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Dieta META: cosa la distingue e quanto è davvero innovativa?

Matteo Garuti
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    Da alcuni mesi la dieta META sta attirando l’attenzione di chi vuole dimagrire in salute, specialmente dopo che una famosa cantante l’ha seguita con buoni risultati. Comprensibilmente, del resto, l’avvicinarsi dell’estate incentiva le persone a rimettersi in forma, anche per lasciarsi alle spalle gli eccessi alimentari che, in molti casi, hanno accompagnato l’isolamento domestico dovuto alla pandemia. Ma quali sono le caratteristiche di questo piano alimentare? Ed è davvero innovativo come viene promosso? Dopo aver parlato di dieta dinner cancelling, per saperne di più abbiamo interpellato il professor Enzo Spisni, fisiologo della nutrizione dell’Università di Bologna.

    Origini e presupposti del metodo META

    Nel vasto panorama dei regimi alimentari orientati alla salute e al dimagrimento, uno degli ultimi trend è il cosiddetto metodo META (Medical education transform action), proposto dalla dietista Monica Germani, che lo applica già da alcuni anni. A contribuire alla sua notorietà è stata la cantante Noemi, che seguendolo ha perso 15 chili e nell’ultimo Festival di Sanremo ha sfoggiato una linea invidiabile.

    metodo meta

    Africa Studio/shutterstock.com

    Come abbiamo visto nei nostri approfondimenti, le vie per rimettersi in forma sono diverse e talvolta addirittura contrastanti per le soluzioni proposte, ma in tutti i casi oltre alla condizione di partenza risultano fondamentali la motivazione personale e la costanza nel perseguire gli obiettivi. In una visione completa e basata sul benessere – lontana da quanto abbiamo visto occupandoci di diete dannose – la perdita di massa grassa è solo uno degli aspetti su cui lavorare. In questo senso, il protocollo META parte dalla personalità più che dal corpo, per ottenere una trasformazione psicofisica duratura. Secondo il metodo di Germani, pertanto, il cambiamento deve essere innanzitutto psicologico, e solo in un secondo momento anche fisico.

    Dieta META: come funziona?

    L’approccio della dieta META, multidisciplinare e profilato in base alle caratteristiche individuali, si avvale della collaborazione con medici di medicina generale, pediatri, endocrinologi, cardiologi, psicologi, psichiatri e gastroenterologi. Questo piano è stato concepito come protocollo medico per le persone in sovrappeso e affette da obesità, per intraprendere un percorso di trasformazione graduale che affronta gli aspetti psicologici dell’obesità. Si parte però dall’accettazione, nel filone body positivity, applicando una rieducazione fisica, comportamentale ed estetica, che mira a cambiare i tratti della personalità del paziente che favoriscono il sovrappeso. Se il taglio delle calorie non è considerato il primo passo per iniziare, la dieta META si propone invece come visione ampia, slegata dagli stereotipi estetici e concentrata sull’equilibrio individuale, considerando appunto l’accettazione del corpo e della propria natura imprescindibile per raggiungere la perfetta forma psicofisica.

    Secondo i propositi di questo metodo, chiunque lo potrebbe intraprendere, con risultati su qualunque livello di sovrappeso, anche grazie all’approccio personalizzato. La dieta META, inoltre, non esclude né preclude nessun cibo.

    Le fasi del metodo

    Il percorso proposto dalla dieta META indicativamente si articola in queste fasi, dove il test metabolico del Dna costituisce un passaggio fondamentale e distintivo.

    Nella diagnosi un’équipe medico-scientifica formata da diverse figure professionali approfondisce le caratteristiche del paziente in base e genoma, aspetti clinici, livello di conoscenza e consapevolezza, rapporto con il cibo e capacità fisica. In questa fase iniziale si cerca di far prendere coscienza al paziente sui suoi punti di forza, superando la percezione del proprio corpo davanti allo specchio, in genere fonte di insicurezza. L’analisi prende in esame lo stile di vita e le attitudini personali dell’individuo, per poter proporre azioni funzionali al piano, ma che non vadano troppo in contrasto con la quotidianità dell’individuo.

    Come accennato prima, la diagnostica si avvale della nutrigenetica, con l’utilizzo del test metabolico del Dna con prelievo di saliva. Ciò permette di analizzare nel dettaglio le peculiarità genetiche rispetto alle intolleranze e di individuare le possibili alterazioni su sistema cardiovascolare, peso, metabolismo, invecchiamento, risposta infiammatoria e salute delle ossa. Il test fornisce informazioni sulla biochimica di ciascun organismo, per valutare quali azioni intraprendere, in base alla predisposizione genetica individuale.

    fasi metodo meta

    kitzcorner/shutterstock.com

    Una volta formulate le indicazioni nutrizionali, profilate in base alle caratteristiche sopra citate, nella verifica del protocollo vengono eseguiti controlli settimanali con la dietista e il gruppo di supporto psicologico, inoltre viene inserito l’allenamento fisico.

    La fase di mantenimento consolida la rieducazione alimentare, con l’obiettivo di rendere autonomo il paziente. Il raggiungimento di un buon equilibrio psicofisico avvia anche una fase dedicata alla cura della bellezza e dello stile personale, con il supporto di esperti consulenti d’immagine, che insegnano a valorizzarsi e a prendersi cura di sé, a tutto vantaggio dell’autostima e dei progressi conseguiti.

    Per rendere il dimagrimento meno difficile da affrontare, un team di chef insegna a cucinare piatti sani ma gustosi, allo scopo di evitare la monotonia e la carenza di piacere per il palato che in genere contraddistingue i piani finalizzati alla perdita di peso.

    Spisni: “Della dieta META sappiamo troppo poco e non possiamo considerarla innovativa”

    Per saperne di più abbiamo coinvolto il professor Enzo Spisni, che ha ridimensionato la dieta META, riconducendola alla consueta pianificazione che i nutrizionisti mettono in atto. “Quando si formula un piano alimentare, dovrebbe essere normale approfondire più aspetti della salute psicofisica, consultando diversi esperti. Tutti i piani ben impostati devono infatti considerare un corretto approccio psicologico, aspetto che quindi non è una prerogativa della dieta META. I nutrizionisti non possono trascurarlo. Infatti, non ci si può limitare a dare una dieta da seguire, ma occorre impostare un programma di educazione alimentare, portando le persone a seguire un percorso che possiamo definire educativo. Questa dieta, quindi, non può essere considerata una novità, e anche la personalizzazione individuale di fatto è un’ovvietà, altrimenti ci si potrebbe limiterebbe al fai-da-te estrapolando informazioni su Internet”.

    Riguardo al metodo diagnostico, il professor Spisni esprime le sue perplessità. “Il test genetico è scientificamente validato, ma ho dei dubbi rispetto sull’utilizzo che se ne fa con questo metodo. Ad ogni modo può essere utile come strumento di prevenzione di medio-lungo periodo. Invece, non utilizzerei mai un test delle intolleranze alimentari come primo approccio, perché è fuorviante in quanto presenta troppi falsi negativi. Tutto il resto, in sostanza, non si discosta dal classico percorso che tutti i bravi nutrizionisti e dietologi seguono e praticano. La notorietà della dieta META è dovuta a testimonial d’eccezione, ma lo stesso è accaduto in passato per tanti altri metodi, che per un certo periodo di tempo sono andati di moda proprio grazie a testimonial famosi”.

    dieta mediterranea

    Antonina Vlasova/shutterstock.com

    Corpo, mente e salute: l’importanza di un approccio psicologico 

    Anche se ci si concentra sull’attenzione della dieta META per la psicologia dei pazienti, Spisni rimarca che non si tratta di un unicum nello studio e nella pratica della nutrizione, perché “se manca un buon approccio psicologico si perdono i pazienti, che non riescono a seguire un regime alimentare quasi sempre più restrittivo. Molti professionisti della nutrizione, peraltro, hanno seguito corsi specifici su questo. Anche noi nel master dell’Università di Bologna in Alimentazione ed educazione alla salute dedichiamo un monte ore a questi argomenti, dei quali si occupa una specialista. Nella loro formazione, quindi, è molto probabile che abbiano approfondito argomenti di tipo psicologico e cognitivo-comportamentale, perché la professione richiede anche queste competenze”.

    Il professore precisa che “la psicologia è fondamentale per sostenere la motivazione dei pazienti, infatti molti nutrizionisti collaborano stabilmente con psicoterapeuti. Io stesso nel mio corso di fisiologia della nutrizione porto una psicoterapeuta, che spiega cosa sono i disturbi del comportamento alimentare. Molte persone sono borderline rispetto a questa sintomatologia, ed è chiaro che non si può prescindere da un approccio psicologico, perché non siamo computer”.

    Le informazioni sulla dieta META scarseggiano

    Rispetto alla pianificazione alimentare della dieta META, Spisni aggiunge che “non viene dichiarato nulla, e questo lascia pensare che non sia previsto niente di particolare o che non si intenda rivelarlo. Se si applicassero le linee guida dell’OMS e il classico modello della dieta mediterranea, saremmo assolutamente nell’alveo del modus operandi di un bravo professionista, a parte l’uso test delle intolleranze. Per fare in modo che un metodo venga seguito e ufficialmente riconosciuto, innanzitutto, lo si dovrebbe diffondere, magari partendo da una pubblicazione scientifica. Ma non è il caso della dieta META, di cui sappiamo ben poco, eccetto alcune informazioni legate soprattutto al marketing. Ad esempio, non sappiamo quasi nulla su cosa proponga in più o di diverso rispetto alle linee guida seguite nella pratica nutrizionistica. Così facendo non si può parlare di scienza, in mancanza di informazioni è molto difficile esprimersi in merito”.

     

    Come sempre, prima di decidere di seguire qualsiasi piano alimentare consigliamo di consultare un medico o un nutrizionista che possa guidare questo percorso, evitando il fai-da-te.

     

    Avete sentito parlare della dieta META?

    Matteo è nato a Bologna e vive a San Giorgio di Piano (Bo), è giornalista, sommelier e assaggiatore di olio d'oliva, ha collaborato con il Dipartimento di Scienze e Tecnologie agro-alimentari dell'Università di Bologna. Per Il Giornale del Cibo si occupa di attualità, salute, cultura e politica alimentare. Apprezza i cibi e le bevande dai gusti autentici, decisi e di carattere. A tavola ama la tradizione ma gli piace anche sperimentare: per lui in cucina non può mancare la creatività, "perché è impossibile farne a meno!"

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