servizi welfare aziendale

Mensa aziendale e servizi di welfare

Giuliano Gallini

Giuliano Gallini

 

 

CIR food e il Giornale del Cibo hanno cominciato a collaborare con il Festival di Internazionale (promosso dall’omonima rivista e che si tiene il primo week end di ottobre a Ferrara da dieci anni) nel 2015 con un incontro pubblico sui servizi di welfare aziendale offerti dalle aziende – autonomamente e non perché costrette da contratti nazionali –ai propri dipendenti. Si tratta di un ventaglio molto ampio di servizi, che vanno dalla tradizionale mensa aziendale alle assicurazioni sanitarie, all’asilo nido aziendale, alle vacanze studio per i figli, a congedi per motivi di salute e di cura, a flessibilità di orario e così via.

La crisi del cosiddetto “stato sociale”, quindi di servizi offerti a tutti i cittadini, ha portato le aziende a porsi il problema del benessere dei propri dipendenti. Non solo per puro spirito di assistenza e di giustizia sociale: un ben articolato sistema di servizi di welfare aziendale motiva i dipendenti, ne aumenta la fedeltà all’azienda e attrae le risorse migliori.

Quando nell’incontro pubblico al Festival i relatori hanno illustrato il decalogo del welfare aziendale che avevano elaborato il pomeriggio del giorno precedente insieme a ricercatori e studenti durante un work-lab, non è mancata una discussione molto interessante che voglio riportare sinteticamente, per avere anche la opinione dei lettori de Il Giornale del Cibo.

Servizi di welfare aziendale: quali diritti dovrebbero essere universali?

mensa persone

In molti hanno detto: se io sono stato sfortunato e invece di lavorare in un’azienda che concede servizi e diritti ai propri dipendenti lavoro in una piccola azienda che, al di là della volontà, non si può permettere di concedere benefit, non sono uguale al mio collega più fortunato. Certi diritti (la salute, il pasto, l’asilo nido per i figli eccetera) non dovrebbero essere universali? La surroga che le aziende fanno dello stato sociale, non è allora profondamente ingiusta? Non si allargano così le disuguaglianze sociali?

Questa disuguaglianza esiste da sempre. Lavorare alla Fiat, nell’Italia del secolo scorso, era una sinecura: posto fisso e sicuro, ferie, mensa eccetera. Ma, soprattutto dagli anni sessanta in poi, proprio per diminuire le disuguaglianze tra un lavoratore della Fiat e l’operaio edile di una piccola impresa, si è formato lo stato sociale con diritti per tutti, universalistici: come l’assistenza sanitaria, per esempio. Oggi le forme integrative di assistenza sanitaria, invece, sono tra i benefit più diffusi nei servizi di welfare aziendale, sintomo della difficoltà del sistema sanitario nazionale.

Una questione di misura

E’ chiaramente, secondo me, una questione di misura. Le disuguaglianze create dalla diversa sensibilità e capacità economica delle aziende di fornire sistemi di welfare ai propri dipendenti sono inevitabili. Se però esse si allargano in maniera intollerabile perché i diritti universali arretrano troppo allora rischia di emergere un problema di coesione sociale che alla lunga farà male a tutte le aziende. Questo aspetto del problema però la cultura aziendale italiana fatica a capirlo.

Abbiamo spesso parlato di pranzo sano fuori casa e mense aziendali che è uno dei servizi più vecchi ma ancora più richiesti dai lavoratori. La quantità e soprattutto la qualità del pasto, gli ambienti dove esso si consuma, la possibilità di scelta del menù sono elementi importantissimi per il benessere della nostra giornata lavorativa (oggi qualcuno parla dell’importanza del social eating).

Che cosa ne dite di commentare questo articolo con le vostre esperienze di mensa aziendale?

Scrittore di romanzi, lettore appassionato ed esperto del mondo del cibo e della ristorazione. Crede profondamente nel valore della cultura. In cucina non può mancare un buon bicchiere di vino per tirarsi su quando sì sbaglia (cosa che, afferma, a lui succede spesso).

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