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Save the Children: ogni bambino ha diritto alla mensa

mensa scolastica

In Italia il 5,6% di minori non consuma neppure un pasto proteico adeguato al giorno. A denunciarlo è Save the Children su dati forniti dall’Istat per conto dell’indagine europea EU-SILC sulle condizioni economiche della popolazione. Secondo l’Organizzazione internazionale per i diritti dei bambini, la mensa scolastica deve rappresentare non solo uno strumento di educazione alimentare e di promozione di sani stili di vita, ma anche un’occasione di inclusione sociale e di equo accesso ad una alimentazione corretta.

Ma i dati dell’ultimo Rapporto (Non) tutti a mensa! di Save the Children non sono incoraggianti: emerge soprattutto un ampio divario tra nord e sud in termini di disponibilità e accessibilità al servizio e una forte disparità di trattamento economico fra i diversi Comuni.

Disponibilità: al Sud metà degli istituti sono sprovvisti di mensa

Uno dei dati più eclatanti emersi dall’ultimo Rapporto di Save the Children, condotto su 45 comuni capoluoghi di provincia con più di 100.000 abitanti, è la grande disparità di condizioni tra le diverse parti del Paese. Nella metà degli istituti di alcune Regioni del sud il servizio di refezione è completamente assente. A fronte di una media nazionale del 40%, la percentuale è del 53% in Puglia, 51% Campania e 49% in Sicilia. Pur sensibilmente migliore, la situazione al nord rimane preoccupante, con quasi 1/3 delle scuole primarie sprovvisto di mensa in Veneto (32%), Liguria (29%), Lombardia (27%) e Piemonte (27%).

In 8 regioni un bambino su due non accede al servizio

I dati relativi alla disponibilità del servizio risalgono all’anagrafe sull’edilizia scolastica 2011-2012 e mancano di aggiornamento. Il forte divario nord-sud è però confermato da alcune analisi sull’accesso al servizio laddove presente, rilasciate dal MIUR per l’anno 2014/2015. Otto le regioni in cui almeno un bambino su due non usufruisce del servizio. Fra queste, la Sicilia detiene il tasso più alto (80%); seguono Puglia (73%), Molise (70%), Campania (65%), Calabria (63%), Abruzzo (59%), Marche (57%) e Umbria (54%). Va meglio in Valle d’Aosta (29%), Liguria (28%) e Trentino Alto Adige (11%). Confrontando questi dati con i dati ISTAT, Save the Children sottolinea anche la forte corrispondenza tra le percentuali di alunni che non usufruiscono della mensa e alcuni parametri di rilevanza sociale, come ad esempio l’assenza del tempo prolungato e la dispersione scolastica.

Tariffe mensa: un quadro disomogeneo

La mensa è un servizio pubblico a domanda individuale, ovvero è posto in essere dagli enti locali non per obbligo istituzionale ma a fronte della richiesta dell’utente.  Per questo motivo non esistono indicazioni nazionali a cui riferirsi e ogni Comune decide per sé. Le differenze di trattamento tariffario non evidenziano però una divisione tra nord e sud del Paese, come invece succede per le condizioni di disponibilità e di accesso. Come confermano anche i dati raccolti da Cittadinanzattiva fra i Comuni che applicano le tariffe minime più basse (fino a 50 centesimi a pasto) troviamo Palermo, Salerno e Sassari, ma anche Bologna e Novara; mentre le massime più alte (attorno ai 7 euro) vengono applicate a Ferrara e a Ravenna, così come a Palermo.

L’esenzione non è garantita in 11 comuni su 45

Diversi anche i criteri di assegnazione delle agevolazioni. Undici Comuni su 45 non garantiscono a tutti un’esenzione specifica legata al reddito, alla composizione del nucleo familiare o a motivi di carattere sociale. Otto di questi prevedono la possibilità di esenzione solo dietro segnalazione dei servizi sociali. Ma anche laddove l’esenzione è garantita, i criteri applicati dai Comuni non sono omogenei per quanto riguarda le soglie di reddito: si va da un massimo di ISEE<7718,26 del Comune di Venezia ad un minimo di ISEE<2000 dei Comuni di Milano, Siracusa e Messina.

Mensa scolastica, strumento di educazione alimentare e inclusione sociale

Secondo Save the Children la mensa è un momento educativo indispensabile per l’educazione alimentare, che tende a consolidare comportamenti utili alla prevenzione della malnutrizione e dell’obesità infantile, sempre più diffusa in Italia. La condivisione del pasto nel tempo scuola, inoltre, può diventare un valido strumento per combattere la povertà e favorire l’integrazione sociale. Gli ultimi dati Istat rivelano che il numero di minori che vivono in condizioni di povertà assoluta ha raggiunto la preoccupante quota di 1 milione e 131 mila, così come è cresciuto anche quello dei bambini e adolescenti che vivono in condizioni di povertà relativa, che arriva a 2 milioni e 110 mila. Nel 2015, quasi una famiglia con almeno un figlio minore su 10 ha avuto un livello di consumi al di sotto della soglia di povertà assoluta e il 5,6% di minori non è riuscito a consumare un pasto proteico adeguato al giorno.

La refezione scolastica è ancora lontana dall’essere un diritto per tutti alle stesse condizioni. Save the Children chiede alle autorità competenti più investimenti e interventi atti a garantire “un equo accesso alla mensa e il servizio gratuito per le fasce più disagiate allo scopo di tutelare il diritto ad un’istruzione di qualità e ad una buona salute”.

In un’intervista di qualche mese fa Save the Children ci aveva dato la sua opinione anche sul caso delle mense negate a Corsico. Per un confronto invece con i dati sulla refezione scolastica raccolti da Cittadinanzattiva vedi l’articolo Se la scelta è fra il pasto da casa e una mensa equa.

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