Invitare a cena un catanese

5 cose da non fare se invitate a Cena un Catanese

Silvia Trigilio

Avvezzo al mare e solito alla montagna (etnea, s’intende), imbattibile venditore, essere dotato di indubbio fascino, inconfutabile ingegno, raro senso artistico, invidiabile loquela, insuperabile nella produzione di supercazzole di sicuro effetto e freddure che vi lasceranno disarmati.

Il catanese eccelle in tutto (persino in modestia), perché il suo DNA possiede un gene su cui gli scienziati non sono ancora riusciti a pronunciarsi e che dunque manca di una vera e propria denominazione scientifica: quello che gli permette di cascari sempri a ditta, ovvero, cavarsela in ogni situazione, risultando peraltro oltremodo simpatico.

Se decidete di invitare a cena un catanese, quindi, dovete essere preparati: siete tenuti a conoscere per filo e per segno le 5 cose che non vi dovete arrisicare (azzardare) a dire o a fare.
Menza parola…’mbare!

Liotro

Fonte immagine: flick.com
Autore: Francesco Pappalardo

Invitare a cena un catanese : 5 cose che non dovete arrisicarvi a fare

1.  I convenevoli, “picchì su i maccarruni c’allinchiunu a panza”

Mangiare a Catania

Fonte immagine: Flickr. com
Autore: Mark ristorante catania

A differenza di quanto detto a proposito del pescarese, il catanese non è interessato alla cura dei dettagli e non presta attenzione ai convenevoli. Il suo pragmatismo lo porta a badare alla sostanza piuttosto che alla forma, picchì a chiacchiera è bella, ma su’ i maccarruni c’allinchiunu a panza (la chiacchiera è bella, d’accordo, ma è con i maccheroni che ci si sazia…), quindi prendete il detto alla lettera: piatti abbondanti. Anche perché Egli possiede due caratteristiche che riescono a farvi innamorare di lui per essendo letali alla vostra sensibilità: può ironizzare su tutto con un tempismo e una fantasia linguistica schiacciante, e non ha peli sulla lingua, quindi siate vigili, accura.
La cosa più carina e premurosa che potrebbe dirvi, di fronte ad una parca portata, è “’Mbare, nun c’era mancu bisognu c’alluddavi u piattu” (amico, compagno, fratello, stando così le cose potevi evitare di sporcate il piatto).

 

2. Mai dire Calcio Catania

Calcio Catania

Ogni volta che un catanese mette al mondo un altro catanese, insieme al gene della catanesità, gli trasmette delle verità inconfutabili che nessuno mai si sognerebbe si sfidare: 

1. Sant’Agata, Santa Patrona della città  
2. Catania Calcio (che resti fra noi, l’ordine di priorità è inverso).

Quindi (ancora una volta) accura: il calcio è sempre un buon argomento per rompere il ghiaccio durante una cena, ma non con un catanese, non in questo periodo. Perché non sarebbe carino da parte vostra rigirare il coltello nella piaga e perché potreste fare le quattro del mattino e andare a letto con in testa l’eco di un nome, che ai rossazzurri fa ormai lo stesso effetto della parola “Palermo”: Pulvirenti.

 

3. Menù vegetariano: “Ah cchi ti paru ‘na capra?”

Carne di cavallo

Fonte immagine: Flickr.com
Autore: HEN-Magonza

E con questo non vogliamo dire che la sensibilità vegana e vegetariana non abbia toccato la città etnea, anzi. Ma sopravvive con forza una compagine autentica, ancorata alla tradizione del territorio  e alla sua storia, che tutela con rigore uno stendardo dell’identità: a puppetta ‘i cavaddu. E la polpetta di cavallo, badate bene, non va considerata un piatto tipico, ma un obbligo etico e morale, un simbolo che parla della città quanto il Liotro che sovrasta la Piazza del Duomo e l’Etna che si staglia in tutta la sua maestosità contro il cielo e dietro i palazzi di una via Etnea percorsa da bravi chistiani e mammoriani.

Il panino con la carne di cavallo è un rito che un catanese deve periodicamente rispettare, preferibilmente compiendo un pellegrinaggio da Achille, in via Plebiscito, o ‘na ‘za Paola, nei pressi del Castello Ursino.
Per concludere: prima di rischiare di perdere la sua amicizia proponendogli un menù vegetariano, assicuratevi che abbia realmente abbracciato questa filosofia di vita, o vi sentirete probabilmente dire “Evva?! A chi ti pari ca sugnu na capra?”

 

4. Non bestemmiare: la parmigiana dev’essere bella ‘nsivata

Parmigiana di melanzane

Se volete fare i salutisti di fronte ad una parmigiana, livatici manu: la parmigiana, dev’essere bella ‘nsivata (unta a dovere).  Quindi niente melanzane arrostite ma rigorosamente fritte perché sarebbe una bestemmia culinaria insostenibile. Insostenibile quanto chiamare l’arancino “arancina”: a Catania  è peccato mortale, lo sapevate no?

 

5. Non ti offendere ‘mbare: “sapi bello, ma u miu sapi ancora chiù bello”

A questo punto, avete deciso di inserire nel vostro menù il vostro cavallo di battaglia (no, stavolta la polpetta non c’entra) sperando che il catanese si pieghi al complimento? Ma allora siete veramente ‘ntonteri! Noneeee!!! Perché anche se avete vinto il bastaddu affucatu award(ipotetico premio per il miglior cavolfiore viola affogato, che a Catania viene denominato, per l’appunto, bastaddu), il catanese porterà la forchetta alla bocca esternando piacere e soddisfazione, vi farà dei gran complimenti, vi chiederà cosa ci mettete e “quantu ‘u lassasti ‘ndo focu, u bastaddu?”. È a quel punto, quando penserete di avercela fatta, quando sarete convinti di avergli strappato la vittoria, che lui vi colpirà alle spalle con un : “Bello sapi ‘mbare, bello pi daveru, ma nun t’affenniri, chiddu da me campagna sapi ancora ‘chiù bello!” (E’ squisito, squisito davvero, amico mio, ma senza offesa, gli ortaggi delle mie terre hanno un gusto superiore).
Perché di qualunque cosa si tratti, il catanese sa farla meglio, anzi, come dice Mattia Serpotta, illustre studioso di catanesità, “Se un inglese non sa fare qualcosa, si ferma e impara. Se un catanese non sa fare qualcosa, si ferma e te la spiega”.

Catanese

Infine, un monito, un suggerimento, un consiglio: se volete penetrare l’animo del catanese fino in fondo, dovete imparare a leggere bene tra le righe, sviscerare le metafore e stare dentro la sua ironia. E se c’è un modo per farlo, è capire che per un catanese, tra il dire e il fare, c’è di mezzo un ‘mbare, con tutto l’universo di significati che questa parola racchiude e che un catanese ha saputo spiegare in modo ineguagliabile in un suo post.

A te che hai deciso di invitare a cena un catanese, buon appetito, ‘mbare.

 

Fonte immagine in evidenza: Flickr.com
Autore: Eugenio Schininà

Nata ad Augusta, in provincia di Siracusa, vive a Bologna, dove lavora per l'agenzia di comunicazione Noetica. È direttore responsabile de Il Giornale del Cibo, per cui si occupa di Food Innovation. Il suo piatto preferito è l'insalata di polpo, a patto che sia fresco e cotto bene, perché "è un piatto semplice che riesce a portarmi a casa senza prendere l'aereo". Per lei in cucina non possono mancare il limone, l'origano, l'olio buono e una bottiglia di vino bianco.

10 risposte a “5 cose da non fare se invitate a Cena un Catanese”

  1. Maurizio ha detto:

    Ho letto l’articolo e da catanese “marca liotru” confermo ogni parola. Complimenti per come avete riassunto la personalità catanese con spirito e originalità.
    Mbare si troppu a postu 🙂

  2. Claudia ha detto:

    è il decalogo dello zaurdo non del catanese..

  3. Mario ha detto:

    mbari, tuttu appostu, ma chidda ca mangia levva nan si chiama capra ma crapa.
    Amico, fratello, tutto a posto, ma l’animale che mangia l’erba, cioè il vegetariano, in catanese non si chiama capra bensì crapa. Errata corrige

  4. gianni ha detto:

    Grazie mi fa venire in mente la cucina di mia mamma. Quando sarò in forma verrò a Catania e sarò onorato di invitarti a cena a te la scelta del ristorante più tipico di Catania. Ciao

  5. Augusto ha detto:

    Sto morendo dalle risate! Siete stati mitici!Bravissimi m’bari !

  6. CARMELO ha detto:

    Ma chissacciu che ie diri cissacciu che ie fari megghiu ca non dicu e non fazzu nenti
    mbari ma a pasta che saddi co finucchettu i saddi a baccafico i puppetta arrustuti ca pampina do limoni a pasta che masculini e a pusedda u baccalà a ghiotta i stummi cu l’agghiata i sauri ca cipuddata u tunnu ca cipuddata a cipollina a siciliana ca giova do bari Taithi do fasano e chiè aristamu asciutti asciutti minghia i cacocciuli i pipi arrustuti e nu cannullicchiu ca ricotta chi fa non nu mmuccamu.Carusi a poi ni viremu tutti davanti o Garibbaddi senza ammuttari ca ni facemu na lavanna Noi siamo MARCA LIOTRO CI ARMIAMO DI LETTERE CI ORNIAMO DI SPADE L’ETNA CI HA FORGIATI 9 VOLTE SIAMO STATI CANCELLATI 9 VOLTE SIAMO RISORTI “MELIOR DE CINERE SURGO”

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