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Sottilette parmareggio

La famiglia di topi testimonial delle sottilette Parmareggio è senza dubbio simpatica. Sono benvestiti e persino un po’ glam. La sorcia-mamma indossa sempre tailleur deliziosi,  il sorcio-papà non rinuncia al fularino alla David Niven, il topo figlio conquista con la locuzione “che lavoro!” proprio come fanno gli emiliani per dire “che cosa eccezionale!”. Infine, tutti parlano con un accattivante accento parmense con tanto di erre moscia endemica del territorio.
Il giudizio sul prodotto è meno univoco: da una parte, leggendo l’etichetta, mi compiaccio per l’assenza di polifosfati, dall’altra devo notare che prevale il sapore tipico della sottiletta (il parmigiano reggiano è il 30%). E soprattutto ho come l’impressione che un prodotto di dignità immensa, come il parmigiano reggiano, si sia mescolato con uno gastronomicamente discutibile come la sottiletta.  Non c’è dubbio che il primo nobilita la seconda. Ma non è che la seconda sputtana un po’ il primo?

di Martino Ragusa

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