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Prosciutto Crudo: Preferisce Un Parma O Un San Daniele?

prosciutto crudo

Quante volte comprando un etto di prosciutto siete rimasti perplessi alla domanda del salumiere “Preferisce un Parma o un San Daniele?” Sono sicuro che anche per voi la risposta non è stata sempre immediata, da veri intenditori. In verità, si tratta di due prodotti molti simili, quasi fratelli.

Vi basti sapere che spesso due cosce dello stesso maiale finiscono una a Parma e l’altra a San Daniele per diventare i due diversi prosciutti che vi obbligheranno al dilemma della scelta.

Prosciutto Crudo di Parma e San Daniele: due facce della stessa medaglia

Stessi maiali allevati in Italia, stesse razze (la Large White e la Landrace eventualmente incrociate con suini Duroc) simile alimentazione, con forse la sola differenza dell’apporto di siero di Parmigiano Reggiano nella dieta dei suini emiliani e il sale per entrambi come unico conservante. Eppure le differenze in dolcezza, delicatezza e gusto complessivo ci sono e saltano anche al palato di un buongustaio alle prime armi che si cimenti in un assaggio comparato. Prima di mettere a confronto i due più famosi prosciutti d’Italia, può essere utile qualche notizia generale su questo grande salume orgoglio della gastronomia italiana tratta dall’Enciclopedia della Gastronomia.

Martino

Come si fa il prosciutto crudo?

Il prosciutto crudo si confeziona e fa stagionare in tutte le regioni italiane, nessuna esclusa.

La lavorazione sembra semplice, ma richiede al contrario una grande abilità e dipende a stretto giro da apporti di natura ambientale e climatica. Le cosce del maiale idonee vengono appese in ambienti arieggiati o celle frigorifere per due o tre giorni, poi vanno rifilate per eliminare l’eccesso di cotenna e grasso. I prosciutti prendono così la loro tipica forma e sono pronti per essere massaggiati e adagiati su ripiani inclinati, dove vengono abbondantemente ricoperti di sale. Passata una settimana si procede a un ulteriore “massaggio” e salatura, un ciclo che si ripete tre o quattro volte nell’arco di un mese.

Terminata questa fase, tocca alla “toelettatura“: i prosciutti vengono lavati, spazzolati, fatti asciugare al sole o essiccati un paio di giorni a una temperatura che non deve superare i 15°C.

Poi la “stuccatura” che consiste nel revisionare e stuccare fori e imperfezioni di ogni pezzo con un impasto a base di farina, sugna, acqua, pepe.

Un’ulteriore essiccazione e poi lastagionatura, che può andare dagli 8 ai 16-18 mesi: i prosciutti vengono appesi su cavalletti in ambienti speciali, ben ventilati, dove vengono mantenuti a una temperatura costante di 14-15°C e durante la quale perdono fino al 30% del peso iniziale.

Anche se i prosciuttifici moderni sono dotati di tecnologie all’avanguardia per automatizzare e deumidificare tutto quanto, resta cruciale il clima dei luoghi in cui avviene la stagionatura, perché bisogna regolarmente aprire e richiudere le finestre degli stanzoni in cui avviene, affinché i prosciutti risentano dei benefici climatici dell’habitat particolare in cui vengono prodotti.

Parma o san daniele?

Potete confrontare i nostri due prosciutti più famosi nei reportage dedicati a ciascuno di loro pubblicati sul Giornale del Cibo. Approfittando della degustazione, non rinunciate a un weekend enogastronomico nelle terre di produzione:

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