Suino Cinta Senese Biologico

Adriana Angelieri
un maiale si abbeveradi Martino Ragusa.Davide Bochicchio è un medico veterinario che attualmente gestisce come partner italiano un progetto di ricerca europeo sull’allevamento del suino biologico. Con lui sono stato in Toscana dove abbiamo visitato due allevamenti di maiali “Cinta Senese” Biologici allo stato brado. L’ho intervistato per i lettori del Giornale del Cibo.

Davide BochicchioMartino: Siamo ormai abituati ai vegetali biologici (verdure, ortaggi, frutta) meno agli animali biologici. Cos’è un suino biologico? In cosa si differenzia da un suino comune? Come vive, cosa mangia, quanto vive, come lo si cura?
Davide: In effetti è molto più facile imbattersi in vegetali biologici piuttosto che in carne biologica, anche se sono anni che possiamo trovare formaggi biologici (quindi prodotti da animali biologici). La carne di suino biologico è ancora “più rara”, gli allevamenti non sono tanti e spesso hanno mercati particolari: uno locale, la maggior parte dei produttori ha un fortissimo legame con il territorio, razze autoctone e salumi con ricette locali; e un altro estero o nazionale di alto livello, vista la qualità e il costo dei prodotti. Tornando alla tua domanda, un suino certificato biologico è un animale allevato secondo il regolamento n. 834/2007 relativo alla produzione biologica, il primo regolamento in materia di biologico risale al 1991, anche se per l’allevamento del suino si dovrà aspettare fino al regolamento comunitario 1804/1999. Per cui ufficialmente da quell’anno si hanno i primi suini bio, ma in realtà conosco allevatori che hanno cominciato prima dandosi personali regole, naturalmente senza avere il riconoscimento ufficiale.

suini liberi allo stato semi-bradoMartino: Quali sono i vantaggi del consumo di carne di suino biologico?
Davide: In generale gli alimenti biologici, vegetali e animali, sono caratterizzati dall’assenza di residui di molecole farmacologiche. Gli animali inoltre devono essere allevati in condizioni diverse da quelli allevati in modo convenzionale, gli spazi a loro disposizione devono essere maggiori, l’alimentazione deve essere biologica e deve provenire almeno in parte dal comprensorio di appartenenza dell’allevamento, solo per fare alcuni esempi. La maggior parte degli allevatori di suini biologici che conosco va ben oltre, non si accontenta di “aumentare gli spazi a disposizione” (il regolamento del Biologico impone il raddoppio degli spazi a disposizione rispetto all’allevamento convenzionale e l’utilizzo di una zona all’aria aperta), ma spediscono gli animali nei pascoli e nei boschi cambiando completamente tutti i parametri di allevamento.

un maiale si aggira allo stato semi bradoQuesta tecnica si chiama “allevamento semi brado”: l’animale ha a disposizione grandi spazi per muoversi liberamente ed è in grado di integrare, anche in modo consistente, la sua dieta con ciò che trova nel bosco e nel prato, erba, ghiande, castagne, funghi ecc. Questo però implica una dilatazione dei tempi di allevamento, in pratica, con tutto il movimento che fa e il fatto che vive tutto l’anno all’aperto (ha comunque la sua casetta nel bosco, ma non è riscaldata) implica un dispendio energetico enorme, per cui molta parte dell’alimento che ingerisce viene utilizzato per queste attività e non per “mettere su” muscoli e grasso come farebbe un suino allevato con metodo convenzionale, incapace di fare un passo e mantenuto al caldo per tutta la sua breve e triste vita.

Vuoi sapere quanto vive un suino allevato con metodo convenzionale? Nove mesi e viene macellato a circa 160 Kg. Vuoi sapere quanto vive per esempio un suino cinta senese allevato nel bosco? Dai 15 ai 24 mesi e viene macellato a circa 120 kg. Certo pensandoci dispiace pensare che alla fine li dobbiamo macellare in entrambi i casi, ma del resto meglio una vita “lunga” e felice che una breve e triste. Inoltre come mi ha detto un allevatore una volta: una razza locale esiste solo se esiste qualcuno che se la mangia, e più ci penso più realizzo che questa sia una verità da accettare. In alternativa si può diventare vegetariani, scelta a mio avviso lodabile.

Martino: Sono solo le razze autoctone ad essere allevate con criteri biologici o anche le internazionali?
Davide: Qualsiasi razza può essere allevata con metodo biologico, alcuni allevatori utilizzano razze bianche come la large white o ibridi, animali in grado di crescere molto rapidamente e dare alla luce molti suinetti ad ogni parto, le carni di questi animali sono spesso, ma non sempre, più magre e più muscolose di quelle delle razze autoctone. Le razze locali (o autoctone) rappresentano più della metà della produzione biologica nazionale, tra queste la Cinta Senese è sicuramente la più rappresentata, anche se ci sono allevamenti di Mora Romagnola e di Casertana. Queste razze sono più piccole e meno prolifiche delle razze bianche ma sono più adatte alla vita nei boschi e in zone accidentate, già perché una caratteristica dei nostri allevamenti biologici è quella di essere in zone marginali spesso, per non dire sempre, montane o collinari dove la terra costa meno ed è più difficile coltivarla.

una capannetta creata per dare rifugio ai maialiMartino: Qual è la percentuale di suini biologici rispetto ai convenzionali?
Davide: In Italia secondo le statistiche del Ministero delle politiche agricole e forestali nel 2007 sono stati allevati meno di 27000 capi che rappresentano meno dello 0,3% della produzione italiana di suini.

Martino: Come è messa l’Italia rispetto a l’Europa?
Davide: In Italia la situazione è abbastanza strana (ti pareva), nonostante la domanda in aumento la produzione è in calo e non si conosce bene il numero di allevamenti di suini biologici, o perlomeno in sei mesi di telefonate a certificatori e istituzioni nessuno è stato in grado di darmi dati precisi.

lardo di maiale biologicoMartino: Quanto costa di più?
Davide: La carne di suino biologico costa naturalmente di più di quella dei suini allevati secondo il metodo convenzionale, quella fresca costa meno, andando direttamente dall’allevatore si spenderà ancora meno, quasi tutti i produttori hanno un sito e vendono a privati e a GAS (Gruppi di Acquisto Solidali), alcuni hanno una galleria fotografica estremamente dettagliata con costi e pesi, detto per inciso, tutti trattano molto bene i privati e le spedizioni sono estremamente affidabili.

una coppa di suino biologicoIl prezzo più alto lo spuntano i prosciutti stagionati che arrivano a costare oltre i 60 euro al kg, un enormità? Beh detto così sembra, ma facendo i conti di quanto l’animale ha mangiato e vissuto, il costo del mangime e la stagionatura è un prezzo onesto, naturalmente se lo comprate affettato dal rivenditore il prezzo aumenta ulteriormente. Sì, scusami sono estremamente di parte, ma conoscendo la realtà italiana e i produttori, non posso che tifare per loro, sono persone fantastiche che lavorano con una passione… contagiosa.

Martino: Come si comportano le industrie di trasformazione rispetto a questo problema?
Davide: La maggior parte degli allevamenti che conosco lavorano le carni per proprio conto o le fanno lavorare in laboratori poco distanti. Ti ho già parlato del forte legame con il territorio, beh questa è la parte migliore. Gli allevatori producono suini particolari perché si trasformino in prodotti particolari. Ho visto come gli allevatori assaggiano i loro prodotti, sono severissimi, non c’è spazio per gli errori ogni prodotto deve essere sempre perfetto.

Martino: Come funziona la filiera del biologico per i suini? Quali sono i passaggi? Ci sono punti deboli?
Davide: Parlando con gli allevatori italiani e i miei colleghi europei mi sono fatto alcune idee precise sulla situazione, volendo esportabili anche in altri campi. Abbiamo i prodotti migliori, ma siamo abbandonati a noi stessi. Il collega francese si è stupito che non ci fosse un organizzazione a livello nazionale che si occupasse della promozione e vendita e che ogni allevatore dovesse provvedere per suo conto. In questo modo alcuni riescono a lavorare, altri stentano anche avendo buoni prodotti, del resto uno non può essere contemporaneamente un buon allevatore, un buon trasformatore e anche un buon venditore.

Siciliana trasferita a Bologna per i tortellini e per il lavoro. Per Il Giornale del Cibo revisiona e crea contenuti. Il suo piatto preferito può essere un qualunque risotto, purché sia fatto bene! In cucina non devono mancare: basilico e olio buono.

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