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Il tonno in scatola fa bene? I consigli della nutrizionista per sceglierlo e consumarlo

il tonno in scatola fa male

     

    Nonostante gli sforzi e l’attenzione alla stagionalità degli alimenti, ci sono alcuni cibi che tutti abbiamo in casa ma che spesso non è semplice preparare e consumare freschi. La necessità, o talvolta anche il gusto, ci fa preferire, per esempio, le sardine sott’olio acquistate al supermercato, oppure un qualsiasi legume in confezione di latta: si tratta di abitudini da demonizzare oppure non danneggiano la nostra salute? Per provare a rispondere a questa domanda abbiamo intervistato la dottoressa Francesca Evangelisti, biologa nutrizionista, a cui abbiamo chiesto di spiegarci se uno degli alimenti “a lunga conservazione” più diffusi, il tonno in scatola, fa male oppure no.

    Il tonno in scatola fa male?

    Il tonno è un pesce di buona qualità che, conferma l’intervistata, se consumato correttamente può apportare importanti benefici al nostro organismo. Tuttavia è altrettanto interessante sottolineare fin da subito che si tratta, per l’appunto, di un alimento che viene consumato principalmente in scatola.

    Questa soluzione, sicuramente molto pratica, che impatto può avere sulla nostra salute? “Come nel caso di molti alimenti – spiega la dottoressa Evangelisti – il consiglio è quello di preferirlo fresco, acquistandolo direttamente al banco del pesce come si fa per merluzzo, orata o branzino. Questo non significa, però, che il tonno in scatola faccia male, o non possa essere consumato.” Piuttosto è importante prestare attenzione alla scelta: non tutto il tonno in scatola è uguale e la qualità è il fattore che può fare la differenza.

    Una questione di qualità

    “Partiamo da una definizione: per tonno in scatola si intende un prodotto ottenuto dal taglio, cottura in acqua con aggiunta di sale e aromi, sgocciolamento e sterilizzazione del muscolo del pesce.” Il trattamento successivo determina la differenza tra il tonno all’olio d’oliva e quello al naturale in salamoia: nel primo caso, infatti, viene inscatolato per immersione in olio, nel secondo caso confezionato in liquido di governo acquoso. “Entrambi – specifica l’intervistata – sono prodotti alimentari definiti come conserve.”

    Gli ingredienti utilizzati, le tecniche applicate durante la lavorazione e la qualità della materia prima, dunque, sono i fattori che possono fare la differenza e consentirci di consumare del tonno in scatola sicuro per la nostra salute.

    Come scegliere il tonno in scatola: i consigli della nutrizionista

     

    In primo luogo, la dottoressa Evangelisti consiglia di scegliere sempre i formati più grandi per poter godere al meglio delle caratteristiche organolettiche e nutrizionali del tonno, che in questo caso sono superiori, perché il pesce risulta più compatto e meno sminuzzato. “Bisogna tenere conto – aggiunge la biologa nutrizionista – che un contenitore di piccole dimensioni non si presta molto bene ad alloggiare un vero e proprio blocco di muscolo e, di conseguenza, ciò significa che spesso il contenuto nelle confezioni piccole è composto dai resti di un trancio inscatolato in quelle grandi. Una specie di macinato di pesce cotto di scarsa qualità.”

    Non soltanto, è preferibile infatti acquistare e consumare tonno conservato nei vasetti in vetro: in questo modo, è possibile valutare e apprezzare l’aspetto del pesce prima dell’acquisto. Per capire se è di qualità, il pesce dovrebbe avere un colore rosato, indice di freschezza. “Al contrario, se presenta colore rosa grigio o rosa giallognolo, vuol dire che il prodotto non è fresco. Anche i riflessi di colore verde brillante, da alcuni considerati indice di buona qualità, non vanno bene, dato che non sono altro che il risultato dell’aggiunta di clorofilla, usata appunto per conferire questa colorazione.”

    Tre motivi per preferire il tonno al naturale

    Tra tonno in scatola sott’olio o al naturale, la dottoressa Evangelisti non ha dubbi: “è da prediligere assolutamente il secondo e ciò per tre ragioni.”

    In primo luogo, infatti, la biologa nutrizionista pone l’attenzione sulla qualità dell’olio che non può essere verificata e che, dunque, può essere di scarsa qualità. In secondo luogo, l’aggiunta di olio aumenta l’apporto calorico del prodotto: “questo elemento – aggiunge – è più significativo se si sta seguendo un regime alimentare ipocalorico e se si vuole perdere peso.” Infine, sempre l’olio apporta grassi dei quali, sebbene di origine vegetale, bisogna tenere conto sia nel caso di una dieta, sia in caso di problemi di alterazioni del quadro lipidico.

    Chi non vuole rinunciare al tonno in scatola sott’olio dovrebbe sgocciolare i tranci, in modo tale da consumare meno olio possibile proprio per le ragioni che ci farebbero preferire quello al naturale.

    Attenzione all’etichetta

    La qualità del prodotto che andiamo ad acquistare può essere verificata anche tramite un’attenta lettura dell’etichetta che, come abbiamo visto, nel caso dell’olio è particolarmente importante.

    Dal punto di vista della provenienza, la dottoressa Evangelisti suggerisce di prediligere pesce del mar Mediterraneo che, quindi, non ha subito un percorso molto lungo prima di arrivare alle aziende di inscatolamento.

    Inoltre, perché si tratti di un buon prodotto, è bene controllare che il tonno conservato sia quasi puro, “ovvero privo di aggiunta di conservanti o coloranti, ma soprattutto senza l’integrazione di esaltatori di sapidità come il glutammato monosodico E621.”

    Gli ingredienti essenziali dovrebbero essere:

    La legge impone che il tonno appartenga al genere thunnus, senza necessariamente dover specificare la specie, obbligando però ad usarne una soltanto. All’interno della stessa confezione, quindi, deve essere contenuta un’unica specie. Infine, il tonno inscatolato, oltre che fresco, può anche derivare da pesce surgelato; naturalmente, per quanto possa essere difficile valutare con certezza la freschezza del prodotto, è sempre meglio optare per il pesce conservato fresco.

    Da ricordare, infine che il tonno conservato può contenere tracce di piombo, derivante dal processo di packaging, un problema che, rispetto al pesce fresco, va ad aggiungersi al problema del possibile accumulo di mercurio, che caratterizza tutti i pesci di grandi dimensioni come, appunto, il tonno, e alla possibile presenza di istamina.

    Quanto spesso si può consumare?

    Infine, una volta individuati tutti i passaggi da seguire per acquistare un prodotto di qualità, resta una questione da dirimere per essere sicuri che il tonno in scatola non faccia male: la frequenza di utilizzo. “Ci tengo a sottolineare – precisa l’intervistata – che le indicazioni sulla qualità del prodotto sono cruciali e che il tonno in scatola può essere consumato, senza eccedere.”

    Riconoscere un buon prodotto non ci autorizza, infatti, a utilizzarlo troppo: “resta sempre un alimento confezionato che non andrebbe consumato più di una volta alla settimana. Se vogliamo replicare? Meglio alternare con il pesce fresco”, conclude la dottoressa Evangelisti.

    Qual è la vostra alternativa preferita al tonno in scatola?

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