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Branzino, sogliola, cefalopodi, conchigliame: i consigli per pulire pesci e molluschi

trattamento pesce

     

     

    Se il consumo del pesce, pur essendo notevolmente aumentato negli ultimi anni, non raggiunge quello della carne è anche perché sono tantissimi quelli che si lasciano scoraggiare dall’idea di dover affrontare operazioni di pulizia ritenute lunghe e complesse. Ma, a prescindere dalla possibilità di far svolgere le operazioni di trattamento del pesce al proprio pescivendolo di fiducia, bisogna tenere conto del fatto che con una buona attrezzatura e la conoscenza di poche nozioni pratiche, la preparazione del pesce diventa più semplice di quanto si immagini.

    Trattamento del pesce: gli strumenti di lavoro

    Che cosa serve innanzitutto? Pochi, semplici, utensili, che consentano di effettuare le necessarie operazioni di trattamento in modo rapido ed efficace: un piano di lavoro libero e pulito e un tagliere non in legno, per evitare che l’odore del pesce lo renda inutilizzabile per altri scopi. Servono poi una cesoia o delle forbici robuste per eliminare le pinne, un coltellino a lama stretta per squamare, o l’attrezzo apposito, un coltello a lama stretta e flessibile per sfilettare e una pinzetta per togliere le spine della carne. È anche doveroso sottolineare però che alcuni operazioni si differenziano in base alla tipologia di materia prima trattata e alle sue caratteristiche. Per facilitare il vostro compito abbiamo deciso di suddividere in macro categorie i prodotti del mare.

    I pesci piatti

    Le operazioni di pulizia e di sfilettatura non sono però le stesse per tutti i tipi di pesce, e cambiano di tipologia in tipologia. Per i cosiddetti “pesci piatti”, ad esempio come il rombo, va prima di tutto inciso su uno dei due lati dalla testa alla coda. Nel taglio si infila la lama e si spinge verso l’esterno per sollevare il mezzo filetto e da questo si stacca poi la pelle. La sogliola, invece, va prima spellata. Sul lato con la pelle scura si pratica un taglio vicino alla coda e si tira la pelle verso la testa; quindi si ripete dall’altro lato. Si incide poi la polpa lungo il bordo esterno della lisca centrale e lungo l’attaccatura della testa e, passando di piatto la lama del coltello tra polpa e lisca, si stacca il filetto.

    I pesci a sezione tondeggiante

    Dai pesci con il corpo a sezione tondeggiante, se sono piccoli, come le acciughe e le sardine, oppure le triglie, si possono ricavare ovviamente soltanto i filetti, mentre da quelli di grosse dimensioni, come il salmone, il branzino, la coda di rospo, si ricavano facilmente sia i filetti sia i tranci. Prima di passare a questa operazione, però, si devono eliminare con una cesoia le pinne, spuntare un po’ la coda e, infine, squamare il pesce. Tenendolo per la coda, si raschia la superficie con un coltello adatto, procedendo in direzione della testa. Per raccogliere le squame esiste un contenitore apposito, ma l’accorgimento più banale, per evitare di sporcare il piano di lavoro, è quello di ricoprirlo con un foglio di carta. Nel compiere questa operazione, attenzione a non lacerare la pelle. Una volta pulito all’esterno il pesce va eviscerato introducendo le dita in un taglio praticato lungo la parte inferiore del corpo ed eliminando ogni residuo che trasmetterebbe un sapore amaro alla carne. Un’attenzione particolare per le triglie che hanno una carne molto fragile e vanno trattate con delicatezza. Dopo aver tagliato le pinne, si squamano, poi si liberano delle interiora e infine, passando il coltello tra la lisca centrale e la polpa, si staccano i filetti.

    La coda di rospo viene solitamente venduta già privata della testa e per ricavare degli ottimi filetti bisogna prima spellarla quindi inciderla lungo l’osso centrale. I filetti infine possono essere facilmente tagliati a medaglioni. Per staccare i filetti da un salmone intero, si elimina prima la testa e si passa la lama del coltello tra la lisca centrale e la polpa. Si toglie la lisca centrale e con una pinzetta (quella professionale è a molla, ma va benissimo anche una normale pinzetta da toletta) si eliminano tutte le lische che sono rimaste nelle due metà del pesce. Per individuarle, poiché a occhio nudo è piuttosto difficile, si passa un dito sulla polpa, dalla coda verso la testa. Una volta ricavati i filetti da questi si possono, ad esempio, tagliare le fettine sottili per preparare il carpaccio. I pesci tondi di grandi dimensioni possono essere tagliati anche in tranci. In questo caso non è necessario spellarli. Al contrario la pelle contribuisce a mantenere salda la polpa durante la cottura, evitando che si sfaldi e quando un pesce viene cucinato con la pelle, all’inizio della cottura questa deve essere sempre a contatto con la pentola.

    I molluschi: cefalopodi e conchigliame

    I cefalopodi

    I molluschi si dividono in due grandi famiglie: quella dei cefalopodi, alla quale appartiene per esempio la seppia, e quella degli animali dotati di conchiglia, come l’ostrica e la vongola. I primi sono caratterizzati da due grandi occhi, dalla bocca munita di mascelle cornee, chiamate comunemente “becco”, e da 8 a 10 tentacoli. La loro freschezza si può riscontrare grazie alla pelle umida, soda e lucida, ad un buon profumo di mare, agli occhi lucenti e ad un colore brillante.

    Come pulire i cefalopodi

    Per pulire le seppie occorre appoggiarle sul tagliere, privarle dell’osso, quindi eliminare la pelle aiutandosi con le dita. Per i calamari e totani, dopo aver eliminato la penna, occorre tagliare i tentacoli subito sotto l’occhio, poi togliere il becco centrale e, mentre si lavano sotto l’acqua corrente, eliminare le membrane interne. L’ultima operazione, da compiere con grande delicatezza, è l’estrazione della vescichetta del nero che bisogna fare attenzione a non rompere (possono essere utilizzate per paste, riso e altri piatti “al nero di seppia”). I molluschi piccoli si lasciano interi, mentre quelli più grandi si tagliano a pezzetti o ad anelli e si lavano in acqua fredda.

    Il conchigliame

    Per riconoscere la freschezza del conchigliame la prima cosa è sentirne l’odore e la seconda è leggere l’etichetta attaccata alla reticella che ci informa della data di raccolta. La freschezza dei crostacei, dall’aragosta ai gamberi, si riconosce prima di tutto dal profumo fresco ed invitante, poi dalla compattezza dell’addome, che deve essere ben pieno. Astici e aragoste si cuociono vivi, quindi si lavano prima ma si puliscono dopo. Si staccano le chele (per gli astici) e si aprono con la pinza apposita per estrarre la polpa. Si divide il carapace (la corazza) dalla testa e si tagliano le zampe. Dopo aver appoggiato il crostaceo sul tagliere, si taglia la parte più leggera della membrana inferiore e si estrae la polpa. I gamberi alla griglia si cuociono interi, dopo averli lavati. Per la cottura in padella, invece, si elimina la testa, si taglia il primo anello del carapace e, tenendo la coda, si estrae la polpa. Poi con uno stecchino si elimina il budellino nero.

    Gli scampi, se vengono cotti alla griglia, si conservano interi. Si incide il corpo nella parte inferiore lungo tutta la coda e si stacca la pellicina. Ai gamberetti si lascia il codino. Tra i molluschi con conchiglia, cozze, tartufi, fasolari e vongole vanno spazzolati, poi lavati più volte e scolati con un mestolo forato per non sollevare la sabbia sul fondo del recipiente. Le vongole in particolare dovrebbero essere lasciate a bagno con acqua e sale per almeno un paio d’ore, quindi scolate come sopra. Le ostriche si aprono con lo speciale attrezzo e le capesante con un coltello. Noci (la parte bianca) e coralli (la parte arancione) si lavano più volte prima di consumarli.

    Una panoramica sugli strumenti di lavoro e poi le indicazioni per trattare al meglio i pesci piatti, quelli tondeggianti ed infine i molluschi, una vera e propria guida per consentirvi di preparare nel migliore dei modi il pesce per poi valorizzarlo con le vostre ricette. Eravate già a conoscenza di queste tecniche, e quale tipo di pesce vi capita di pulire con più frequenza?

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