storie sul cibo

Tiramisù, Mamma [Racconto]

Adriana Angelieri

Dalla metamorfosi di Kafka a Moby Dick, la letteratura ha sempre raccontato e trasmesso i valori sociali e culturali del cibo attraverso le sue opere. Per valorizzare e testimoniare questo legame, abbiamo voluto rilegare, in senso metaforico, una serie di racconti legati al cibo, frutto della mano e dell’animo creativo di talentuosi scrittori.

I raccontini saranno pubblicati su Il Giornale del Cibo ogni mercoledì, non perdeteli!

 

Tiramisù, Mamma

Di Francesco Leto

Se non fosse per questo caldo africano che abbatte persino l’istinto di farla finita senza  ripensamenti penso che avrei già dato sfogo a questa voglia di non avere più una voglia (una di numero) e, per questo, avrei già chiuso. Ma l’estate con tutta l’umidità che mi manda in pappa il cervello, nonostante la centesima goccia di Gutron, mi rende faticoso anche l’ultimo slancio vitale.

Evviva la vita!

In più, l’aria condizionata, ultimo brivido, mi ha fatto ammalare. Infezione alle vie respiratorie – sarà per colpa dei filtri che non ho fatto mai pulire o dell’ibernazione post-macello in cui mi sono cacciato, chissà fors’anche per provare quella sensazione di rigor mortis che credevo di vivere sul serio più tardi. E invece sono qui, così ligio nel seguire la cura per ristabilirmi in fretta che mi sorprendo di me. Mi chiedo che senso abbia tutto questo attaccamento alla vita per uno che sta cercando il modo più giusto per suicidarsi. Mi domando che cazzo c’ho in testa! Morire sì, ma in gran salute. Eccovi spiegata tanta premura.

Allora continuo col diabolico piano di rendere dolci questi ultimi giorni o ore o attimi. Di morire cioè con un’espressione distesa, senza che qualcuno possa indovinare tutta l’infelicità che provo. Di morire insomma con l’aria soddisfatta. Non mi va di essere compatito né che qualcuno dei miei familiari o amici possa sentirsi responsabile per questa mia scelta così definitiva e eroica. Tutta colpa mia, miei cari. Farina del mio sacco … e a proposito di farina, ho girato tutta la casa per cercare la ricetta tanto cara a mia madre. Ho scandagliato ogni angolo, ogni cassetto, ho frugato nelle tasche di vecchie giacche, ma niente. Eppure quella ricetta, scritta a mano su un foglio a righe … scritta a mano da mia zia, la regina delle creme … deve essere qui da qualche parte. Ho seguito le istruzioni di quella ricetta con così tanta diligenza e così tante volte che dovrei poter replicare la preparazione di cotanta bontà a occhi chiusi. Ma se chiudo gli occhi mi ritorna in mente solo la macchia di caffè sull’angolo in alto a destra che ha annaffiato le gambette delle g scritte a mano. Le ha rese così acquose e enormemente più grandi che il resto dello scritto è come svanito definitivamente dalla mia pur proverbiale memoria.

Tempo di preparazione … trenta minuti forse? E poi la crema: uova, zucchero, mascarpone. Ma devo dividere i tuorli dagli albumi, sbatterli a parte, forse. Che confusione! Se consultassi un qualunque ricettario per porre fine a questa ricerca infinita e infruttuosa – ipotesi che ha pure un suo fondamento – non sarebbe la stessa cosa, Lui non avrebbe lo stesso sapore. È una ricetta di famiglia quella, ci sono dei segreti che rendono eccezionale il Tiramisù di mia zia, sarà una questione di proporzioni tra ingredienti, non saprei dire. E ecco che mi attanaglia il dubbio: savoiardi o pavesini? E il caffè in cui immergerli deve essere caldo o freddo? Se solo mia madre fosse viva potrei chiederle la ricetta, l’aveva imparata a memoria, per questo mi aveva lasciato la vecchia ricetta scritta a mano. Eppure mi aveva messo in guardia più volte, ‘certe cose meglio avercele scritte in testa che su un foglio, metti che perdi il foglio’. E si sarà perso anche il testamento, di mia madre, visto che ho dovuto dividere l’appartamento con mio fratello. Uno che all’indomani dei vent’anni ha annunciato in grande stile la sua dipartita ‘da oggi appartengo al mondo’ aveva detto ‘e per questo ho deciso di non avere famiglia’. Così per i successivi vent’anni non s’è visto, tanto che mia madre è caduta malata, e più volte sarebbe voluta andare da Chi l’ha visto per lanciare un appello, ma puntualmente lui faceva recapitare messaggi in cui, pur ribadendo di non avere famiglia, avvisava l’ex madre che era vivo e di non cercarlo per nessuna ragione al mondo. L’ho rivisto il giorno in cui sono stato convocato dal notaio per la questione dell’appartamento che pensavo di ricevere in eredità senza alcuna intromissione. Anche quel giorno per festeggiare avevo preparato il tiramisù secondo la ricetta di mia zia. Ancora mi lecco i baffi, al pensiero.

E quindi … caffè caldo, caffè freddo, savoiardi o pavesini, albumi a neve … mi scoppia la testa! Ah, ma se ritrovo quel foglio lì, giuro che la imparo a memoria come le poesie del Carducci. Che poi io abbia deciso di suicidarmi dopo essermi ingozzato di Tiramisù, questa è tutta un’altra storia. Ma bisogna concedersi il lusso di un ultimo desiderio, immagino. Non posso togliermi la vita così! E se provassi a comprarlo in pasticceria … potrei provare, ma già sento la voce della mia defunta madre che mi fa ‘ma sei matto! Robe industriali sono quelle, mentre il tiramisù è  tutta questione di amore da artigiano!’ … Ma come non averci pensato prima? Ecco come posso fare: chiedere ad una medium di mettermi in contatto con mia madre, perché mi detti questa maledetta vecchia ricetta della zia. Sì, ho deciso, proverò a parlare direttamente a lei. E spero risponda la mia povera madre morta, che non faccia come quand’era viva che ogni volta che alzava la cornetta, io gridavo al miracolo. Dai su mamma, fai la buona, almeno stavolta. Rispondimi e dettami la ricetta perché senza non posso farla finita. E magari, cara mamma, dimmi pure qualche parolina dolce, che non si sa mai io possa cambiare idea e continuare a vivere, ma a vivere davvero. E magari a risentire parlare persino questo mio cuore che fa bum bum bum! E sempre, cara mamma, evviva il tiramisù della zia!

 

francesco letoFrancesco Leto, detto Caetanino, è nato il 5 Aprile del 1983 a Cirò Marina (Calabria). 
Ha studiato storia medievale al King’s College di Londra e ha fatto un master in Legal and Political Studies alla University College of London (UCL).
Tornato in Italia ha collaborato con alcune riviste. Nel 2013 ha pubblicato il suo primo romanzo, Suicide Tuesday (Perrone Editore), selezionato tra i finalisti del Premio Sila ’49. Il suo ultimo romanzo, IL CIELO RESTA QUELLO, è stato pubblicato da Frassinelli.

 

Siciliana trasferita a Bologna per i tortellini e per il lavoro. Per Il Giornale del Cibo revisiona e crea contenuti. Il suo piatto preferito può essere un qualunque risotto, purché sia fatto bene! In cucina non devono mancare: basilico e olio buono.

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