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5 Cose da sapere se invitate a Cena un Calabrese

Esiste una Regione d’Italia in cui le vendite del Brioschi non sono mai in calo ma anzi, fanno registrare impennate sempre più rapide, specialmente nei periodi delle feste. Questa regione è la Calabria, un posto in cui se parli di “lenta ripresa” non ti riferisci all’economia nazionale ma al pranzo della nonna, difficile da digerire.

Prepararsi alla cena con un/una Calabrese è come allenarsi per la maratona: hai bisogno di forza fisica, e di una volontà ferrea. Per non arrivare impreparati occorre conoscere a fondo la cultura del Sud. Tanto per iniziare sappi che il calabrese non sarà contento o soddisfatto di una cena fino a quando la tua cintura non sarà allentata e i bottoni della tua camicia messi a dura prova, ma soprattutto quando i piatti, le teglie e le bottiglie di vino saranno vuote. Cos’altro c’è da sapere? Te lo spiego qui…

Invitare a Cena un Calabrese: 5 cose da sapere 

1. Partiamo dalle basi: le unità di misura

Il calabrese è generoso, orgoglioso e utilizza il cibo come dimostrazione del proprio affetto e della propria stima. Se ti regala un barattolo di pomodori secchi sott’olio ti vuole bene, se ti regala una bottiglia di Cirò ti stima profondamente, se ti fa a parmigiana i’ mulunciani ti ama e se viene a casa tua per due giorni a farti gli scaliddrhi per Natale… è tua suocera.
Se invece sei tu a dover preparare una cena per lui/lei ti conviene conoscere prima le sue preferenze in fatto di cucina e soprattutto le quantità con le quali solitamente ha a che fare. Ecco un piccolo vademecum sulle unità di misura calabresi:


Passiamo agli altri punti fondamentali della cultura calabrese

2. La Brasilena

Tutto il mondo beve la Coca-Cola, noi calabresi beviamo la Brasilena. Inutile proporci boriose imitazioni, siamo cresciuti con lei e il legame con questa bevanda gassata al sapore di caffé è troppo forte. Lei c’era nelle afose giornate d’agosto a Tropea, quando il caldo ti stordiva e avevi una sete pazzesca, c’era quando in discoteca a Cirò Marina avevi bisogno di carica, c’era durante i pomeriggi al parco, quando correvi, sudavi e tornavi a casa e tua mamma ti diceva “Mo ti fazz novo novo” (trad. lett. non pervenuta), c’era dopo i panini con la cotoletta di nonna che erano secchi, ma talmente secchi che dovevi bere per non soffocare. E anche se il packaging delle bottiglie non è moderno ma stile anni ’80, non importa, quella donnina col sombrero l’ameremo come se fosse nostra mamma. Se volete quindi invitare a cena un Calabrese, mi raccomando: niente Coca-cola! Procuratevi la mitica bottiglia di vetro con l’etichetta gialla della Brasilena e lo farete contento!

3. Invitare a cena una calabrese… a Natale

Il Natale dei calabresi meriterebbe di essere analizzato in un articolo a parte ma per esigenze di regia lo tratteremo sinteticamente qui (prometto un approfondimento, prima o poi).
Pertanto, se hai intenzione di trascorrere il Natale con un calabrese, sappi che la conferma della partecipazione deve arrivare entro e non oltre l’8 di dicembre, perché dal 9 si iniziano già a pelare le patate per il contorno del Capretto Natalizio. Il calabrese ha sempre un macellaio/fruttivendolo/pescatore di fiducia (attenzione, ho detto pescatore, non pescivendolo) ed è a loro che si rivolge per comporre il maestoso ed opulento cenone.

Al pranzo di Natale partecipa praticamente tutto il rione e nonostante ciò avanza sempre qualche teglia di pasta. È un pasto impegnativo, si rimane seduti a tavola all’incirca per 24 ore, ora più ora meno.

C’è l’aperitivo, l’antipasto, le vrasciole di carne d’accompagnamento, l’entrée di pane-sardella-cipolla e il vino a fiumi. Poi arriva il pranzo, che di solito dura da mezzogiorno alle 5, con primi, secondi, terzi, contorni poi… sono avanzati dei secondi e nonna vuole che si svuoti il piatto, quindi ricominci a mangiare. Poi arriva il momento della frutta, delle paste, poi il panettone, l’amaro, il caffè, il caffè con l’amaro, il pandoro con la Sambuca, i Crustoli fritti con il miele e un cicchetto d’Anice “Che ci sta”. Poi si gioca a carte, quindi la zia di turno tira fuori pistacchi, noci, noccioline, e i classici dolci natalizi calabresi: chinuliddri (mezzelune di frolla ripieni di marmellata e frutta secca) e scaliddrhi (dolci fritti ricoperti di glassa).

Poi alle 7 di sera, che fai? Due Susumelle non te le mangi? E alle 8 iniziamo a scaldare gli avanzi perché s’è fatta ora di cena. La tradizione vuole che le portate del pasto natalizio principale, il pranzo, siano 13 e che tutti debbano assaggiare tutto per buon augurio. Chiaramente, il calabrese è abituato a tutto questo, perché 13 portate è il pranzo che la nonna gli prepara ad agosto per lo spuntino al mare sotto l’ombrellone, ma per chi non è abituato la sfida si fa seria. In molti hanno tentato di superare la prova delle 13, ma se davanti all’entrée di vrasciole si sono dimostrati ottimisti e davanti alla pasta cca’ muddrhica, felici, quando sono arrivati alle torte rustiche di contorno, però, hanno ceduto, implorando pietà e un digestivo potente.

Quindi il consiglio è: volete invitare a cena una Calabrese a Natale? Iniziate ad allenarvi un anno prima e prenotate un tirocinio presso una nonna calabrese, vi servirà.

4. Le Paste della Domenica

Per i calabresi le pastarelle della Domenica sono un’istituzione, il perché va ricercato nella nostra tradizione pasticcera. Per il Calabrese D.o.c., il cake design si è fermato ai riccioli di panna e alle roselline di ostia sulle torte. Le scritte di cioccolato fatte a mano sono il massimo della personalizzazione. Per noi conta la sostanza ed è per questo che i dolci esteri in Calabria non hanno attecchito. Siamo rimasti saldamente ancorati alle vecchie tradizioni e pertanto, la domenica il vassoio dei dolci comprende almeno due babà, 2 diplomatiche, 3/4 sfogliatelle, 2 tartufi, due bignè con la panna, 3 cannoli misti e i cestini alla frutta per i picciuliddrhi (bambini). Muffin, Macarons, Red Velvet e Carrot Cake non potrebbero mai competere con una Susumella o con una torta fatta in casa farcita con crema allo Strega (liquore). É così da sempre e lo sarà sempre, quindi se inviti  a cena un calabrese di domenica, niente americanate. E ricordati l’Amaro del Capo per accompagnare!

  1. Il Garage del Calabrese

Se la cucina è la stanza in cui il Calabrese esprime sé stesso nel privato, il garage è il luogo della condivisione pubblica, degli incontri e delle esperienze collettive. Diciamo l’Agorà.

Il garage del Calabrese ha varie funzioni e nessuna di queste ha a che fare con il parcheggio dell’automobile. Fra la fine di agosto e l’inizio di settembre, si trasforma in luogo di produzione: è in questo periodo infatti che il calabrese produce quantitativi indefiniti di scorte per l’inverno, passata di pomodoro in primis. A questa 3 giorni distruttiva  partecipano tutti: i parenti, gli amici, i vicini, la gente comune e ogni genere di avventore che passa di lì. Si vive a stretto contatto: tu, i tuoi, i pomodori, le bottiglie, gli zii, la nonna, il basilico, le pentolacce e i vicini che ogni tanto bussano per portarti da mangiare. Per tre giorni mangi praticamente solo pane e pomodoro, torni a casa stravolto come Mentana dopo la diretta delle elezioni americane e sai che per un po’ farai odore di pomodoro, neanche fossi una pizza Margherita. Alla fine però, accetti tutto quanto, perché la sicurezza di avere una scorta annuale di salsa e sottoli non ha prezzo.  

Sempre d’estate, il garage del calabrese diventa il luogo prediletto per le feste con i pochi intimi, quelli del quartiere. Dalle mie parti, ad esempio, si suole fare la cosiddetta “Crispeddrhata” (da: “Crespelle”, ciambelle di pasta di pizza fritte nell’olio bollente).

Mia zia ne organizzava sempre una d’estate, nel suo garage, e noi che eravamo sempre invitati, anziché portarle in omaggio una bottiglia di vino o altri doni, portavamo le sedie, perché tutto il quartiere era invitato, eravamo troppi e non sapevamo mai dove sederci. I fortunati avevano un posto vicino alla pentola del fritto, gli altri stavano fuori a bisbocciare. Dopo un po’ si spargeva talmente tanto la voce che l’affluenza di gente era tanta: la strada si intasava e il traffico aumentava. Di solito per smorzare i toni tentavamo di omaggiare con qualche crispella gli automobilisti avventori che, vedendo la folla in strada, credevano di trovarsi in mezzo al Derby Crotone-Catanzaro.
Erano occasioni speciali, in cui regnava l’allegria, la condivisione e la puzza di fritto. Le occasioni nostalgiche lasciano sempre addosso un bel sapore di casa, quindi se vuoi fare contento un calabrese, organizza una festicciola in garage, si sentirà a casa.

Fonte immagine: ntacalabria.it

Questi consigli che ho raccolto sono un omaggio alla mia terra e spero che possano aiutarti a capire un po’ meglio la nostra scala dei valori. Un consiglio su tutti, ed è l’unico che non bisogna mai dimenticare, è che il calabrese è molto generoso e sarà sempre lui a fare il primo passo: sarà lui ad offriti qualcosa, a pagarti la birra o farti un regalo. Egli vuole che la sua generosità lo preceda sempre, quindi se vuoi invitare a cena un Calabrese, assicurati che prima lo abbia fatto lui con te!
Invitare a cena un italiano non è mica semplice perché a seconda della sua provenienza avrà preferenze e gusti diversi. Per fortuna su questo sito potete trovare i nostri consigli migliori… per ospiti da Catania passando per Crotone fino ad arrivare a Bologna!

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