Pani c’a Mievusa: origini e ricetta di un must dello street food palermitano

Redazione
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    Spesso commettiamo l’errore di considerare la cucina siciliana completamente derivante dalla cucina araba. Molti piatti siciliani invece provengono dalla cucina kasher (termine che letteralmente sta per: conforme alla legge, adatto) disciplinata da un insieme di norme che regolano la produzione e il consumo dei cibi secondo la religione ebraica. I cibi kasher sono solo quelli prodotti secondo tale codice, e quindi, gli unici che possono essere consumati dai seguaci.
    Tra questi vi è: il pani c’a mievusa, meglio conosciuto come pane ca meusa. Un panino con un ripieno speciale, un mix di frattaglie tra cui la milza, in dialetto palermitano: mievusa, appunto. Siete curiosi di sapere quali sono le origini di questo piatto e scoprire la ricetta?

    Pane ca Meusa (Pani c’a Mievusa): origini e ricetta

    Il panino con la milza è un piatto povero che nasce circa 1100 anni fa, quando dei macellai di origine ebraica si stanziarono a Palermo. Questi, non potendo percepire denaro per il proprio lavoro, a causa della loro fede religiosa, trattenevano come ricompensa le interiora del vitello: budella, polmone, milza e cuore. Tra queste frattaglie non c’era il fegato, perché aveva un valore economico maggiore e veniva venduto separatamente.

    I macellai ebrei dovevano trovare il modo di trasformare in denaro questa ricompensa, e finalmente un giorno ebbero un’idea che risultò geniale. Si accorsero che i cristiani erano soliti mangiare le interiora degli animali, accompagnandoli con formaggio o ricotta, ispirati da questa usanza, idearono un panino farcito con: polmone, milza e “scannarozzato” ossia pezzi di cartilagine della trachea del bue.

    FVPhotography/shutterstock.com

    Intorno al 1492 sotto il dominio del Re Ferdinando il Cattolico, la comunità ebraica venne espulsa, ma alcune tradizioni rimasero comunque vive. Il panino con la milza, ancora oggi, è uno dei piatti più amati a Palermo, insieme alle arancine. È stato rivisitato, ma sostanzialmente mantiene le caratteristiche d’un tempo. Questa specialità è composta da: pane morbido, solitamente a forma di mafaldina ricoperta di sesamo, chiamata vastedda al cui interno si trovano, come abbiamo detto, fettine sottili di milza, polmone di vitello e cartilagini della trachea del bue.

    La vastedda (il panino) veniva servita schetta, che letteralmente significa: non sposata, quindi non accompagnata da altri ingredienti. Con l’aggiunta di formaggio o ricotta, senza interiora, era la versione più economica. Oppure maritata, ossia coniugata, quindi con l’aggiunta di ingredienti. Infatti, in questa versione il panino veniva imbottito con le interiora.

     

    Oggi le cose sono cambiate, chiedere una vastedda schetta equivale a dire: panino imbottito con interiora e aggiunta di sale e limone. Mentre, la vastedda maritata equivale ad un panino imbottito con le interiora e aggiunta di caciocavallo e ricotta.

    Coloro i quali preparano il panino con la milza prendono il nome di vastiddari, appunto.

    La ricetta: ecco come preparare il panino con la milza

    Se non avete modo di andare in Sicilia a provare questa specialità, ma siete talmente curiosi che non vedete l’ora di assaggiarla, potete provare a prepararla a casa. Ecco la ricetta!

    FVPhotography/shutterstock.com

    Ingredienti

    • milza
    • polmone
    • trachea
    • pane
    • q.b. sale

    Procedimento

    1. Lavare accuratamente gli ingredienti, bollirli in acqua salata per 25/30 minuti.
    2. Scolarli, farli raffreddare a temperatura ambiente e poi trasferirli in frigorifero.
    3. Quando è il momento di comporre il panino, tagliarlo a metà, eliminare la mollica in eccesso e scaldarlo leggermente.
    4. Tagliare milza, polmone e trachea a fettine sottili, con l’ausilio di un coltello. Farli insaporire nello strutto, sciolto precedentemente, all’interno di pentole adagiate in posizione inclinata. Esistono delle pentole che permettono di essere poste in posizione inclinata, così da utilizzare una minore quantità di strutto.
    5. Con una forchetta a due denti inforcare gli ingredienti e adagiarli sul panino, strizzarlo per eliminare lo strutto in eccesso e servirlo a seconda dei gusti personali: schettu o maritatu.

    U pani c’a mievusa, è un must dello street food palermitano. Gusto intenso, ricco e molto particolare quindi, o lo ami o lo odi.

    Va gustato accompagnato da birra ghiacciata per apprezzarne il vero valore ed esaltarne il sapore. Dovete sapere che, la prerogativa assoluta è quella di mangiare il panino in piedi perché bisogna correre il rischio di sporcarsi per poter dire di aver mangiato un vero panino con milza ed essere considerati dei veri intenditori.

    Che ve ne pare?


    Immagine in evidenza di: Paolo Paradiso/shutterstock.com

    Una risposta a “Pani c’a Mievusa: origini e ricetta di un must dello street food palermitano”

    1. Ivano carbonara ha detto:

      Interessante quanto scritto circa la paga con le interiora degli animali perché vi è strettissima similitudine con quanto accadeva a Roma con i macellai della celebre “ammazzatora” nello storico quartiere di testaccio. Infatti sino a 150 anni fa parte del salario veniva retribuita con interiora degli animali: la parte non nobile definita quinto quarto quindi assimilabile a scarto, però per monerizzarlo lo vedevano a trattorie che impararono a cucinarlo dando vita alla pajata. Gustosissime interiora di vitello da latte, celebre anche per i film in costume di Alberto sordi, vi sono locali che la preparano con i rigatoni, piatto fantastico. Non ho ci tazza se vi fossero macellai ebrei. Saluti

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