della pitta ‘mpigliata o ‘nchiusa, tipico dolce calabrese

Pitta 'mpigliata

Foto di Licia Giglio

     

    Se prendeste in considerazione i dolci tipici calabresi, città per città, vi accorgerete che molti di questi hanno in comune alcune cose: sono quasi tutti secchi e privi di creme al loro interno, molto profumati, semplici negli ingredienti ma ricchi nel gusto. La pitta ‘mpigliata, anche conosciuta come  pitta ‘nchiusa (chiusa) o pitta della Madonna. Nei prossimi paragrafi, vi portiamo alla scoperta della storia e della ricetta di questo dolce antico, simbolico, capace di legarsi persino a credi religiosi differenti a seconda delle epoche in cui veniva preparato. Una caratteristica difficile da trovare in altri piatti!

    La pitta ‘mpigliata: origine e tradizione di un dolce calabrese

    Foto di Licia Giglio

    La pitta è un dolce tipico della provincia di Cosenza e in particolare del paese di San Giovanni in Fiore, ma oggi è diffuso in tutta la regione con alcune piccole varianti riguardanti solo ed esclusivamente la forma finale e non gli ingredienti, come vedremo in seguito. Grazie alla ricchezza del ripieno e al lungo procedimento di preparazione, questa specialità era particolarmente legata alle ricorrenze importanti, come il Natale o le feste nuziali.

    Sembra che le sue origini risalgano almeno al 1700: lo attesterebbe un documento notarile ritrovato negli archivi comunali che stipulava un accordo fra i coniugi Giaquinta di San Giovanni e Battista Caligiuro, ricco possidente che intendeva sposare la loro figlia. Il contratto prevedeva che quest’ultimo si occupasse del banchetto nuziale e che, alla fine di questo, dovesse essere servito il dolce in questione.

    In realtà, le origini della pitta ‘nchiusa sono ancora più antiche e profondamente legate alla storia greca. Il termine “pitta” deriva dal termine greco “picta”, ossia dipinta, decorata. In effetti questo dolce – per la sua particolare forma – sembra quasi dipinto. Anticamente, infatti, la pitta era offerta alle dee in segno di ammirazione e rispetto durante le celebrazioni dei riti pagani nei templi del territorio, come il famoso tempio di Hera Lacinia, nel crotonese.

    Più tardi, con l’avvento del cristianesimo, vennero costruite molte chiese per celebrare il culto della Vergine Maria e, anche in questo caso, il dolce offerto in dono era proprio la pitta (da qui, la denominazione “della Madonna”). Secondo la tradizione, l’importanza di questo dolce era così radicata tra le famiglie calabresi che la sua perfetta esecuzione era fra le qualità più richieste alle spose durante il contratto matrimoniale.

    Pitta ‘impigliata e pitta ‘nchiusa: le differenze

    Quando parliamo di pitta è bene specificare che, a seconda della zona di produzione, questo dolce può avere un nome e una forma differente. Nella zona del cosentino, infatti, la pitta è preparata a forma di spirale. Le strisce di pasta composte con la frutta secca vengono unite e arrotolate su sé stesse: da qui, l’aggettivo ‘mpigliata che indica che le strisce di pasta sono impilate una attorno all’altra.

    Nel crotonese invece, si utilizza l’aggettivo ‘nchiusa oppure pitta della Madonna. Il primo aggettivo indica il fatto che le roselline ricavate con la pasta sono raccolte insieme in una teglia e chiuse da uno strato di pasta sottostante che funge da “contenitore”. Il secondo è un appellativo utilizzato perché, come abbiamo visto, la preparazione del dolce è profondamente legata al culto cristiano della Vergine Maria.

    Pitta mpigliata: gli ingredienti principali e le regole della preparazione “lunga” 

    Foto di Licia Giglio

    La ricetta ricetta tradizionale – e quindi antica – della pitta ‘nchiusa prevedeva ingredienti poveri, che erano facilmente reperibili anche secoli fa, quando le possibilità economiche della maggior parte delle persone erano molto limitate, come:

    A questi ingredienti, si sono aggiunti poi nel tempo: i liquori di agrumi, come il mandarinetto, che ben si sposano con la frutta secca, la cannella e il succo d’arancia.

    La preparazione di questa leccornia, volendo seguire la tradizione, è abbastanza lunga, il che ci fa capire come mai questo dolce fosse servito solo in particolari occasioni. Il segreto per preparare una buona pitta, infatti, è la pazienza: prima di tutto perché la frutta secca va lasciata insaporire con gli aromi per due giorni interi e poi perché, quando il dolce è composto, la tradizione consiglia un altro giorno di riposo, prima della cottura. Infine, anche l’assemblaggio necessita di tempo e dedizione: la preparazione delle cosiddette “roselline” di pasta e frutta secca non sono adatte a chi non ha una buona manualità.

    La ricetta della pitta ‘mpigliata 

    Vediamo come realizzare in casa la pitta ‘nchiusa. La ricetta che proponiamo di seguito è per realizzare il dolce con le tradizionali “roselline”, ma, per chi avesse meno pazienza, è possibile realizzare con lo stesso procedimento e ingredienti una pitta a spirale. La differenza consiste solo nell’unire le strisce di pasta ripiene fra loro e arrotolarle in un’unica grande spirale.

    Vi ricordiamo che la preparazione di questo dolce tradizionale prevede 3 giorni (2 di riposo del ripieno e 1 del dolce non cotto): quindi, conviene calcolare bene i tempi, se lo preparate per una ricorrenza in particolare. Se vi state chiedendo, invece, che tipo di utensili occorrono, è presto detto: basta dotarvi di una spronella (rotella tagliapasta) e una teglia rotonda del diametro di circa 20 cm. Ora possiamo cominciare!

    Foto di Licia Giglio

    Ingredienti

    Per la pasta

    Per il ripieno

    Procedimento

    1. Su un tagliere, sminuzzate le noci e le mandorle e mettete tutto in una ciotola. Aggiungete l’uva passa, il mandarinetto e se, occorre, un goccio d’acqua. Lasciate macerare il tutto nella ciotola per 2 giorni. Se non avete tempo, lasciate insaporire la frutta secca per almeno 4 ore.
    2. Trascorso il tempo necessario, preparate l’impasto mescolando la farina con la cannella, lo zucchero, la pasta madre e la scorza grattugiata. Aggiungete poi l’uovo, l’olio e il mandarinetto, impastando fino a ottenere un composto omogeneo.
    3. Dividete l’impasto in 4 parti, prendete una parte e stendetela in modo da ottenere una sfoglia abbastanza grande da ricoprire il fondo e i bordi della teglia. Ricoprite quest’ultima con l’impasto.
    4. Prendete l’altra pasta e formate delle strisce dello stesso spessore e della stessa lunghezza (30 cm di lunghezza, 10 di larghezza, 3 mm di spessore).
    5. Adagiate su un solo lato di ogni striscia il ripieno di frutta secca tritata precedentemente colato. Piegate per lungo la striscia di pasta copprendo la frutta secca.
    6. Prendete la striscia così ottenuta e arrotolatela su sé stessa in modo da formare una “rosellina”. Procedete così fino al termine degli ingredienti.
    7. Quando tutte le roselline saranno pronte, adagiatele sulla teglia in modo da comporre un fiore.
    8. Lasciate riposare il tutto per un giorno in frigo, ben coperto dalla pellicola.
    9. Finito il riposo, prendete il dolce ancora crudo, cospargetelo in superficie con altra frutta secca e con miele (in inverno, se il miele è troppo freddo, occorrerà scaldarlo prima per farlo colare).
    10. A questo punto siamo pronti per infornare il dolce. La cottura in forno sarà di circa un’ora a 180° ma ricordate che il dolce è pronto quando raggiunge un bel colore marrone ambrato. 
    11. Sfornato il dolce potete decorarlo con zucchero semolato in superficie o con altro miele. Lasciate raffreddare e servite.

     

    Ora che avete scoperto i segreti e la ricetta della pitta ‘nchiusa, dite la verità: siete curiosi di provarla?

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