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La magra raccolta delle olive: stangata all’olio italiano

Adriana Angelieri

Per gli uliveti italiani è stato veramente un brutto momento. A partire dal Nord, dove le piogge della “finta estate” hanno corroso la speranza di poter avere una buona raccolta delle olive, lasciando presagire un calo produttivo tra il 35 e il 50%.
I numeri non ci rassicurano neanche al Sud, soprattutto se si parla del Salento, che quest’anno piangerà lacrime amare per il suo picco discendente: in pasto ai frantoi, un corposo 80% di olive in meno.

Il mercato mondiale dell’olio
Quello italiano non è un caso isolato, anzi. La vera vittima dei dispetti climatici, quest’anno, è stata la Spagna, che dai suoi alberi ha scrollato circa la metà delle olive dello scorso anno. E se tendiamo a sottolinearlo è perché in materia di olio, i fatti della nazione che detiene il primato nella produzione diventano i fatti del mercato mondiale, che infatti scende del 17%. E gli effetti sui prezzi dell’olio sono subito evidenti alla camera di Camera di Commercio di Bari, dove si registra un aumento delle quotazioni del 38%.
E l’Italia? L’Italia riesce a tenersi il suo secondo posto, pur perdendo un buon 30%.

Le “piaghe pugliesi” e la magra raccolta delle olive salentine
L’allarme era stato lanciato dagli olicoltori pugliesi alla fine di agosto, e l’esito dà ragione a loro. Qualche settimana fa infatti “la gazzetta del Mezzogiorno” ci ha dato il triste annuncio: la produzione di olio salentino subirà un crollo dell’80%.

Di chi è la colpa? C’è solo l’imbarazzo della scelta, perché sulla regione si è abbattuta una serie di “disgrazie” con in testa laXylella, il batterio killer che ha divorato la salute di 40mila ettari di uliveti. Ma le piaghe della Puglia non si fermano qui: gli olivicoltori hanno dovuto combattere anche contro la rinchite, un parente del punteruolo, e con la mosca dell’olivo.
E se consideriamo che, in questa regione, sono migliaia le aziende che lavorano nella produzione di olive e olio, c’è davvero poco da ridere.

L’invasione di Nord Africa e Medio Oriente: l’allarme di Coldiretti
Ricapitolando: in Europa, Spagna e Italia, maggiori produttori, ricevono una gran stangata. Resiste invece la Grecia, così come il Portogallo.
Fuori dai confini europei invece, si prevede una produzione discreta per il Marocco, e soprattutto per la Turchia, che con molta probabilità ci inonderannno con il loro olio.

Ed è proprio questo che preoccupa Coldiretti, che con il Medioriente e il Nordafrica non ha niente di personale, ma con i relativi oli sì, per due motivi: anzitutto, perché a fare le spese dei loro discutibili standard di sicurezza e qualità potremmo essere proprio noi, che con circa 460mila tonnellate di olio siamo i primi importatori al mondo.
E poi, perché potrebbero favorire la decadenza del nostro -ormai discutibilmente- pregiato olio extra vergine d’oliva.
Perché? Perché pare si diffonda a macchia d’olio l’abitudine di “tagliare” il nostro prodotto d’eccellenza con quelli che importiamo, per poi imbottigliarlo, esportarlo, e spacciarlo per Made in Italy. Con enormi danni sulla sua reputazione.

I dati confortanti di Coldiretti
Se da un lato la Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti ci allarma, dall’altro ci fornisce dei dati che ci rassicurano. Ci consolerà sapere che nel 2013 abbiamo esportato olio per oltre 1 miliardo di euro, soprattutto negli U.S.A, e che il fatturato del settore stimato si aggira sui 2 miliardi di euro.
Infine, le piante su cui possiamo contare per la prossima raccolta delle olive sono 250 milioni. Non ci resta che sperare che il clima faccia il suo dovere…

Siciliana trasferita a Bologna per i tortellini e per il lavoro. Per Il Giornale del Cibo revisiona e crea contenuti. Il suo piatto preferito può essere un qualunque risotto, purché sia fatto bene! In cucina non devono mancare: basilico e olio buono.

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