Volontari ad Expo

“Lavoro gratuito” ad Expo: parola ai volontari

Adriana Angelieri

È accettabile che un’organizzazione come quella di Expo sia avvalga del lavoro di volontari non pagati? La questione non poteva che dare adito a inarrestabili polemiche in una nazione come l’Italia, che ha tra le sue principali emergenze quella della “disoccupazione giovanile”.
Qualcuno si è perfino chiesto se il volontariato per Expo s.p.a., che non è un’organizzazione senza scopo di lucro e a fini di solidarietà, fosse costituzionalmente permesso.

Noi ci siamo posti di fronte al problema utilizzando un punto di vista differente. La domanda che ci siamo fatti è: cosa spinge i giovani a prestare un servizio gratuito per l’Esposizione universale? Quali le loro motivazioni  e le loro aspirazioni? Lo abbiamo chiesto ad una di loro: si chiama Alba C., ha 24 anni e studia Allevamento e Benessere Animale, una laurea triennale in veterinaria all’Università di Milano. A colpirci è stato il suo entusiasmo di fronte alla prospettiva di contribuire alla riuscita dell’evento.

Polemiche a parte, dunque, i volontari ad Expo  sembrano essere tra quelli che credono di più nell’importanza del loro lavoro…

Volontari ad Expo

[Fonte immagine: expo2015notizie.it]

Per quali motivi hai deciso di fare la volontaria ad Expo?

Mi piace interpretare la mia partecipazione ad Expo come un viaggio nel mondo attraverso il cibo. Penso che si possa conoscere molto di un paese straniero attraverso le abitudini alimentari della sua popolazione. Penso che l’idea alla base di Expo, il suo tema, sia molto interessante, quindi ho voluto anche io dare il mio contributo alla buona realizzazione dell’evento. Inoltre, all’Università sto studiando sicurezza alimentare e alimentazione animale: quindi per me fare volontariato ad Expo potrebbe anche essere un’occasione per mettere in pratica quello che ho studiato, conoscere gente che lavora quotidianamente in questo ambito e, perché no, magari fare qualche conoscenza che possa essermi utile per un futuro professionale nel campo della sicurezza alimentare. Il volontariato ad Expo mi permetterà anche di praticare l’inglese, attività sicuramente utile per i giovani che potrebbero un giorno andare a lavorare o a studiare all’ estero. Inizialmente avevo pensato di fare lo stage in Expo, ma questo dura sei mesi, è un impegno full time che, a pochi mesi dalla laurea, non mi sono sentita di prendere.

Cucina internazionale ad Expo

Il volontariato ad Expo richiede minore impegno rispetto alla stage?

In termini di tempo, sicuramente. I volontari prestano servizio per un totale di 30 giorni, divisi in due sessioni da 15 giorni nell’arco dei sei mesi, per 4 ore al giorno. Io avevo scelto di fare volontariato i primi 15 giorni e gli ultimi 15, così da essere presente nei due momenti clou dell’esposizione universale: l’inizio, quando le aspettative sono più alte, quando bisognerà rimboccarsi le maniche, ma anche il momento più entusiasmante; e la fine: il momento della verità. Purtroppo, ho dovuto ritirare la mia candidatura per l’ultimo periodo per ragioni non collegate ad Expo.

Vorrei che mi parlassi del percorso che hai seguito per diventare volontaria.

Essere un volontario di Expo non è una cosa così automatica e facile come si potrebbe pensare. Non basta dare la propria disponibilità, bisogna seguire un corso di formazione on-line, superare un test finale e poi fare un colloquio orale, durante il quale bisogna anche dimostrare la buona conoscenza almeno dell’inglese. La selezione non è stata semplicissima, dopo averla superata sono previsti ulteriori momenti di formazione per i volontari.

Il primo a cui ho partecipato si è svolto ad Expo Gate. È stato un momento interessante e istruttivo di orientamento e sensibilizzazione sulle problematiche legate al cibo, come l’obesità e la malnutrizione, ma anche sui meccanismi del commercio internazionale fra i paesi in via di sviluppo e i paesi industrializzati, le questioni legate allo scambio fra materie prime e prodotti manufatti.

Quali saranno le tue mansioni ad Expo?

Ad Expo, i volontari saranno il tramite fra i visitatori e gli organizzatori. Noi volontari dovremmo ovviamente conoscere la piantina di Expo a memoria ed essere pronti a dare indicazioni ai turisti:  dobbiamo essere informati e in grado di rispondere ad ogni domanda ci venga posta riguardante il tema di Expo, i padiglioni, il sito espositivo, i cluster… Ecco perché secondo me la formazione on-line e la selezione, ancora in corso, è necessaria. I volontari non sono uno strumento passivo, ma il loro lavoro deve e può dare un contributo qualitativo alla buona riuscita di Expo.

Expo 2015


Alba, tu hai fatto parte dei 25 volontari che sono stati selezionati per andare al Quirinale a novembre a presentare Expo all’ex Presidente della Repubblica Napolitano.

Si! Mi sono sentita molto onorata di aver fatto parte di questo ristretto gruppo. La gita a Roma è stata un’esperienza elettrizzante. Non solo ho conosciuto altri volontari, di ogni età e provenienza, con i quali ho stretto un rapporto e con cui sono ancora in contatto, ma ho anche avuto la possibilità di visitare il Quirinale e vedere di persona Napolitano…e non è una cosa da poco!

Qual è il profilo del volontario medio?

Non c’è un volontario medio. Per quanto riguarda l’età si va dai ventenni ai settantenni in pensione; alcuni si sono presi addirittura le ferie da lavoro per fare volontariato ad EXPO. Anche la provenienza è la più diversa: ci sono volontari dalla Val d’Aosta alla Sicilia. Penso che questa varietà sia molto bella e rappresenti anche un punto di forza per Expo.

Intervista di S.L.

Siciliana trasferita a Bologna per i tortellini e per il lavoro. Per Il Giornale del Cibo revisiona e crea contenuti. Il suo piatto preferito può essere un qualunque risotto, purché sia fatto bene! In cucina non devono mancare: basilico e olio buono.

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