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Alimentazione e Alzheimer: cosa c’è da sapere?

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La salute del nostro cervello può essere condizionata da quello che mangiamo. Ci siamo già occupati più volte di stili alimentari in relazione alla salute, in particolare anche degli alimenti benefici per il cervello, questa volta approfondiremo un tema non ancora trattato, che interessa soprattutto i meno giovani. Fra alimentazione e Alzheimer sussistono legami causa-effetto di varia natura, come testimoniano recenti ricerche scientifiche. Analogamente a quanto accade per molte patologie, infatti, anche l’insorgere della malattia di Alzheimer può essere favorito da abitudini alimentari sbagliate. Come vedremo, però, questo non è l’unica casistica che interessa questa malattia in relazione al cibo.

Alimentazione e Alzheimer: la ricerca

Il benessere fisico del cervello e delle funzioni cerebrali dipende anche dal cibo che consumiamo. Gli alimenti, infatti, determinano le condizioni delle cellule cerebrali e possono giocare un ruolo non trascurabile nel manifestarsi di alterazioni anche gravi. In questo ambito, il legame fra alimentazione e Alzheimer è fra i più studiati dalla comunità scientifica. La ricercatrice italiana Lorena Perrone ha studiato questa correlazione specifica e ha pubblicato i risultati del suo lavoro sulla rivista scientifica internazionale Journal of Alzheimer’s Disease.

Le sostanze che agiscono negativamente sul cervello

La ricerca di Lorena Perrone individuano sostanze specifiche che danneggiano la salute cerebrale, gli AGEs, prodotti di derivazione proteica che si formano nell’organismo nel corso del processo di invecchiamento, ma che possono essere assunti anche con l’alimentazione. L’Alzheimer, quindi, si gioverebbe particolarmente della presenza di queste sostanze. Gli AGEs possono causare stress ossidativo, infiammazioni, danni neuronali e vascolari. Queste sostanze, tuttavia, possono costituire importanti biomarcatori – ovvero indicatori di particolari stati biologici – della malattia di Alzheimer. Questo consentirebbe di riconoscerli per valutare, almeno in minima parte, una diagnosi precoce della patologia, finora non possibile. Seguendo questa traccia, sono in corso ulteriori ricerche europee, al fine di proporre un modello di diagnosi precoce e una terapia preventiva dell’Alzheimer.

Alimentazione e Alzheimer: cosa mangiare?

Il cibo non si dimentica?

Riguardo al rapporto fra alimentazione e Alzheimer, recentemente è stata realizzata un’altra ricerca interessante, che indaga questa correlazione in un’ottica diversa. Si tratta di uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Brain and Cognition e curato dalla ricercatrice italiana Raffaella Rumiati della Scuola internazionale superiore di studi avanzati di Trieste. I risultati di questa ricerca dimostrano che le conoscenze e i ricordi legati al cibo permangono più solidamente rispetta ad altri stimoli, anche per chi soffre di sindromi cognitive gravi, come la malattia di Alzheimer. L’alimentazione, quindi, costituisce una delle esperienze mnemonicamente più indelebili. In questo imprinting cerebrale, risulta particolarmente importante l’elevato apporto calorico dei cibi. I ricordi legati ai cibi più sostanziosi, infatti, si fissano ancor più saldamente, resistendo meglio alle degenerazioni cognitive.

Per realizzare lo studio pubblicato su Brain and Cognition, il gruppo di ricerca ha analizzato le prestazioni cognitive di due gruppi distinti di individui con patologie cognitive e di un gruppo di controllo formato da individui sani. Le prove consistevano nella comprensione e nel riconoscimento visivo dei cibi. Il ricordo del cibo rispetto al non-cibo ha prevalso su tutti e tre i gruppi della ricerca.

Perché la memoria del cibo resiste di più?

I risultati della ricerca del gruppo guidato da Raffaella Rumiati, esperta di categorizzazione semantica del cibo, mostrano la correlazione fra alimentazione e Alzheimer da un punto di vista differente. I ricercatori spiegano la forte permanenza dei ricordi legati al cibo risalendo a motivazioni evolutive ancestrali. La sopravvivenza dipende dal cibo, pertanto non ci si dovrebbe stupire se questo tipo di ricordi resiste con particolare tenacia, anche in presenza di patologie come la sindrome di Alzheimer. Il processo evolutivo umano, in sostanza, può aver favorito il consolidamento degli stimoli e dei ricordi legati all’alimentazione, in funzione della priorità che il cibo rappresenta per la sopravvivenza.

Anche la rilevanza mnemonica dell’apporto calorico si spiegherebbe partendo dalle stesse considerazioni. Durante la crescita, i nomi dei cibi più nutrienti sono i primi ad essere memorizzati e più gli alimenti sono calorici e più il loro ricordo viene mantenuto. Secondo i ricercatori, quindi, più un cibo è calorico e nutriente e più è utile identificarlo per la sopravvivenza.

Gli studi su alimentazione e Alzheimer possono evolversi

Le ricerche che indagano le funzioni cognitive legate al cibo sono ancora poche, anche se l’attenzione della comunità scientifica su questo tema sta crescendo. Se la rilevanza di questo ambito specifico aumenterà, con ogni probabilità anche il numero delle pubblicazioni sarà destinato a crescere.

Dopo questo approfondimento sul rapporto fra alimentazione e Alzheimer, può essere interessante leggere i nostri articoli sugli alimenti utili al cervello, sulla dieta anti-cancro che mima il digiuno e sulla possibilità di “curarsi” con il cibo.

 

Fonti:
Journal of Alzheimer’s Disease
Brain and Cognition
USDA – Food Composition Database

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