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Obesità infantile: quali sono i rischi per la salute dei bambini?

Angela Caporale
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    Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, l’obesità si può considerare addirittura come una delle epidemie più gravi del millennio. Una presa di posizione forte, quella dell’OMS, che mira a porre l’attenzione su questa patologia, ma soprattutto su quanto si può fare per prevenirla. Infatti, soprattutto se ci dedichiamo ai più piccoli, prima che l’eccesso ponderale si trasformi in questa patologia cronica e difficile da debellare, è possibile intervenire. Per capire meglio cosa si intende per obesità infantile, le sue conseguenze e come prevenirla abbiamo intervistato Claudio Maffeis, pediatra, professore ordinario di Pediatria all’Università di Verona, membro della Società Italiana Pediatria che da anni si occupa di nutrizione.

    Una definizione per riconoscerla

    sovrappeso bambini

    “Non fidatevi di ciò che vedete guardando vostro figlio”, è il primo monito del professor Maffeis che sottolinea come una diagnosi ispettiva non sia sufficiente per capire se il peso del bambino sia corretto o meno. “Capita spesso che i genitori non riconoscano il sovrappeso del bambino. A 6 anni, per esempio, età in cui il bambino è fisiologicamente “magrino”, il rischio di sottostimare la condizione di sovrappeso in cui in realtà il bambino si può trovare è elevato. Solo il confronto con le tabelle di riferimento del peso per sesso ed età, considerando la statura del bambino, è in grado di fugare ogni dubbio.”

    Questa valutazione viene fatta, in primo luogo, dal pediatra che misura peso e statura per calcolare il BMI: “da questo calcolo emerge un numero che viene confrontato con le tabelle di popolazione e collocato in una determinata fascia: a seconda di questo posizionamento, è possibile capire se, superata una certa soglia, il BMI è espressione di sovrappeso o di obesità franca.” Il professore specifica che, a differenza di quanto accade negli adulti, non esiste un numero unico che segna questo passaggio tra normopeso, sovrappeso e obesità perché esso varia continuativamente con età e sesso.

    D’altro canto anche i genitori hanno la possibilità di monitorare la situazione: “il suggerimento – spiega il pediatra – è misurare circonferenza addominale e statura: se il rapporto tra le due è superiore a 0,5, allora il bambino, oltre ad avere un eccesso di peso, potrebbe avere già una qualche alterazione metabolica.” È un campanello d’allarme per stimolarci ad agire in fretta: “ricordiamo che l’obesità è una malattia cronica recidivante, molto difficile da guarire una volta conclamata. Nei bambini, in genere, l’intervento è più efficace che nell’adulto, ma proprio per questo è importante è essere tempestivi”

    Obesità infantile: conseguenze per la salute dei bambini

    obesità infantile

    Un errore diffuso e molto grave, secondo l’esperienza del pediatra, è quello di sostenere che con l’età passa tutto. “Ciò purtroppo non è vero perché almeno nel 50% dei casi, se non si interviene in modo adeguato, la situazione non si risolve o addirittura peggiora”, senza considerare le complicanze che possono essere presenti o latenti già dall’infanzia.

    Tra le conseguenze dell’obesità per la salute, infatti, vanno ricordate:

    • Un maggiore rischio di steatosi epatica, ovvero l’accumulo di grasso nel fegato. “È una condizione patologica che interessa un bambino obeso su tre.”
    • Glicemie elevate, rispetto ai parametri corretti per età, a digiuno o dopo carico di glucosio. “Non si tratta di diabete, ma di un segnale di alterata tolleranza al glucosio, presente in un bambino obeso su venti”.
    • Aumento della pressione arteriosa e alterazioni della pressione. I valori in questo caso tendono ad essere più elevati rispetto alla popolazione della stessa età.
    • Aumento dei trigliceridi e diminuzione del colesterolo “buono” nel sangue.

    Tutti questi elementi, in combinazione, rappresentano dei fattori di rischio per una compromissione metabolica di una certa importanza: “il bambino con obesità, infatti, ha una maggiore probabilità di sviluppare fattori di rischio cardiovascolari.”

    È bene precisare che non sempre i bambini obesi sviluppano tutti i fattori di rischio: “tuttavia – precisa l’intervistato – quando aumenta la circonferenza della vita, è più probabile riscontrare questi elementi, perché proprio il grasso accumulato in area addominale si associa a questo tipo di complicanze.”

    Quali prospettive?

    Il quadro non è rassicurante, soprattutto se consideriamo che secondo i dati dell’Osservatorio ministeriale Okkio alla Salute, circa 1 bambino di 9 anni su 10 in Italia è obeso, ma è utile sapere che i fattori di rischio metabolico e cardiovascolare possono regredire, purché il bambino, e la famiglia, lavorino bene.

    “Fondamentale – sottolinea il prof. Maffeis – è agire prontamente in modo tale che questi condizioni non peggiorino facendo sì che, nel giovane adulto, evolvano in patologie vere e proprie: ipertensione arteriosa, diabete, aterosclerosi.”

    Da dove partire? Sicuramente dalla promozione di uno stile di vita sano che coinvolga sì il bambino, ma anche la famiglia: difficile, secondo il pediatra, che un percorso del genere sia efficace se i genitori, i fratelli e tutte le persone accanto al bambino non lo accompagnano, sostenendolo e supportandolo anche attraverso l’esempio.

    Sport e dieta sana per prevenire l’obesità

    L’attività motoria, in primo luogo, dev’essere serie a continuativa: “attenzione però – spiega l’intervistato – non è sufficiente portare il bambino in piscina due volte alla settimana. È, invece, necessario muoversi insieme a lui il più possibile nel tempo libero e, nello sport, affidarsi a figure professionali che lo aiutino ad appassionarsi all’attività motoria.”

    Quando si parla di stile di vita, infatti, si fa riferimento ad un percorso collettivo che dovrebbe essere condiviso dalla famiglia affinché sia efficace nel tempo: “il problema dell’obesità – riflette il professore – non è mai solo dei bimbi, ma del nucleo familiare intero”. Ragion per cui anche l’educazione alimentare svolge un ruolo cruciale.

    “Il bambino impara a mangiare in famiglia. Sin da piccolo, deve acquisire abitudini corrette: in particolare per la prevenzione dell’obesità bisogna seguire le raccomandazioni nazionali della corretta nutrizione in età evolutiva”, ben codificate e disponibili per tutti, nonché basate su evidenze scientifiche e supportate dal Ministero della Salute.

    Senza dimenticare il ruolo del pediatra, “il consulente sanitario a disposizione dei bambini e delle loro famiglie. Ogni genitore dunque può approfittare di questo supporto anche in ambito nutrizionale per prevenire e trattare l’eccesso ponderale e le sue complicanze.”

    Quali sono gli obiettivi nutrizionali?

    L’azione di prevenzione deve partire già dalla nascita:

    1. L’allattamento al seno esclusivo dovrebbe essere garantito a tutti i bambini fino ai primi sei mesi di vita. Se non è possibile, è importante che il bimbo venga allattato con latte formulato, ovvero latte vaccino opportunamente modificato per essere simile a quello della mamma.
    2. Dopo il sesto mese di vita, è importante integrare la dieta con alimenti semisolidi e poi solidi per soddisfare i bisogni del bambino in crescita.
    3. Dai due anni in poi, l’alimentazione può essere liberalizzata, prediligendo alimenti sani, cibi di stagione e continuando a prestare attenzione all’equilibrio dei nutrienti.

    I primi due anni sono particolarmente delicati perché è proprio in questa fase, spiega il pediatra, che “il bambino tende a maturare a livello cerebrale le strutture nervose che gli permettono di regolare in maniera efficiente fame e sazietà.”

    Gli errori da evitare

    Attenzione, dunque, ad alcuni errori da evitare assolutamente come, per esempio:

    • Eccesso di proteine nel primo anno di vita: “prima dei 12 mesi è assolutamente da evitare il latte vaccino – eccezion fatta per il latte formulato come alternativa a quello materno. Ciò perché si è visto che uno sbilanciamento dell’apporto proteico in questa fase provoca delle conseguenze a livello ormonale che aumentano il rischio di un eccesso ponderale che può portare, a sua volta, a sovrappeso e obesità.”
    • Introdurre lo svezzamento troppo presto: “anche questo fattore favorisce la comparsa dell’obesità successivamente”.
    • Eccesso di carboidrati, a fronte di un apporto troppo ridotto di lipidi: i grassi, infatti, fino a 3 anni, dovrebbero rappresentare il 40% del fabbisogno di energia della giornata.
    • Dare ai bambini zuccheri semplici aggiunti.

    “Una dieta congrua e sana rappresenta in questa fase – conclude Maffeis – una vera e propria ipoteca sul futuro della persona.”

    Scuola, mense, istruttori e altri modelli di riferimento

    mense scolastiche

    Una volta cresciuto, il bambino viene a contatto con input esterni come le maestre e da tutto il sistema della ristorazione scolastica, che hanno un potenziale notevole impatto sulle abitudini alimentari del piccolo. “Se la scuola – riflette l’intervistato – adotta delle modalità e dei menù corretti, facilita l’acquisizione di sani stili di vita.”

    A scuola si può anche imparare a mangiare frutta e verdura, cruccio per molti genitori: “se nella refezione scolastica vengono presentati e favoriti comportamenti che abituano al  loro consumo, è molto probabile che il bambino si adatti, imitando anche i compagni e quindi che, con il tempo, ne mangi a sufficienza.”

    L’importante, secondo Maffeis, è che, da un lato, a scuola si promuova l’educazione alimentare anche per gli insegnanti in maniera tale che possano trasmettere abitudini e gesti sani agli alunni, dall’altro che esista un dialogo costruttivo con le famiglie e una certa assonanza tra quanto viene proposto a scuola e quello che viene realizzato a casa.

    “Non è sempre facile – riflette l’intervistato – per cui ritengo che il compito della scuola sia attenersi alle indicazioni ministeriali e alle linee guida per la ristorazione scolastica, mentre per la famiglia torna cruciale la figura del pediatra che può offrire supporto anche nella fase pre-scolastica.”

    Se infatti, dalla gravidanza all’allattamento e fino allo svezzamento, l’alimentazione e la nutrizione vengono affrontate in maniera naturale e serena, è probabile che il bambino non presenti poi problemi di sorta in tema di alimentazione. Se, invece, questo processo non avviene in maniera così “fisiologica”, allora possono emergere delle difficoltà, anche importanti. In conclusione, Maffeis auspica un’alleanza tra genitori, pediatri, scuola, e istruttori sportivi affinché si proceda tutti assieme nella stessa direzione, in modo che il bambino possa trarne il massimo beneficio: “prevenire è possibile ed è più efficace con un’attività collettiva.”

    Passaporto friulano e cuore bolognese, Angela vive a Udine dove lavora come giornalista freelance. Per Il Giornale del Cibo scrive di attualità, sociale e food innovation. Il suo piatto preferito sono i tortelloni burro, salvia e una sana spolverata di parmigiano: comfort food per eccellenza, ha imparato a fare la sfoglia per poterli mangiare e condividere ogni volta che ne sente il bisogno.

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