pizza buona

Come riconoscere una buona pizza al ristorante: le dritte del campione mondiale

Adriana Angelieri

Un giorno un anonimo disse: “Per i puristi esistono solo due vere pizze: la Marinara e la Margherita”. Siete d’accordo?
Io non mi sento una purista della pizza, ma devo dire che ho sempre pensato che se in un ristorante la margherita è buona, il resto del menù non può esser da meno. Per togliere ogni dubbio, qualche giorno fa, mentre conducevo l’intervista (che vi consiglio di leggere) a
Giorgio Sabbatini, campione mondiale di pizza di quest’anno, dopo millemila domande sulla delizia che lo ha portato sul trono (la 10 pomodori interpretati in una margherita), ho sparato il domandone: come si fa a riconoscere una buona pizza al ristorante?

Con la disponibilità che solo chi ama il cibo ed ama condividere può avere, il campione mi ha dato le sue dritte e poi mi ha anche detto cosa ne pensa della nuova tendenza a definire la pizza un piatto “gourmet”. Curiosi?

Come riconoscere una buona pizza al ristorante: parola di Giorgio Sabbatini

La pizza si valuta attraverso il gusto e la cottura” – così comincia Sabbatini. “È fondamentale che sia cotta bene. Ai ragazzi che seguono i miei corsi dico sempre: quando per voi è cotta, datele ancora un minuto perché secondo me è cruda.”
Ed io sorrido, memorizzo e prendo appunti. Ed ecco cosa bisogna guardare per riconoscere una buona pizza al ristorante.

Il cornicione (o crosta o bordo…)

giorgio sabbatini consigli

Avete presente i bordi della pizza? Alcuni li adorano, altri li lasciano sempre sul piatto perché non amano mangiarli. Io li mando giù molto volentieri. Sarà per la consistenza croccante o perché a volte sono “belli intrisi di sugo”. Ad ogni modo, secondo i consigli di Sabbatini la prima cosa da guardare, e toccare, è proprio questa: il cornicione. “Deve essere colorato, ma non bruciato” – dice il campione. Quindi, controllate che le croste non siano color nero carbone se volete dire di aver mangiato una buona pizza.

La forma del cornicione

Restando in tema bordi della pizza, segnatevi quest’altra dritta: se vi trovate davanti ad un cornicione dalla forma regolare, con un diametro piuttosto lineare, allora, state per addentare una pizza fatta come Sabbatini comanda. Al contrario, un perimetro irregolare, non che sia immangiabile, ma non rientra tra i criteri dettati dal campione. 

La bolla nera

Se dovesse capitarvi di trovare delle bolle nere lungo il perimetro del cornicione sappiate che non sono indice di una scarsa qualità del piatto, anzi. Stando alle parole di Sabbatini vanno bene e sembrano essere caratteristiche della tradizionale pizza napoletana. “È una questione di procedimento di lavorazione e di maturazione del prodotto” – spiega.

crostone pizza

Il sotto della pizza

Ultima dritta: “Guardare sempre il sotto della pizza”.
L’ultima cosa a cui badare, e poi giuro che vi lascio addentare il bottino, è il colore della parte inferiore della pasta. Sollevate la pizza con un coltello e date un’occhiata al colore: “se è giallo paglierino vuol dire che durante il processo di lavorazione il cereale ha lavorato bene, non ha subito shock termici e stress”.

Pizza Gourmet: cosa ne pensa il campione del mondo?

In questo campo sono cambiate alcune cose rispetto a qualche anno fa, precisa Sabbatini. Un tempo i pizzaioli prestavano molta attenzione alla base della pizza, tralasciando la parte superiore, quindi i condimenti spesso adagiati, senza criterio sulla pizza. Oggi, gli accostamenti e gli ingredienti vengono scelti con particolare cura. “I pizzaioli seguono gli insegnamenti degli chef e prestano maggiore attenzione anche alla stessa qualità dei prodotti. Stanno attenti alle varie cotture, lasciando il più possibile inalterati i profumi e rispettando i prodotti.”

A questo punto, mentre lo stomaco borbotta (per forza: a furia di parlare di pizza!), mi viene naturale fare una riflessione: in un mondo in cui anche la sosta in autostrada è diventata gourmet, possiamo parlare anche di pizza gourmet o è una contraddizione?
“Assolutamente sì. È molto ricercata, ma non è gourmet.” – risponde il maestro – “La pizza vince perché è un piatto semplice, legato alla convivialità. Un pasto che unisce, come il sabato e la domenica in famiglia.”

pizza margherita

Ci penso un attimo ed effettivamente la pizza mi ricorda situazioni piuttosto familiari: i nonni in campagna con il forno a legna, le serate con gli amici. Voi cosa pensate a riguardo?

Come avrete capito: la pizza è una cosa seria! Ed anche la curiosità, per quanto mi riguarda lo è. Per questo non posso lasciare andare il campione mondiale di pizza senza chiedergli quale sia la sua preferita. “Una margherita con due fette di prosciutto crudo di Norcia possibilmente.” – risponde.

Soddisfatta, ed affamata, ringrazio e corro in pizzeria!

Siciliana trasferita a Bologna per i tortellini e per il lavoro. Per Il Giornale del Cibo revisiona e crea contenuti. Il suo piatto preferito può essere un qualunque risotto, purché sia fatto bene! In cucina non devono mancare: basilico e olio buono.

4 risposte a “Come riconoscere una buona pizza al ristorante: le dritte del campione mondiale”

  1. Emidio Misarra ha detto:

    L’ingrediente principale dela pizza è la farina. Se si utilizzano farine con additivi chimici la pizza è da scartare.
    Voi andreste mai a mangiare ad un ristorante stellato che utilizza la pasta Barilla?

    • Adriana Angelieri ha detto:

      Ciao Emidio, grazie per il commento. Sono d’accordo con te, penso che l’ingrediente principale della pizza sia la farina, e penso anche che per fare un buon prodotto serva tanto impegno e immensa passione.
      Per quanto riguarda gli stellati: è vero, ci aspettiamo tutti che, dato l’alto livello, utilizzino prodotti eccellenti che non hanno bisogno di additivi per migliorare il risultato, ma non sento di potermi pronunciare sulle farine del marchio che nomini perché non ne conosco la composizione. Tu sei un esperto del settore? Cosa ne pensi dei consigli di Sabbatini?

  2. Giuseppe Rocca ha detto:

    Ciao Adriana, innanzi tutto complimenti per il tuo lavoro che ha l’importante compito di valorizzare il cibo, che è qualcosa di cui sicuramente si parla molto, ma troppo spesso in maniera molto superficiale. Io sono proprietario di una pizzeria da asporto in un piccolo paese di provincia, e ho una grande passione per le farine. In Italia abbiamo tantissimi tipi di grani, originari di un pó tutte le regioni, che hanno caratteristiche diverse e peculiari. Questi grani, un tempo molto diffusi, sono stati via via soppiantati da nuove piante, selezionate in vari modi, che hanno maggiori rese e meno costi di produzione e che, se da un lato hanno permesso una diffusione del macinato tra la popolazione debellando la fame (hai detto niente…) dall’altro hanno eliminato la biodiversità delle sementi, facendo perdere quei sapori che facevano parte della vita dei nostri bisnonni. Semplicemente la Barilla, come le altre grosse aziende legate all’arte bianca, utilizzano grani moderni. Fortunatamente oggi c’è chi si sta adoperando per una riscoperta delle antiche varietà e anche io, nel mio piccolo cerco di diffondere questa filosofia. Ci sarebbe tantissimo da approfondire, ti assicuro che il mondo dei cereali è estremamente vasto e appassionante. Se vuoi informazioni o anche se hai delle curiosità non esitare a chiedermi, per me è sempre un piacere parlare di queste cose.

    • Adriana Angelieri ha detto:

      Ciao Giuseppe, grazie per il complimento e per la disponibilità. Il mondo della pizza e delle farine alternative è estremamente affascinante per me, per cui non esiterò a contattarti per scoprire di più. 🙂

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