Il carattere dei sardi è riservato, talvolta chiuso, ma non in ambito gastronomico. Infatti quando si è trattato di accogliere “suggerimenti” dall’esterno, soprattutto se incontravano i gusti locali, nessuno si è mai tirato indietro. Ciò è accaduto a questi involtini….
C’è un che di magico e misterioso . Sarà per il suono arcaico dei suoi vocaboli, sarà per la sua quasi totale inacessibilità, fatto sta che questo idioma riesce ad esercitare nei confronti dello “straniero” una sorta di attrazione fatale. Ancor più l’alone di mistero di sa lingua sarda colpisce chi l’ascolta se si parla di cucina.
Termini come malloreddus, culingiones, pirichittus diventano allora dei protagonisti di una antica fiaba narrata nei secoli, sempre uguale. Ma affascinante.
Anche questi personaggi, pardon involtini, quale che sia la versione in cui si presentano, rimangono fedeli a sé stessi. Vale a dire ai dettami di una gastronomia fra le più gustose e genuine.
Quelli che propongo sono coietas preparati con sottili fette di carne che racchiudono un ripieno; altrove le fette lasciano il posto a foglie di verza. In un caso e nell’altro si tratta, comunque, di una favola a lieto fine… e il bello è che non si devono baciare ranocchi!
Ecco la ricetta per prepararli.
Vini consigliati: Mandrolisai rosso; Cannonau di Sardegna.