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Gare di cibo: le sfide culinarie più bizzarre al mondo (secondo noi)

Giulia Zamboni Gruppioni Petruzzelli
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    L’uomo è un animale sociale, certo, non è una novità. Ma è anche un animale competitivo, almeno a giudicare da certe situazioni in cui, ad esempio, c’è di mezzo il cibo.

    Lasciamo da parte le challenge, ovvero le sfide che di solito nascono e si consumano soprattutto sul web, con prove spesso fisicamente provanti e rischi non sempre ben calcolati da chi partecipa. Tralasciamo anche i guinness dei fornelli, come il caso della pizza più grande del mondo e analoghi record, e sorvoliamo persino sui programmi televisivi e altre sfide di talento, come Masterchef e simili. In questo articolo ci concentriamo, infatti, su due tipi di competizione: da una parte, quelle in cui contano la quantità e la velocità con cui i partecipanti sono in grado di ingerire determinati cibi; dall’altra, invece, quelle che reinterpretano la cucina in chiave… “agonistica”, combinando insieme alimenti e azioni più o meno spericolate. Scopriamo allora quali sono le gare di cibo più bizzarre al mondo, secondo noi. 

    Gare di cibo in Italia e nel mondo: sfida a chi mangia di più

    Tra le sfide culinarie più impegnative rientrano senza dubbio quelle che comportano un’abbuffata, spesso di un unico alimento “spazzatura”, entro un determinato lasso di tempo o, in alternativa, in quello più breve possibile. A questa categoria appartengono alcune delle più stravaganti competizioni americane, che hanno fatto di questa pratica un vero e proprio “sport” a cui partecipano mangiatori professionisti e detentori di titoli in diverse gare di cibo. Ma anche “i campionati” asiatici ed europei si difendono con la loro ampia offerta di ingozzate da medaglia. Eccone alcune davvero inusuali.  

    Gara di mangiatori di panini, tra Brooklyn e Rimini

    mangiatori panini

    shutterstock.com

    La Nathan’s Hot Dog Eating Contest non è una semplice competizione di voracità: negli anni e ne sono passati parecchi dalla prima edizione del 1972 si è affermata come “la” competizione di cibo degli Stati Uniti, o almeno della East Coast, tanto da essere trasmessa in TV per la gioia dei 2 milioni di spettatori che la seguono assiduamente. Le regole sono semplici: ogni anno, il 4 luglio, giorno in cui si festeggia l’Indipendenza americana, i contendenti si incontrano per cercare di ingoiare il numero massimo di hot dog in soli 10 minuti di tempo. Gli hot dog sono quelli di Nathan’s, famoso per essere l’autore dei panini più buoni di tutta NY, e vanno ingurgitati tutti, wurstel e pane compreso. Sono ammesse salse, anche se non sono utilizzate di frequente per ovvie ragioni, e bibite di ogni tipo, a cui invece i concorrenti ricorrono continuamente per far scendere meglio i grandi bocconi, spesso senza alcuna masticazione preventiva. Si può essere ammoniti o espulsi per comportamenti scorretti o mangiando in modo troppo disordinato, e se vi sembra di sentire qualche assonanza con il mondo dello sport, non siete molto lontani dal vero: per partecipare alla gara di chi mangia più hot dog di Nathan, bisogna infatti essere iscritti alla International Federation of Competitive Eating (IFOCE), la Federazione degli atleti del cibo. 

    Campione indiscusso del contest da ben 12 edizioni è Joey Chestnut, un mangiatore professionista poco più che trentenne che, nel 2019, ha ingurgitato 71 hot dog in 10 minuti, avvicinandosi al suo stesso record di qualche anno prima (74 nel medesimo tempo). La sua tecnica? Ingoiare prima i wurstel a coppie e poi il pane imbevuto nell’acqua. Prima tra le donne, anche lei di lunga data, Miki Sudo che si è fermata a quota 31 hot dog e che nel 2014 aveva battuto Chestnut in un’altra competizione a base di ali di pollo fritte. 

    La  gloria e un buono spesa sono il premio per chi conquista  invece il podio delle sfide “Men vs Food”, anche queste di origine americana, tra cui ad esempio la Man vs Big Bounty Burger di Rimini. La gara consiste infatti nel terminare un hamburger da 1,2 Kg (800 gr di carne di manzo e maxi pane al sesamo e insalata) e 400 gr di patatine in soli 25 minuti di tempo, senza alzarsi mai da tavola e senza lasciare nulla nel piatto. Ad attendere chi fallisce o si arrende, lo scontrino della cena, pari a 30 euro. 

    Sfide culinarie estreme: cipolle crude, peperoncini e insetti

    sfida insetti

    Ben Petcharapiracht/shutterstock.com

    Comuni all’Italia e agli Stati Uniti non sono solo le scorpacciate di panini, ma anche quelle, ben più estreme, di peperoncini. Piccanti, ovviamente. Tra gli appuntamenti più attesi tra le sagre di settembre, il Peperoncino Festival di Diamante porta per le strade della provincia di Cosenza tutte le varietà locali della specialità calabrese e ne fa anche materia di sfida. Anzi, di campionato. Sì, perché a Diamante si tiene la finale di una gara che coinvolge tutto il territorio italiano nei mesi precedenti e che si conclude proprio qui, alla presenza dei 5 giudici incaricati di decretare il vincitore: colui o colei (uomini e donne gareggiano insieme) che sarà riuscito a mangiare più peperoncino piccante, servito in porzioni da 50 gr a piatto e con il solo ausilio di pane e olio. Pare che, nel 2017, il laziale Arturo Rencricca sia stato capace di mangiarne addirittura 1 chilo! E gli States non sono da meno in quanto a coraggio: l’edizione 2018 del La Costeña Jalapeño Eating Contest, la competizione dei mangiatori di peperoncino Jalapeño che si tiene in Texas, ha incoronato vincitrice una donna che era riuscita a mangiarne 265 in meno di dieci minuti. 

    Cipolle crude e insetti fritti sono, invece, l’oggetto del contendere rispettivamente di Inghilterra e Cina. Le numerose proprietà della cipolla la renderanno appetibile ai più, ma diciamocelo: l’idea di consumarne una intera, cruda, nel minor tempo possibile, non è certo una proposta allettante. Eppure è quel che accade alla Newent Onion Fayre nel Gloucestershire, dove ogni anno donne e uomini si sfidano a suon di morsi odorosi per ingoiare la loro cipolla cruda gigante (si parla della taglia di una mela) in tempi record (si arriva anche a meno di un minuto). Meno di un minuto è forse anche il tempo di resistenza di molti occidentali davanti allo spettacolo della Bug Eating Contest, la gara di chi mangia più insetti di Lijiang, in Cina. Ciotole piene di insetti commestibili fritti, come locuste, vermi e bachi da seta, vengono divorate da concorrenti fermamente intenzionati a vincere il ricco premio in denaro messo in palio dalla città in questa occasione. L’iniziativa, nata per aumentare l’attrazione turistica del posto, è riuscita nell’intento se si pensa che nel 2017 a guadagnarsi il titolo è stato un uomo di nome Peng, non originario del luogo, che è riuscito a mangiare oltre un chilo della frittura mista… della serie, Hakuna Matata

    Gare di cibo in cui è vietato mangiare 

    Avete presente quando ai bambini si dice che non si gioca col cibo? È un grande insegnamento, che però alcuni adulti paiono essersi dimenticati o che, talvolta almeno, sembrano proprio voler contravvenire. Succede, quindi, che nascano, in tempi più o meno recenti, competizioni in cui gli alimenti sono utilizzati esattamente in quel modo inappropriato che si rimprovera ai più piccoli, tra l’ilarità di chi partecipa e la perplessità, non priva di ragioni etiche, di chi osserva. 

    Tiro all’uovo e altre competizioni con il lancio di cibo 

    sfida uova

    Ian Melvin/shutterstock.com

    Alimento simbolo di protesta per eccellenza, l’uovo ha da sempre un’attrazione particolare per il volo, e non è un gioco di parole. C’è poco da scherzare, infatti, quando si parla della Eggs Throwing World Championship, il campionato di tiro all’uovo che si tiene annualmente a Swanton Morley, un villaggio di un’ottantina di case rosse a nord-est di Londra. Qui la Federazione locale incaricata di portare avanti la tradizione che, leggenda vuole, ebbe origine dall’iniziativa di un prete nel 1322, ha persino tentato invano di far rientrare tra gli sport riconosciuti a livello nazionale anche questa insolita disciplina. Nonostante il tentativo sia fallito, l’appuntamento non smette di esercitare una certa attrattiva coinvolgendo non solo squadre del circondario, ma concorrenti provenienti da paesi come Germania e Giappone. Come in una specie di Olimpiade dell’uovo da lancio, le gare sono in tutto 5:

    • Il tiro dell’uovo a distanze sempre crescenti. Si gioca in squadre da due e l’uovo non deve essere rotto;
    • La staffetta di uova sul posto, in cui gli 11 membri del team devono passarsi una dozzina di uova più velocemente possibile;
    • La catapulta, con marchingegni costruiti dagli stessi partecipanti sulla base di disegni antichi;
    • Il bersaglio, in cui un volontario umano viene colpito dai concorrenti, che guadagnano punti sulla base delle parti del corpo colpite. 
    • La roulette russa di uova che mette a dura prova i nervi dei partecipanti. Questi sono infatti chiamati a coppie a scegliere tra 6 uova, di cui 5 cotte e 1 cruda, e a rompersele sulla testa. Chi trova l’uovo crudo perde ed è costretto a spalmarsi la brodaglia appiccicosa su tutta la faccia. 

    Per i più scettici, una magra consolazione: tutte le uova impiegate devono provenire, per regolamento, da allevamenti biologici con galline allevate libere. 

    Decisamente più impegnative sono invece le gare di lancio della torta di frutta natalizia americana e della torta di crema inglese: la prima nata per dare “dignità” a una delle pietanze che più spesso avanzano dalle feste dicembrine, e la seconda per raccogliere fondi per il paese in cui si tiene (la quota di partecipazione è di 40 sterline). Avrebbe invece un’origine storica, oltre che un forte legame con l’identità locale, il tiro dell’haggis: si tratta di un insaccato scozzese fatto di interiora di pecora bollite che, in occasione di festival e simili ritrovi, fa le veci di una vera e propria palla e viene scagliato da un concorrente all’altro per lunghe distanze (possibilmente senza essere aperto). Proprio come facevano anticamente le mogli dei lavoratori impegnati nelle paludi per fargli arrivare il pranzo. Non si usano le mani, ma la bocca, per il Campionato dello sputo del nocciolo di ciliegia che si tiene in Michigan fin dal 1974: la vittoria, inutile dirlo, va a chi riesce a spedire il “proiettile” il più lontano possibile. 

    Prove di (dubbia) abilità tecnica: dalle ostriche ai fiocchi d’avena

    apertura ostriche

    Larry Zhou/shutterstock.com

    Aprire un’ostrica non è facile. E lo è ancora meno se si è sotto pressione, magari neppure in cucina. È quello che deve aver pensato anche Rudy Guo, l’inventore di una delle gare di cibo più strampalate al mondo: la Great Wall Shuck Off, ovvero la gara di apertura di ostriche che ha luogo sulla Muraglia Cinese. La competizione è piuttosto recente, dato che la prima edizione risale al 2018, quando Rudy decise di personalizzare il format competitivo che, già dagli anni Cinquanta del Novecento, caratterizza questo sport alimentare irlandese. Eppure il successo è stato immediato e conferma la crescente passione dell’Asia per questo tipo di sfide (passione peraltro ampiamente condivisa dall’Occidente, come testimonia anche l’Oyster Festival danese). 

    Correre è invece la parola d’ordine che accomuna, con varie sfumature, tre contest molto diversi tra loro: la Pancake racing (la corsa con il pancake), la Cooper’s Hill Cheese Rolling competition (il rotolamento del formaggio dalla collina) e la Beer Tölt (la birra a cavallo). Inglesi le prime due e islandese la terza, queste sfide sono a dir poco eccentriche. Se la corsa con una padella calda contenente l’impasto per il pancake che deve essere tenuto opportunamente in equilibrio, mentre viene saltato e cotto senza toccare mai il terreno può sembrare strana, quella della rincorsa del formaggio lo è forse ancora di più. Infatti,  a contatto con il terreno sono i suoi partecipanti che, sempre nell’area del Gloucestershire, si ritrovano ogni anno per inseguire, rotolando giù da una collina, ciascuno la sua forma di formaggio, lasciata cadere all’inizio della competizione. Requisito fondamentale per la vittoria: ogni forma deve ritrovare il suo legittimo proprietario a traguardo raggiunto. Sono invece a cavallo i concorrenti della Beer Tölt che, montati sul loro equino islandese il tölt, famoso per l’andatura particolarmente regolare devono compiere il percorso stabilito portando una pinta di birra in mano. Chi ne rovescia meno, ne berrà di più alla fine. 

    corsa pancake

    Padmayogini/shutterstock.com

    Una prova di peso, infine, è quella che si trovano a fare gli iscritti alla Rolling in the Grits Competition di St. George (South Carolina, USA), ovvero alla gara del rotolamento nei fiocchi di avena. Immersi in vasche piene della purea molliccia, devono riuscire a portarne fuori il maggior quantitativo possibile, semplicemente rotolandovisi dentro e cercando di riempire quanti più indumenti per 10 secondi. I concorrenti vengono pesati all’inizio e alla fine della gara e chi pesa di più, in proporzione, vince. 

    Gare di cibo: sì o no? 

    Per quanto spettacolari, tradizionali e anche divertenti, tutte queste gare di cibo non possono fare a meno di sollevare qualche dubbio. Primo fra tutti, quello che riguarda la questione degli sprechi alimentari e l’enorme disparità che ancora oggi si verifica tra popolazioni con accesso a grandi quantità di cibo e intere comunità che soffrono la fame. Non sono poi nuove le giuste preoccupazioni inerenti la salute dei mangiatori professionisti o amatori, e più in generale il messaggio che questo tipo di competizione rischia di dare. Da un lato, equiparare alcune di queste pratiche a degli sport può permettere di conservarne l’eredità e la memoria, oltre che l’esercizio, e di supportare economie locali attirando un turismo di curiosi e appassionati. Dall’altro, però, questo finisce per oggettificare e svilire l’elemento cibo in sé, che perde non solo la sua funzione nutriente primaria con uno squilibrio verso quella, pure presente, di intrattenimento, ma almeno in alcuni casi ne annulla completamente il valore, umano e simbolico che invece ha. 

     

    Voi cosa ne pensate? Conoscevate alcune di queste gare di cibo?

     

    Giulia è nata a Bologna ma geni, pancia e cuore sono pugliesi. Scrive principalmente di tendenze alimentari e dei rapporti tra cibo e società. Al mestolo preferisce la forchetta che destreggia con abilità soprattutto quando in gioco c'è l'ultima patatina fritta. Nella sua cucina non deve mai mancare... un cuoco!

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