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Natale Giunta: lo chef che combatte la Mafia

Redazione

“Chi ha sogni, idee, capacità non può avere paura della mafia. Ma ci vuole tanta energia, e pazienza a non finire”. Natale Giunta, chef siciliano di successo, è stanco di parlare del pizzo, delle intimidazioni, della criminalità organizzata che da 4 anni lo costringe sotto scorta. Non è stanco, però, di combatterla.
Oggi è ancora sotto tiro, continua a sfornare denunce oltre che piatti appassionati e profumati, ma preferisce trasformare la stanchezza in idee nuove, chiudersi in cucina e lì concentrare le energie rimaste dopo 4 anni di vera lotta alla mafia.

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Natale Giunta: lo chef che combatte la mafia a colpi di qualità

Dalla Prova del cuoco alla prova del racket

Natale Giunta da Termini Imerese ha appena 37 anni ma una vita che è già un romanzo: impegnato ancor prima di compiere 20 anni col suo primo ristorante, pian piano da Termini ha spostato la sua specializzazione, la cucina della tradizione rivisitata all’insegna della qualità, a Palermo. Qui ha ancor oggi il ristorante Castello a mare, la sua principale attività, qui continua ad operare nonostante le vicissitudini legate alla mafia. Il programma Rai La prova del cuoco lo ha reso celebre, prima dell’inizio dell’incubo, ma tante sono le attestazioni ricevute durante una carriera ancora giovane ma già intensa. L’incubo cominciò nel 2012, con la richiesta di pizzo, 2000 euro l’anno, fatta da un gruppo di mafiosi subito denunciati con l’aiuto di un’associazione antiracket. Il processo ha portato alla condanna dei cinque imputati, ma le intimidazioni non si sono mai fermate: 10 denunce in 5 anni di cui 4 l’estate scorsa, l’ultima a giugno col furto di 48 sedie dal suo ristorante. E poi atti di vandalismo, porte prese a colpi di mazza, lettere minatorie.

natale giunta la prova del cuoco

Idee e qualità contro la mafia

Lui la sua idea non la molla: non cedere ai ricatti e continuare a proporre cibo di alta qualità grazie anche a materie prime di alto livello e fresche, ma soprattutto pulite. Tutto questo costa sacrificio e qualche battuta d’arresto nel morale, ma la soddisfazione di interrompere in qualche modo la catena perversa dell’agromafia è impagabile. Il suo tono di voce, basso e fermo, racconta in qualche modo le vicissitudini di un’imprenditore come tanti nel Meridione, costretto a combattere per un’idea e per vivere.

Quanto costa combattere con questo nemico invisibile? Come si vive fianco a fianco con l’incubo mafia?

N.G. : Io lo vivo ogni giorno, mi creda, non mi aspettavo di dover affrontare la vita così, di passare così facilmente dal sogno all’incubo. Da quando ero ragazzino per me la cucina è tutto, io sono cuoco a 360 gradi. Non ti aspetti di dover combattere da grande con fenomeni legati al cibo, chi ci pensava da ragazzino, che dietro la ristorazione ci siano interessi del malaffare. Io questo senza ombra di dubbio non me lo aspettavo. Mai mi aspettavo di finire sotto scorta alla mia età, e invece lo sono da quattro anni. Dietro il cibo non ti aspetti questo, ma emozioni e tutt’altro. Le provo e le faccio provare, ma quanta fatica. La vita ti cambia ma devi andare avanti e tenere il profilo giusto. Tutto questo mi costa tanto, ogni giorno.

In che cosa consiste la lotta alla mafia per uno chef di successo? Scelta delle materie, cura dei particolari, attenzione per il lavoro? Cos’altro?

giunta natale mafia

N.G.: Il cibo è buono ma non è la battaglia giusta, secondo me. Perlomeno non l’unica. La battaglia giusta è quella di dire no all’illegalità, andare avanti ognuno col proprio modo di vedere la realtà. Io ho detto no e sono andato avanti mettendo sempre in primo piano il mio lavoro e la mia professionalità.

Lei questo non lo ha detto forte è chiaro. Si è pentito di qualcosa di questo percorso di ribellione?

N.G.: Non dico che si combatte ribellandosi, perché la ribellione pura e semplice può diventare un problema, ma facendo cose importanti, questo sì. Ad esempio comprando i prodotti dalle persone giuste cercando alla fine di metterti nella strada della legalità, garantendo una linea nella tua condotta professionale e vita privata. Soprattutto nel rispetto delle materie prime se parliamo di agroalimentare. Uno ci deve mettere il cuore in questo lavoro, il cibo parla e cerchiamo di farlo parlare bene.

C’è stata solidarietà a Palermo nei suoi confronti?

N.G.: La solidarietà c’è stata all’inizio, poi se ne fregano, diventi uno dei tanti. Anzi, a volte sei quasi un peso. Così almeno ognuno fa il suo. Da parte dei clienti ringraziando Dio le cose vanno bene, stiamo continuando a lavorare. La gente per bene non si allontana ma continua a venire, è felice e va bene così. Per un po’ di tempo mi sono fermato a riflettere, ora ho più energia e la concentro tutta in cucina.

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Perché in Sicilia le cose, sul versante agromafia, non cambiano radicalmente?

N.G.: L’Italia è un paese strano, la Sicilia funziona ancora coi favoritismi, è nel nostro dna. Bisogna cambiare tutto a partire dalla scuola, dalle menti dei ragazzini. Cambiare e parlare loro d’altro. La mentalità purtroppo è vecchia, è quella che ha portato alle macerie.

Cosa consiglia a un giovane chef che coltiva i sogni che hanno portato lei così in alto?

N.G.: Gli dico di lavorare sodo e stare attento a dove mette i piedi e combattere mettendoci il cuore, l’ingegno, la pazienza, la capacità. Tutti possono andare avanti ma non è una vita facile.

Servono a qualcosa le iniziative e le associazioni antiracket?

N.G.: Iniziative nei primi anni ne ho fatto, ora sto cercando di riprendermi la mia vita e continuare a lavorare e far tornare le persone al ristorante. A volte quando ti butti in queste cose perdi clienti, quindi mi sono rimesso a fare il mio lavoro e sto cercando più serenità possibile in cucina. Comunque sì, le associazioni aiutano: a me sono state vicine.

La vicenda di Natale Giunta, giovane ed energico chef antimafia, ricorda quella del suo collega Filippo Cogliandro, cuoco di fama che a Reggio Calabria ha vissuto vicende analoghe e da anni porta avanti lo stesso determinato impegna del palermitano. In tema infiltrazioni mafiose nella filiera agroalimentare, abbiamo analizzato il fenomeno dei grandi mercati tra Sicilia, Lazio e Lombardia, una grande organizzazione capace di rastrellare miliardi di euro. Quali sono secondo voi le armi più efficaci per combatterla?

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