convegno tavola pubblica

Il tiranno di Siracusa e la nuova normativa sugli appalti pubblici

Simona Bonciani

Il tiranno di Siracusa era tremendo e tutti lo odiavano e speravano che morisse quanto prima. Solo una vecchietta  andava a fare offerte per auspicarne la salute e il benessere. Il tiranno viene a saperlo e la manda a chiamare: “…perché tu sei l’unica che offre sacrifici agli Dei per la mia salute quando tutti quanti mi odiano?” le domanda. Risponde la vecchietta: “…Io ho conosciuto tuo nonno che era tremendo, abominevole e tutti speravamo che morisse. È morto e poi è arrivato tuo padre, che era molto peggio di tuo nonno. E poi sei arrivato tu, che sei molto peggio di tuo nonno e tuo padre. Per cui prego gli Dei affinché tu non muoia e rimanga, perché se viene tuo figlio chissà cosa succederà a questo popolo…”

La storia del tiranno di Siracusa esprime bene la sensazione e la preoccupazione in merito  all’attuale sistema che regola gli Appalti Pubblici e i bandi di gara per i servizi di ristorazione collettiva, di cui si è parlato l’11 Giugno alla CIR VIP Lounge in Expo, durante il Convegno Tavola Pubblica – Come si comprano i servizi di ristorazione in Italia, organizzato da CIR food e moderato dal noto giornalista Luca Telese, che ha condotto gli ospiti in un interessante dibattito in cui si è parlato dell’ “Italia in svendita, l’Italia peggiore…ma anche dell’Italia migliore e dei meccanismi giusti che sono l’unica salvezza e possono far sì che la cosa più importante di Expo, cioè il messaggio forte e positivo che arriva, riesca a trasmettersi e a diventare cultura e non solo spot”.

 

Il dialogo e il confronto pubblico per migliorare le gare d’appalto e sconfiggere la corruzione

E’ questa la premessa, lo sviluppo e l’obiettivo di un convegno che ha affrontato anche il tema del recente varo della legge delega sul nuovo Codice degli Appalti che recepisce direttive europee, dando voce a riconosciuti esperti e professionisti del settore e denunciando l’impellente necessità di una discussione pubblica tra gli attori del mercato: Pubblica Amministrazione, imprese di servizi, fornitori e utenti finali.

 

Appalto: perché é sinonimo di ‘malaffare’

Se oggi la parola appalto è sinonimo di malaffare e la si associa ad un sistema di corruzione, criminalità organizzata, lavoro nero, evasione fiscale ecc…, il problema, per chi opera onestamente nello stesso mercato, è che diventa molto, troppo difficile, lavorare laddove si è prigionieri di norme che insieme si  reggono, ma che insieme sono la causa dei mali che esse stesse denunciano.

È ovvio che le norme in sé non sono responsabili dei comportamenti illegali che affliggono parte degli appalti pubblici, ma oggi generano incoerenze e contraddizioni.
“Ad esempio”, dice Giuliano Gallini, Direttore Commerciale e Marketing CIR food,  “la gara al  massimo ribasso è la gara perfetta in un mondo perfetto. Ma  nel mondo reale premia solo il prezzo e non la qualità, con il risultato che vincono i più scaltri e non i più bravi, ossia chi investe nel controllo della filiera produttiva, nelle professionalità, nell’ innovazione e  nella tecnologia.”

 

Qual è la soluzione?

La proposta del Direttore Commerciale e Marketing di CIR food è articolata in tre passaggi. Innanzitutto, definire criteri e requisiti qualitativi e oggettivi per l’ammissione delle imprese alle gare, come ad esempio il fatturato realizzato nel settore oggetto del bando; requisiti soggettivi come la quantità e la qualità delle risorse umane impegnate e gli investimenti in tecnologia e innovazione, l’etica professionale e il rispetto dei diritti dei lavoratori.

Visto che si tratta della preparazione di migliaia di pasti per scuole e ospedali, è opportuno che soltanto aziende qualificate possano candidarsi. Inoltre, bisogna superare l’antagonismo tra PA e aziende promuovendo il dialogo, la collaborazione in corso d’opera, come accade in Europa con il modello del “collaborative procurement”.

Infine, è il momento di rinunciare al massimo ribasso e fare gare che premiano la qualità del servizio. Se come tutti dicono il massimo ribasso è da eliminare perché rappresenta una patologia italiana, ebbene si smetta davvero di farle. Basta rinunciare a finti criteri qualitativi e alla formula del prezzo del cosiddetto “allegato P.” L’appalto ideale per Giuliano Gallini dovrebbe partire dal valore educativo del cibo, un elemento imprescindibile che proprio Expo Milano 2015 sta portando all’attenzione di un pubblico internazionale.

“Abbiamo bisogno – spiega ancora Gallini –  di una società più colta e informata perché è l’ignoranza il seme di queste storture. Per nutrire e rispettare il pianeta serve anche energia intellettuale e consapevolezza del valore sociale, culturale e educativo del cibo. L’appalto nuovo di ristorazione dovrebbe partire da qui”.

 

 

La parola agli esperti:  punti di vista e punti di attenzione

La ristorazione ha bisogno di norme specifiche

  • La necessità, secondo Eugenio Dalli Cardillo Avvocato specializzato in contrattualistica Pubblica e Appalti – è quella di disciplinare la ristorazione, perché il problema fondamentale è che essa rientra tra i servizi parzialmente esclusi dal codice dei contratti  pubblici: occorrerebbe piuttosto una legge specifica o, quantomeno, delle linee guida da parte dell’ Anac, dal momento che la ristorazione collettiva ha delle specificità che non possono essere accomunate ad altre attività. Ma sarebbe opportuno anche introdurre criteri soggettivi, reputazionali  (rating, legalità), dando spazio alle performance dell’azienda, allo sviluppo tecnologico, alla formazione, all’ organizzazione del personale, alla capacità di poter garantire i tempi di consegna ecc..  Ad esempio, come già succede in Inghilterra, imponendo un prezzo fisso cui deve essere proposto il servizio e sviluppare la gara solo su elementi qualitativi.

 

  • La certezza, dice Arturo Cancrini- Avvocato del Libero Foro e Docente universitario Tor Vergata di  Roma – che se si vuole disciplinare tutto arriveremo ad un meccanismo assolutamente ingovernabile. Sono necessarie quindi norme che colpiscano i corrotti ma anche che tutelino e tranquillizzino coloro che operano all’interno della Pubblica Amministrazione, senza che questi, ogni volta che mettono la firma su un provvedimento, corrano il rischio di rispondere in termini penali, contabili, amministrativi e civili.
    È auspicabile arrivare ad una concentrazione delle centrali di committenza, che garantisca una qualità che le piccole amministrazioni non possono garantire, così come è importante attuare dei controlli seri  dopo l’aggiudicazione della gara.
    Occorre infine il dialogo competitivo, che metta il funzionario responsabile nella condizione di dialogare con le imprese di servizi senza correre il rischio di essere chiamato dal giudice penale.

 

  • L’errore, sostiene Alessandro BottoAvvocato del Libero Foro e Docente universitario Luiss di Roma –  è di partire dalla patologia del sistema, la corruzione. Tant’è che in Italia, quella che dovrebbe chiamarsi ‘Autorità di Regolamentazione del Settore’, si chiama invece ANAC, ovvero Associazione Nazionale Anticorruzione, quasi a sottolinearne la centralità del tema della corruzione rispetto a tutti gli altri aspetti che hanno a che fare con la gestione del sistema.
    La patologia, secondo l’avvocato, è intesa come  fisiologia e il sistema la va a disciplinare come se fosse la regola: il problema in Italia non è quindi normativo ma culturale, perché si è persa la fiducia tra cittadini e imprese, salvo prova contraria.
    “Il dialogo competitivo”, sostiene Botto, “è fondamentale e serve a colmare quelle asimmetrie informative delle stazioni appaltanti che hanno necessità di capire chi sta sul mercato, di acquisire informazioni, senza correre il rischio di incontrare il giudice penale.
    Infine, un riferimento alla classifica di Trasparency, agenzia tedesca che colloca l’Italia, relativamente al livello di corruzione, ai primi posti insieme al Botswana. Ma- dice Botto –“.. la misura non è sulla corruzione reale ma su quella percepita, che è tutt’altro fenomeno. In Italia ci sono 1 milione di appalti all’anno: quanti sono su 1 milione quelli affetti da corruzione? Quanti sono su 1 milione quelli di Mafia Capitale? Dobbiamo stare attenti perché così ci facciamo del male da soli.”

 

 

La parola all’Anac: anticorruzione  o  regolamentazione del settore?

“La migliore legge anticorruzione è la  nuova legge sugli appalti”: questo ci dice Michele CorradinoConsigliere di Stato e Commissario ANAC – , “..che chiede innanzitutto  una semplificazione della procedura burocratica: qui c’è la vera normativa anticorruzione, qui c’è la sfida delle sfide”.

Un nuovo modo di essere PA, un nuovo modo di essere imprese

Le direttive comunitarie sugli appalti pubblici impongono un nuovo modo di essere delle PA a cui  noi non siamo abituati, ma anche e soprattutto un nuovo modo di essere delle imprese. Ad introdurre il cambiamento, sono in particolare tre norme, contenute nelle nuove direttive comunitarie sugli appalti pubblici:

1)  il parternariato per l’innovazione (articolo 31) che prevede  la possibilità per le PA, di  interloquire con gli imprenditori quando non trovano  un prodotto sul mercato per svilupparlo insieme e poi, successivamente, metterlo a gara.

2) le procedure competitive con negoziazione (articolo 29), che prevedono che le imprese costruiscano l’offerta insieme con l’amministrazione. Si tratta quindi di un appalto sartoriale, ritagliato su misura per l’amministrazione. Le offerte, successivamente, vengono messe a gare.

3) consultazioni preliminari di mercato (articolo 40), grazie alle quali saranno ammissibili i contatti preliminari tra le imprese e la P.A. La PA, per dirlo in parole semplici, prima di fare un bando di gara  fa” un giro di negozi e chiede”, cioè si ‘esplora’  il mercato per comprenderlo meglio.

 

 

La svolta culturale è necessaria

Le nuove direttive comunitarie, in conclusione, impongono una politica degli appalti e non più degli appalti per la (al servizio della) politica.
Conclude Corradino dicendo “…mercato e legalità stanno insieme non sono contrapposti. La verità è che abbiamo bisogno di una svolta culturale. Finché abbiamo una classe dirigente che non capisce il disvalore e l’illecito del fatto, sembra normale aggirare gli ostacoli burocratici e non è possibile avere la svolta. Tutti dobbiamo comprendere che la corruzione uccide il merito e non garantisce un futuro migliore ai nostri figli. È perciò importante continuare a parlare e convegni come questo sono essenziali per ottenere questa svolta”.

 

Il Tiranno di Siracusa e la sua suddita e fedele vecchietta, potrebbero a questo punto aver trovato una risposta alle loro domande. A suggerirla è Luca Telese, che in chiusura si appella al ‘paradigma della prevalenza del cretino’, facendo riferimento alle Leggi della stupidità umana di Carlo Cipolla, Professore Emerito di Storia Economica a Berkeley:

“In qualunque forma gerarchica, il cretino tende a prevalere.  Alla seconda generazione il cretino deve scegliere il suo erede e ne sceglie  uno più cretino di lui; alla terza generazione, il cretino di seconda, che deve evolversi, cerca un cretino apologo al cubo e invece, perché cretino, sceglie uno intelligente e la clessidra si rigira”.

Dopo tanti anni di impaludamenti e criticità, con la nuova legge delega sul Codice degli Appalti e con un nuovo approccio culturale favorito da incontri come quello dell’11 giugno siamo dunque giunti a una svolta? La clessidra è pronta a girare?

Noi vogliamo sperare e credere che questa volta sia proprio così!

Per leggere gli interventi dei relatori consulta l’abstract del convegno.

Nata ad Arezzo, vive a Bologna dove ha sede Noetica, agenzia di comunicazione di cui è titolare. Quando non svolge le mansioni di direttore editoriale e marketing de “Il Giornale del Cibo”, continua a pensare alla tavola, soprattutto se ha a che fare con un piatto di involtini di pesce spada, il suo piatto preferito, “perché sono indiscutibilmente la cosa più buona al mondo”. Alla domanda “cosa non può mancare in cucina?” risponde "una buona conversazione, anche solo con se stessi, perché ha la capacità di dare gusto a qualunque piatto…”

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