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Babà

baba

di Alex Castelli.

Chi l’avrebbe mai detto, il babà non è stato inventato a Napoli. Uno dei dolci più famosi della tradizione gastronomica partenopea, infatti, è nato più di tre secoli fa in Lorena, regione francese al confine con la Germania, contesa nei secoli dalle due nazioni. Pare che l’invenzione si debba al re di Polonia Stanislao Leszczinsky (1677-1766), noto per la sua golosità e suocero del re di Francia Luigi XV.
Esiliato in Lorena, il re di Polonia tentò di migliorare il Kugelhupf, dolce tipico locale che trovava eccessivamente secco, inzuppandolo col rhum. Vi riuscì, e così nacque il babà. Il nome è dovuto alle Mille e una notte: pare che sia stato lo stesso Luigi XV a chiamarlo Alì Babà in onore del famoso personaggio della raccolta letteraria di novelle orientali.
Il dolce si diffuse presto in Francia ed ebbe successo con il nome col quale lo conosciamo oggi. La ricetta giunse a Napoli probabilmente a seguito delle famiglie nobili francesi che portavano con sé i propri cuochi privati. Da allora la patria acquisita di questo dolce è la città ai piedi del Vesuvio.

La forma del babà è simile a quella di un piccolo fungo dal largo fusto di colore dorato. Si ottiene con piccoli stampi appositi a forma di tronco di cono rovesciato e oltre alla versione “mini” da un singolo bocconcino ne esiste anche una più grande.
I babà si ottengono da una pasta lievitata con lievito di birra soffice e leggera, fatta di farina bianca, uova, burro e latte. Dopo la cottura in forno preriscaldato a 210 gradi si imbevono di rhum, cognac o liquori dolci.
Le variazioni sul tema sono numerose. Si può cambiare la forma variando gli stampi, aggiungere frutta candita o uva passa all’impasto, variare la guarnizione sbizzarrendosi con frutta fresca o sciroppata, gelatina di frutta, gelato, crema pasticciera o panna montata.

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