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Ciotto bere e mangiare: il nuovo wine bar di Milano con cucina anticonformista

Giovanni Angelucci
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    Tra le recenti aperture milanesi, comparse sulla piazza meneghina dalla fine della scorsa estate, merita la visita (ripetuta) la nuova insegna Ciotto. Un luogo in cui bere, cenare, godersi l’aperitivo. Un wine bar con cucina, potremmo definirlo, un locale a cui l’etichettatura va stretta, come a chi lo ha creato, un gastronomo giapponese, Gen Ohhashi (che nella propria formazione conta anche gli studi all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo), per cui conta solo il rispetto della qualità.

    Preparatevi ad assaggiare (a partire dall’aperitivo) orecchie di maiale, cuore di vitello, spiedini di fegato, perché c’è tanta propensione all’uso delle frattaglie; ricette certamente non convenzionali, ma che in realtà riprendono molto la tradizione di una volta. A pochi mesi dall’apertura, Ciotto a Milano fa divertire e sazia! 

    Mangiare da Ciotto: perché questo nome?

    ciotto milano nome

    “Si scriverebbe chotto, però questa regola vale solo per il carattere giapponese in alfabeto; ho quindi preferito usare ‘ciotto’, ma in ogni caso il nome rappresenta la mia cultura giapponese, ed è usata in varie occasioni – afferma il giapponese, innamorato della cucina. – Mi piace il suo suono, ho pensato che anche per gli italiani fosse facile da pronunciare. Il significato principale è poco, un attimo”. Poco sì, ma buono, come il menù essenziale che fa tanto divertire, un numero ristretto di coperti (una trentina) per un’esperienza lontana dalla calca, poco come forma mentis di Gen, agli antipodi del consumismo. 

    Prima bere, poi mangiare: cos’è davvero Ciotto?

    Alla domanda sulla tipologia di ristorante a cui pensava quando ha deciso di aprire Ciotto, Ohhashi risponde: “Non ho mai pensato a un ristorante, ho voluto creare un posto dove si beve bene e si mangia bene. Infatti ho scritto prima ‘bere’ e poi ‘mangiare’. I protagonisti devono essere produttori, agricoltori, cacciatori, pescatori, contadini, vignaioli, artigiani. Noi li rispettiamo e presentiamo il loro lavoro facendone conoscere l’importanza. Nel mio piccolo, vorrei far capire alla gente il valore di queste persone”.  

    La filosofia di Ciotto bere e mangiare

    ciotto milano piatto

    “In cucina, rispettando la stagionalità e la tradizione, utilizziamo i materie prime povere come pesce azzurro, quinto quarto e prodotti ormai dimenticati quali le erbe di campo e alcune verdure, quando sono disponibili e tramite il contatto stretto con i produttori. Lavoriamo tanto nella preparazione, perché questo tipo di prodotti richiede grandi attenzioni: vorrei trasmettere ai miei clienti il pensiero su cui si fonda il mio lavoro, ovvero che tutto ciò che mangiamo vive e ha un’anima. Rispettare e non sprecare è il minimo (e il massimo) che possiamo fare. Dobbiamo scegliere di servire determinati piatti, secondo me, questo riassume il concetto che ho appena espresso”. Va da sé, quindi, che vengono utilizzati soprattutto prodotti locali e italiani (spesso biologici e da allevamenti etici e da amici produttori dei Gen), altri invece fondamentali per arricchire i piatti sono importati ma limitati. 

    L’approccio giusto, oltre le mode del quinto quarto

    ciotto milano bruschette

    Gen racconta che quando oggi pensiamo alla carne, immaginiamo soltanto il filetto o la bistecca. Questo perché siamo abituati a mangiare soprattutto questi tagli che sono facili da cucinare, ma così facendo ci si allontana dalla cultura dell’usare e consumare le parti povere. “Immaginiamo quante ore erano necessarie una volta per cucinare e per usufruire dell’intero ‘frutto della natura’. Oggi la parte che non utilizziamo troppo spesso viene scartata e data addirittura agli animali, con tutta una serie di problemi connessi come caso della mucca pazza”. Ecco quindi che dalla cucina arriva una gran bella selezione di fegatini cotti alla giapponese in soia e zucchero, bruschette su pane tostato con cuore di vitello, lingua di manzo grigliata, frattaglie dall’alta godibilità. Ma anche diverse gustose paste come quella aglio, olio e peperoncino con veli di katsuobushi (si ottiene grattugiando in piccoli fiocchi i filetti di tonno essiccato, fermentato e affumicato). 

    L’importanza di bere

    ciotto milano vini

    Ci sono pochi posti dove trovare vini e birre di qualità (oltre che sidro, sake, amari) insieme. Ma soprattutto, spesso nei locali che fanno una buona mescita non c’è una cucina vera quindi viene servita una proposta semplice fatta di taglieri di salumi e formaggi. Mentre dove la proposta gastronomica è degna di nota, quindi un ristorante vero e proprio, a volte si trovano anche etichette di valore, ma in questo caso non si va soltanto per bere e/o stuzzicare qualcosa di valido in accompagnamento. “Volevo creare un posto dove si possa passare il tempo da soli o in compagnia bevendo un buon calice, e volendo, assaggiando piatti fatti come si deve” – afferma Gen -Quindi Ciotto è un posto dove si può fare un aperitivo, una cena e anche un dopo cena. 

    Chi cucina da Ciotto?

    ciotto milano pasta

    È Tito Di Silvestro, chef autodidatta, un giramondo, a occuparsi della cucina. Cucinare lo rende felice e alle spalle ha numerose tavole e ricette testate di diverse origini. Sposa bene la filosofia di Gen, perché ama lavorare anche le parti meno pregiate degli animali e tutti gli ingredienti che stanno scomparendo. I due sono ancora in fase di rodaggio, ma al momento un’idea è più che precisa: nessun menù convenzionale con ordini precisi ma diversi piatti per conoscere la mano di Tito e il pensiero nipponico di Gen. Per aiutare un po’ il cliente nella scelta vengono usate le voci “bruschette”, “un po’ più ma un po’ meno”(cioè dei piattini dalle quantità contenute), “carboidrati” a base di pasta, “proteine” soprattutto di carne, “liquidi” (zuppe che ruotano) e “zucchero” (dolci). 

    Non solo cena ma anche aperitivo:, qual è la formula di Ciotto?

    piatto ciotto milano

    “Non esiste una formula particolare – afferma Gen. – Bevi quello che ti piace e ordini ciò che vuoi mangiare tra le proposte del nostro menù. Ma se è di aperitivo che parliamo, allora vanno per la maggiore bruschette e piattini”, insieme alla proposta vino-birra di cui si occupa Gen in persona, profondo conoscitore della dimensione enologica. “I vini sono solo naturali, non mi interessa se sono certificati o meno, e le birre esclusivamente artigianali. Inoltre servo solamente le etichette di chi conosco personalmente!” 

    Il futuro di Ciotto? 

    Interpellato sul futuro del suo locale, Gen confessa: “Non so come rispondere, spero di continuare a fare quello che mi piace e di mantenere la mia filosofia: rispettare la natura e chi suda per farci bere e mangiare. Vorrei che Ciotto diventasse una posto dove la gente passi del tempo piacevole senza sentire il trambusto urbano, bevendo e mangiando. Il vero protagonista di Ciotto è chi si sporca le mani stando nella natura e quindi è la natura stessa. Vorrei lasciare l’importanza di questo significato a chi viene nella mia casa”.

     

    E voi siete già stati da Ciotto?

    Giornalista e gastronomo, collabora con numerose riviste e quotidiani che si occupano di cibo e viaggi tra le quali spiccano La Stampa, Dove e la Gazzetta dello Sport. I suoi piatti preferiti sono gli arrosticini (ma che siano di vera pecora abruzzese) e gli agnolotti del plin con sugo di carne arrosto. Dice che in tavola non può mai mancare il vino (preferibilmente Trebbiano Valentini o Barbaresco Sottimano).

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