Dalla voce “Acque e bibite”, 203 infrazioni penali, a “prodotti ittici”, 6299, passando per le 4776 della ristorazione e le 2356 nel settore “farine, pane e pasta”. L’emergenza criminalità nell’agroalimentare è anche nei numeri, specchio di filiere inquinate e reati in preoccupante aumento. Ecomafia 2016, il consueto rapporto di Legambiente dedicato a quanto di marcio c’è
#Filiera sporca non è una semplice indagine sul caporalato. È anche questo, ma è soprattutto un’analisi approfondita di un settore dell’agricoltura italiana – gli agrumi, e in particolare le arance – fatta in modo da poter scavare sino alle radici e far emergere uno dei più gravi problemi del comparto: le lacune della filiera. Tante
Seminano, piantano, raccolgono. Tutti i giorni dell’anno, con qualsiasi clima, per 12 ore a giornata. Apparentemente protetti da contratti in realtà regolarmente disattesi, prendono 4 euro all’ora nella migliore delle ipotesi, spesso botte, addirittura droghe per riuscire a resistere alla fatica e rendere di più. Sono gli indiani di etnia Sikh che lavorano nei campi
“Il caporalato è ormai strutturale. È un modello di potere che estende la sua rete di ricatto su tutto il territorio italiano”. Nord, centro, sud isole. Non c’è regione che non sia almeno lambita da un fenomeno che ha le stesse modalità delle mafie, agromafie nello specifico, perché ne è uno dei segmenti. Le parole
“Il quadro commerciale per le arance si conferma negativo”. Il bollettino dei mercati Ismea, reperibile sul sito dell’istituto, è quello della terza settimana di marzo, ma non è molto diverso da tutti gli altri emessi dall’inizio dell’anno a oggi. Molta offerta, poca domanda: l’arancia italiana, e gli agrumi in genere, non tira più, surclassata da
“In Italia oggi non si può parlare di cibo senza parlare di mafia. Che non è l’immagine cinematografica e melodrammatica de Il Padrino, ma è fatta di imprenditori, commercialisti, manager d’impresa, notai, politici, medici e amministratori statali. È una mafia imprenditoriale”. È con queste parole che Luca Ponzi – giornalista Rai e coautore del libro
Quasi sedici miliardi di euro. Il fatturato di un grande gruppo bancario, come Intesa San Paolo. O quello di un colosso dell’industria come Finmeccanica. Ma una delle più grandi aziende italiane non ha un nome: agisce nell’ombra, ignora e aggira le leggi, contamina e distrugge uno dei patrimoni più ricchi del nostro paese. Sedici miliardi
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