vincenzo liccardi

Crisi della ristorazione: intervista al Restaurant Coach Vincenzo Liccardi

Angela Caporale

In soli quattro anni, tra il 2011 e il 2015, il numero di imprese legate al settore della ristorazione e della caffetteria in Italia è aumentato del 10%, raggiungendo quota 367mila attività distribuite in tutto il Belpaese. Tuttavia il quadro non è così roseo perché, secondo quanto registrato da un’indagine di Unioncamere-Infocamere, il 45% dei locali è costretto a chiudere a 3 anni dall’apertura, un dato che cresce ulteriormente a cinque anni dall’inaugurazione: infatti, sopravvive solo un’impresa su tre.

Per comprendere quali sono le ragioni di questa crisi della ristorazione italiana che cresce, ma non sembra essere capace di garantirsi una sopravvivenza di successo, abbiamo incontrato Vincenzo Liccardi, presidente della FIMAR, Federazione Italiana Manager della Ristorazione e Restaurant Coach. Quali sono, dunque, gli errori più comuni che i neo ristoratori tendono a fare e come evitarli?

Chi sono i nuovi ristoratori?

giovani ristoratori

Non tutte le imprese hanno lo stesso destino. Infatti, come evidenzia sempre Unioncamere-Infocamere, nelle grandi città come Milano, Roma, Napoli e Firenze bar e ristoranti sopravvivono più a lungo. In particolare, nel capoluogo toscano ben il 57% dei ristoranti è ancora in attività dopo cinque anni, mentre nelle capitale sono i bar ad avere maggior successo.

Esistono, in generale, alcune differenze tra le varie regioni d’Italia. “Al Nord, spiega Liccardi, spesso i ristoranti vengono avviati da una cordata di imprenditori già attivi in altri settori. La difficoltà che possono trovare è quella di non avere esperienza specifica. Al Sud, invece, aprire un ristorante o un bar viene spesso vista come un’opportunità di auto-impiego.” Il rischio, in questo caso, è l’assenza di una solida preparazione che includa tutti gli aspetti della gestione di un’attività commerciale, dalla cucina al marketing.

Infatti, ciò che Liccardi rileva sempre più spesso è che molti degli aspiranti ristoratori hanno un background nell’ambito della cucina: “capita che molte persone, dopo aver seguito uno dei tanti corsi o master, nati in Italia anche sulla scia dei vari programmi televisivi, si sentano pronte ad aprire un ristorante, dimenticando che saper preparare un buon piatto da offrire al cliente è solo una parte del lavoro.”

Entrare nel mondo della ristorazione oggi, dunque, richiede un percorso complesso e un’attitudine imprenditoriale, tuttavia fortunatamente abbiamo l’opportunità anche di imparare dagli errori commessi da altri, traendone dei preziosi consigli.

Vincenzo Liccardi: ecco gli errori più comuni quando si apre un ristorante

vincenzo liccardi

Non specializzarsi

“Innanzitutto, spiega il restaurant coach, c’è una distinzione importante tra le imprese che sopravvivono e quelle che falliscono: chi sceglie di inserirsi in un mercato specifico, ad esempio una pizzeria che impiega farine alternative oppure un’attività monoprodotto, ha più chance di chi investe in un multi-business, come un ristorante-pizzeria che tende a proporre tutto a tutti.” Ciò che può fare la differenza è la capacità di attirare l’attenzione del cliente e sollecitare dei bisogni specifici, impresa quasi impossibile con una proposta molto generica.

Partire senza un progetto chiaro

Un secondo errore che in molti fanno, secondo Vincenzo Liccardi, è la mancanza di un progetto chiaro sin dall’inizio: “in molti tendono a non definire la propria identità e quella del proprio locale sin dalla progettazione della futura impresa. È necessario rifletterci a lungo perché, per avere successo, è cruciale oggi uscire dalla massa e proporre al cliente qualcosa di unico e coinvolgente”.

Fare tutto da soli

Per realizzare tutto ciò è normale che il ristoratore possa avere bisogno di un supporto professionale. “Spesso si pensa che la sola passione sia sufficiente ad entrare in questo mercato, riflette il restaurant coach, ma in realtà non basta. Un errore che molti fanno, a proposito, è non coinvolgere dei professionisti nella progettazione dell’impresa di ristorazione.”
Se la passione non basta e saper cucinare è una caratteristica fondamentale, ma non sufficiente, a che risorse deve attingere l’aspirante ristoratore per avviare la propria attività?  

Aprire un ristorante: che strumenti utilizzare?

aprire ristorante

Non è la prima volta che ci occupiamo di questo argomento, già affrontato da Giuliano Gallini nei suoi consigli per aprire un ristorante, così come con il dottor Luciano Sbraga del FIPE abbiamo riflettuto sui nuovi trend della ristorazione. In questa occasione vogliamo concentrarci sugli strumenti tecnici che possono essere messi a disposizione del ristoratore per curare e preparare al meglio la propria impresa.

Usare un business plan semplice

“Se pensiamo alla mancanza di una visione chiara dal principio, spiega il dottor Liccardi, la soluzione è nella pianificazione di un business plan organico e ben pianificato. Dal mio punto di vista, consiglio il Restaurant Business Model Canvas: semplice e a forte impatto visivo, lo preferisco perché è alla portata di tutti e si può appendere al muro, tenendo così costantemente sotto controllo l’evoluzione dell’azienda.”

Investire sulla comunicazione, anche social

Un altro ambito da non sottovalutare per chi vuole aprire un ristorante o una caffetteria è la comunicazione. Nel 2017, secondo il restaurant coach, è importante tanto quanto la cucina o il servizio in sala: “un’attività non può entrare nel mercato senza una strategia di marketing e comunicazione solida. Dobbiamo pensare a tutte quelle cose che in un ristorante vengono fatte, dandole per scontate, mentre il cliente non lo sa. L’obiettivo è far emergere proprio quelle peculiarità, mettendo in luce quello che fai, perché lo fai e come lo fai.

Conseguenza di questo approccio è la possibilità per il ristoratore di stabilire una vera e propria connessione diretta, attraverso i social media per esempio, con il proprio cliente. “Questa relazione, spiega Liccardi, è lo strumento ideale da usare affinché le persone si leghino alla mia attività: più scelgo di investire sullo scambio di informazioni in trasparenza, più il cliente si avvicina alla mia realtà, ne può comprendere e condividere la visione e, di fatto, fidelizzarsi.”

Non ignorare le recensioni negative

Comunicare in maniera efficace con i propri clienti significa anche confrontarsi regolarmente con le recensioni pubblicate sul web. Il consiglio del restaurant coach è di tenerle tutte in considerazione, sia le positive che quelle negative. “Può sicuramente capitare che qualche stoccata pungente provenga da qualche concorrente, riflette Liccardi, ma in generale dobbiamo usare comunque tutte le recensioni negative come uno stimolo. Se abbiamo sbagliato qualcosa, anche con un solo cliente o una sola sera, dobbiamo ugualmente interrogarci sul perché è successo.”

La filosofia promossa è, dunque, quella del miglioramento costante e continuo, attraverso un percorso di riflessione ed analisi che non conosca pause. “Del resto, conclude Vincenzo Liccardi, senza un feedback da parte del cliente, è impossibile innescare alcun tipo di miglioramento della mia realtà.” E il rischio è proprio quello di trovarsi a chiudere la propria attività anzitempo.

Tuttavia, oltre ad un solido business plan e ad una altrettanto efficace strategia di comunicazione, l’aspirante ristoratore può rivolgersi anche ad alcune figure di esperti del settore che possono supportarlo durante l’avvio o il mantenimento dell’attività. In questo contesto si colloca il Restaurant coaching, una professione nuova che nasce proprio per rispondere a queste difficoltà del sistema della ristorazione.

Restaurant coach, una nuova figura a fianco del ristoratore

nuovi ristoranti

Vincenzo Liccardi è il primo restaurant coach italiano e ci racconta com’è nata questa professione: “Da oltre 20 anni mi occupo di restaurant management e offro consulenze nel settore, con particolare attenzione al marketing dell’azienda. Ad un certo punto ho percepito, da un lato, una mia esigenza di crescita professionale e, dall’altro, la richiesta da parte del cliente di sempre più nozioni ed informazioni per valorizzare la propria attività.” Il punto, sempre secondo il restaurant coach, è che il mercato contemporaneo non richiede semplicemente che il prodotto proposto sia di qualità, ma che anche la personalità di chi lo presenta abbia un valore di per sé.

Di qui l’unione tra la figura del consulente manageriale con quella del coach, ovvero l’allenatore che, attraverso un rapporto di fiducia con l’imprenditore e con il suo staff, riesce a fornire gli strumenti utili a migliorare le performance. “Sono convinto, spiega Liccardi, che il successo e la sopravvivenza della propria attività siano legati strettamente allo sviluppo delle persone che ne sono parte, per questo il restaurant coaching utilizza anche i modelli delle scienze neurocognitive per far crescere individualmente tutti i componenti dell’azienda.”

Il Restaurant coach viene, dunque, contattato dall’azienda dove può occuparsi di una consulenza con la dirigenza oppure avviare alcune attività con l’intero staff. In generale, si tende ad agire su due piani: da un lato, vengono forniti strumenti innovativi per migliorare la produttività dell’impresa, dall’altro, viene proposto un lavoro sulle convinzioni e sugli atteggiamenti di tutti gli attori che partecipano all’impresa di ristorazione. “Le ultime novità nell’ambito del management, del marketing, del branding che già di per sé funzionano, se associate al miglioramento della persona che deve utilizzare poi concretamente questi strumenti, ci danno la fusione vincente e garantiscono all’attività, alla caffetteria, al ristorante, di sopravvivere.”

Una strategia che, dunque, combina la passione, gli elementi del coaching psicologico e l’innovazione manageriale sembra quella giusta per contrastare questa debolezza del sistema ristorazione. Se siete ancora curiosi, vi consigliamo di continuare la lettura con questo approfondimento dedicato alle cose da sapere prima di aprire una caffetteria, e se avete ancora qualche curiosità, lasciateci un commento!

Passaporto friulano e cuore bolognese, Angela vive a Udine dove lavora come giornalista freelance. Per Il Giornale del Cibo scrive di attualità, sociale e food innovation. Il suo piatto preferito sono i tortelloni burro, salvia e una sana spolverata di parmigiano: comfort food per eccellenza, ha imparato a fare la sfoglia per poterli mangiare e condividere ogni volta che ne sente il bisogno.

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