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Pausa Pranzo: La Sua Importanza

Adriana Angelieri

Carlo lesi

La corretta alimentazione nella pausa pranzo migliora la produttività e la sicurezza dei lavoratori?

di Carlo Lesi.
(U.O.C. di Dietologia e Nutrizione Clinica AUSL di Bologna).

Secondo un rapporto dell’Ufficio Internazionale del Lavoro (ILO, 15 settembre 2005) un’alimentazione troppo povera o troppo ricca sul luogo del lavoro può provocare una perdita di produttività del 20%. Nell’ottobre 2006 si prevedevano su base annua 1280 infortuni mortali vs i 1265 del 2005 ( dati Inail, Aprile 2007). Se la maggior parte degli incidenti sul lavoro si verifica intorno alle dieci del mattino, in realtà le percentuali crescono soprattutto nelle ore post-prandiali. Cosa che può essere messa in relazione con la dieta o con gli effetti del ciclo luce-buio (A lavoro con l’infortunio, 6 sett. 2005).
Dal che si deduce che la corretta alimentazione al pasto del pranzo gioca un ruolo importante sulla produttività e la sicurezza dei lavoratori. Il pasto deve essere sobrio, vario e di facile digeribilità onde favorire la ripresa del lavoro evitando fatiche digestive post-prandiali: difficoltà di concentrazione, sonnolenza, fastidioso meteorismo ecc. Scegliendo o il primo piatto o la pietanza o entrambi ma in porzioni non abbondanti conditi in modo semplice si evitano gli inconvenienti di cui sopra.

Sulla tavola sono la verdura, la frutta e l’acqua (anche 2 litri/die) che la fanno da padrone. No alcol. Una adeguata idratazione con fonti d’acqua sicure sul piano igienico evita la disidratazione, stato patologico più grave della malnutrizione soprattutto nei climi caldi. Occorre tener conto di chi si avvicina al pasto di metà giornata: ad es. per chi compie un lavoro sedentario d’ufficio le necessità caloriche sono di 1.3-1.4 Kcal/min. per giungere a 5-10 Kcal/min. per chi ne compie uno pesante: agricoltore, muratore, operaio ecc.
Queste modalità di pausa pranzo sono in linea con l’affermazione del rapporto di cui sopra per cui “idealmente la pausa pranzo dovrebbe essere un momento di riposo, di recupero delle energie spese , di relazione con i colleghi di lavoro, di liberazione dallo stress e di allontanamento dal posto di lavoro.” Così concepita la pausa pranzo può diventare un momento di educazione nutrizionale soprattutto se i commensali sono desiderosi di imparare sul campo le corrette abitudini alimentari che possono riproporre nei loro nuclei familiari. “I lavoratori devono rendersi conto che la loro salute e la sicurezza nel lavoro dipendono da un’appropriata nutrizione.”(ILO ibidem)

Troppo spesso però l’alimentazione sul lavoro è percepita dai datori di lavoro come una questione secondaria o un ostacolo. Di qui le offerte di pausa pranzo ( almeno 30’) da parte loro molto diversificate : dalla mensa e dal refettorio aziendale dove è possibile svolgere educazione nutrizionale, poco o nulla invece nei bar-tavola calda a cui si accede con buoni pasto, nelle salette e nelle cucinette locali della ditta di cui non sempre è ben curata l’igiene alimentare ed ambientale. Idem per l’acquisto di cibo “on the road” presso i venditori ambulanti, i chioschi, i distributori automatici ecc. e consumati sul posto di lavoro. Basti pensare ai lavoratori dell’edilizia che mangiano nei cantieri in condizioni precarie e pericolose. La diversificazione delle proposte nutritive sembra far acquistare al lavoratore libertà di scelta, ma in realtà perde dal punto di vista dell’aspetto bromatologico ed igienico dell’alimento, oltre che dell’impatto ambientale. Considerazioni a parte meritano i “turnisti” anche con turni notturni) in cui gli orari di alimentazione cambiano di frequenterendendola quanto mai “disordinata” con conseguenze negative sul piano digestivo e metabolico. L’alterato ritmo “sonno-veglia” può ridurre il senso di fame: in tal modo viene favorito il salto pasto.

La quantità e la qualità dei cibi assunti nella pausa pranzo vanno considerati nel contesto complessivo dei cibi introdotti durante l’arco della giornata. Solo così si può sapere se l’alimentazione quotidiana è corretta. In caso contrario se ne ha una conoscenza parziale. Ad es. il lavoratore fa colazione al mattino? Con quali cibi? Prende solo un caffè? Assume la cena? Presto? Tardi? Spizzica nel dopo cena a tal punto da sentirsi sazio fino al mattino e saltare la colazione? Il salto pasto favorisce le crisi ipoglicemiche con ridotto senso di benessere e danno della salute delle persone; nei lavoratori si ripercuote negativamente sulla loro produttività e sicurezza. Sono l’anemia, le crisi ipoglicemiche e l’obesità i più frequenti danni da alimentazione incongrua compresa quella sul posto di lavoro. Nel nostro tessuto sociale sono sempre più frequenti gli immigrati che compiono per lo più lavori faticosi. La loro alimentazione è spesso insufficiente e/o monotona per scarsità economiche, oltre che per motivazioni religiose.Vedasi l’astensione dalla sostanziosa carne di maiale, mentre per converso stentano ad assumere le nostre abitudini alimentari soprattutto nei primi mesi di emigrazione. Si viene a creare così un periodo di tempo “limbo” fra le abitudini alimentari originarie e quelle della terra che li ospita che può favorire la malnutrizione a fronte di lavori pesanti e dispendiosi dal punto di vista energetico. Il tentativo di conservare le abitudini alimentari originarie è un modo per mantenere i contatti con la terra madre.
Numerose sono le problematiche nutrizionali, organizzative ed economiche che il cibo, assunto nella pausa pranzo, pone all’ attenzione dei datori di lavoro, delle ditte di ristorazione e dei dietologi. Occorre sempre più tenerne conto per permettere al lavoratore un’alimentazione più corretta e completa possibile durante l’intera giornata adattandola al tipo di attività che svolge.

 

Siciliana trasferita a Bologna per i tortellini e per il lavoro. Per Il Giornale del Cibo revisiona e crea contenuti. Il suo piatto preferito può essere un qualunque risotto, purché sia fatto bene! In cucina non devono mancare: basilico e olio buono.

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