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Vitamina C: una carenza prolungata può far ammalare di scorbuto?

Matteo Garuti

La vitamina C è un nutriente indispensabile, peraltro accessibile, perché contenuto in una vasta gamma di vegetali. Due ricerche recenti, tuttavia, parlano di una nuova diffusione dello scorbuto, una malattia quasi dimenticata, causata da una grave carenza di questa vitamina. Trattiamo spesso l’alimentazione in relazione alla salute, come nel caso dei nostri articoli sull’immunonutrizione e sulla dieta anti-cancro che mima il digiuno. Questa volta approfondiremo i possibili rischi dovuti a una carenza di vitamina C, che come vedremo non sono da sottovalutare.

Vitamina C: perché è indispensabile?

La vitamina C, o acido l-ascorbico, è un nutriente essenziale per l’essere umano, che a differenza della maggior parte dei mammiferi non è in grado di sintetizzarla. Questa vitamina, che non può nemmeno essere immagazzinata a lungo termine dall’organismo, deve quindi essere assunta regolarmente con l’alimentazione. Si tratta di una sostanza idrosolubile che assolve un’ampia gamma di funzioni fondamentali per l’organismo umano, classificabili in tre categorie principali: antiossidante, metabolica, e immunitaria. Fra le tante cose, anche la corretta produzione del collagene, dei tessuti ossei e della dentina dipende da questa sostanza. La vitamina C è particolarmente “fragile”, infatti può deteriorarsi facilmente se gli alimenti subiscono cotture prolungate o un contatto protratto molto a lungo con l’aria e la luce.

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La dose minima

A livello internazionale, non esiste un valore universale riconosciuto come dose giornaliera consigliabile di vitamina C. Se è bene non scendere mai al di sotto dei 10 milligrammi giornalieri, le indicazioni sono diverse. Possiamo riportare il valore raccomandato dall’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS), che è di 45 milligrammi al giorno. È bene sottolineare che bisogna evitare i sovradosaggi di vitamina C, che possono essere nocivi, oltreché inutili.

Dove trovare la vitamina C?

La vitamina C, fortunatamente, è presente in moltissimi alimenti, in particolare nei vegetali. Come detto, per preservarla è sempre preferibile consumare frutti e verdure crudi. Il contenuto di questa sostanza può variare in base al livello di maturazione, al tipo di conservazione e al trattamento subito dall’alimento. In linea di massima, la vitamina C è contenuta maggiormente nei vegetali dal gusto acidulo. Ecco una classifica dei vegetali consumabili crudi che ne contengono di più.

  1. Succo d’uva, 340 mg ogni 100 g
  2. Peperoncini piccanti, 229 mg ogni 100 g
  3. Ribes, 200 mg ogni 100 g
  4. Peperoni rossi e gialli, 166 mg ogni 100 g
  5. Prezzemolo, 162 ogni 100 g
  6. Rucola, 110 mg ogni 100 g
  7. Kiwi, 85 mg ogni 100 g
  8. Lattuga, 59 mg ogni 100 g
  9. Clementine, 54 mg ogni 100 g
  10. Fragole, 54 mg ogni 100 g
  11. Arance, 50 mg ogni 100 g
  12. Limoni, 50 mg ogni 100 g

medici

Le ricerche ci avvertono sulla carenza di vitamina C

Come detto poc’anzi, la vitamina C è un nutriente molto facile da reperire, in quanto contenuto in moltissimi vegetali di larga diffusione. Due recenti ricerche in ambito medico, tuttavia, presentano dati inquietanti e quasi sbalorditivi, che fanno riflettere sulle possibili conseguenze dovute a un’alimentazione scorretta.

Uno studio australiano del 2016, pubblicato sulla rivista scientifica Diabetic Medecine, ha analizzato 11 casi di scorbuto – un’antica malattia da malnutrizione, causata da una forte carenza di vitamina C – diagnosticati su pazienti diabetici, che seguivano alimentazioni evidentemente poverissime di vegetali. È bene precisare che i casi verificati interessavano individui che non versavano in condizioni particolarmente disagiate ed erano inseriti in società del mondo occidentale contemporaneo.

Situazioni simili sono state registrate anche in Francia, dove uno studio coordinato da Simon Parreau e realizzato presso il Centro ospedaliero universitario di Limoges ha riscontrato 10 casi di scorbuto su 63 individui con carenza di vitamina C. Nel 2013 un’altra ricerca francese, realizzata da Olivier Fain per l’Università di Parigi e pubblicata su Médecine thérapeutique, aveva trattato dettagliatamente il problema della ricomparsa dello scorbuto.

Queste ricerche, pur presentando dati numerici limitati, sono emblematiche e puntano l’indice contro le derive pericolose ascrivibili a stili alimentari scorretti e squilibrati. La diffusione di queste abitudini fra la popolazione benestante del mondo occidentale può causare il paradosso del manifestarsi di una patologie dimenticata come lo scorbuto, tipica delle situazioni di disagio economico-sociale del passato.

Che cos’è lo scorbuto?

scorbuto

Dopo aver chiamato in causa una malattia che sembrava davvero dimenticata, è utile dire qualcosa in più sullo scorbuto. Questa patologia, appunto causata da una grave carenza di vitamina C, è conosciuta fin dall’antichità e un tempo era diffusa soprattutto fra i marinai, che non avevano la possibilità di approvvigionarsi di vegetali freschi.

Basterebbero tre mesi senza vitamina C per sviluppare lo scorbuto, che causa un forte deperimento fisico, accompagnato da emorragie, ulcere della cute, danni agli organi interni, dolori articolari e problemi di cicatrizzazione. La malattia colpisce tipicamente i denti, fino a provocarne la caduta, e le gengive, che in genere si irritano e sanguinano. Nei casi più estremi lo scorbuto può anche portare alla morte.

La scoperta della vitamina C è il frutto della lotta allo scorbuto, avviata metodicamente fin dal Settecento. Solo negli anni Trenta del Novecento, però, il composto antiscorbutico venne isolato e denominato vitamina C.

Dopo questo approfondimento sulla vitamina C e sui rischi determinati dalla sua carenza, può essere interessante leggere i nostri articoli sulla possibilità di “curarsi” con l’alimentazione, sugli alimenti benefici per il cervello e sulla dieta anti-cancro che mima il digiuno.

 

Fonti:
Diabetic Medecine
Médecine thérapeutique
OMS
USDA – Food Composition Database

Matteo è nato a Bologna e vive a San Giorgio di Piano (Bo), è giornalista, sommelier e assaggiatore di olio d'oliva, ha collaborato con il Dipartimento di Scienze e Tecnologie agro-alimentari dell'Università di Bologna. Per Il Giornale del Cibo si occupa di attualità, salute, cultura e politica alimentare. Apprezza i cibi e le bevande dai gusti autentici, decisi e di carattere. A tavola ama la tradizione ma gli piace anche sperimentare: per lui in cucina non può mancare la creatività, "perché è impossibile farne a meno!"

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