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Intolleranza al Lattosio: cos’è e da cosa ha origine?

Matteo Garuti

L’intolleranza al lattosio è diffusa in Italia e nel mondo, anche se spesso la conoscenza su questa condizione non è sufficiente. La presidente dell’Associazione italiana dei latto-intolleranti ci aiuta a definirla, descrivendone le origini, i sintomi e la diffusione.

Intolleranza al lattosio: che cos’è?

Maria Sole Facioni, presidente dell’Associazione italiana dei latto-intolleranti onlus (AILI), definisce l’intolleranza al lattosio. “Insieme alla celiachia, l’intolleranza al lattosio è una delle principali intolleranze riconosciute a livello scientifico. È causata dalla mancanza parziale o totale dell’enzima lattasi, che digerisce il lattosio nei suoi due zuccheri semplici, il glucosio e il galattosio. I sintomi più comuni accusati da chi assume lattosio senza poterlo digerire sono il dolore e il gonfiore addominale, la diarrea o la stitichezza e la nausea. Oltre a questi, ci sono sintomi più generici, come la stanchezza, la perdita di peso, il mal di testa e le eruzioni cutanee.”

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Tre forme di intolleranza al lattosio

La presidente Facioni ricorda che l’intolleranza al lattosio si distingue in tre forme scientificamente riconosciute. “Esistono tre forme di intolleranza al lattosio. La prima è la forma genetica primaria, permanente e determinata dal DNA. In questo caso è presente una variazione genetica che determina l’assenza, parziale o totale, dell’enzima lattasi. Secondo studi scientifici, la riduzione della lattasi può arrivare al 95%. Chi presenta un’intolleranza al lattosio genetica permanente rimane intollerante per tutta la vita, e dovrà seguire una dieta adeguata.”

“La seconda forma, definita transitoria, è dovuta ad altre cause che possono scatenare il malassorbimento del lattosio a livello intestinale, come ad esempio la celiachia. In questo caso può essere sufficiente un periodo di ‘disintossicazione’, con una dieta priva di lattosio per nove mesi o un anno. Questo permette di far rientrare i sintomi dell’intolleranza, risolvendo al contempo la causa scatenante, fino a quando le cellule tornano a produrre la lattasi. Dopodiché sarà possibile reintrodurre gradualmente nella dieta i prodotti che contengono lattosio.”

“La terza forma, rarissima, è l’intolleranza al lattosio congenita. In questo caso, il neonato non digerisce nemmeno il latte materno. Oggi, purtroppo, le due forme principali non sono sufficientemente conosciute e la ricerca deve ancora progredire.”

Intolleranza al lattosio e celiachia

La presidente di AILI parla del legame che talvolta sussiste fra intolleranza al lattosio e celiachia. “La celiachia è una delle malattie predisponenti per l’intolleranza al lattosio. La lattasi viene prodotta sulla sommità dei villi intestinali, presenti nella mucosa intestinale. La celiachia determina un’alterazione di questi villi, condizione che non permette una sufficiente produzione di lattasi. Finché il glutine non viene eliminato dalla dieta, i villi non ritornano alle condizioni normali, non consentendo la digestione del lattosio. Il discorso cambia se il corredo genetico determina un’intolleranza al lattosio permanente, che prescinde dalla celiachia.”

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Le origini dell’intolleranza al lattosio

La dottoressa Facioni illustra la teoria scientificamente più accreditata sulle origini dell’intolleranza al lattosio. “Originariamente l’essere umano non digeriva il latte e i suoi derivati in età adulta. Si stima che circa diecimila anni fa – col passaggio della vita nomade a quella stanziale, accompagnato dall’introduzione dell’allevamento e dell’agricoltura – si verificò l’introduzione dei prodotti frutto dell’allevamento nella dieta dell’essere umano. La comparsa di un mutamento genetico, più recente, che permetteva la digestione del lattosio anche in età adulta rappresentò un vantaggio selettivo. Questo cambiamento genetico evolutivo si diffuse in circa metà della popolazione, che quindi acquisì la capacità di digerire il lattosio. Questa è la teoria più comune e accreditata a livello storico e scientifico.”

“Per chi non ha questa dote genetica, la produzione di lattasi inizia a decrescere sensibilmente dopo i due anni di vita. Durante l’adolescenza si nota se la capacità di digerire il lattosio viene meno. Invece, chi possiede questo vantaggio selettivo continua a produrre lattasi anche in età adulta. Questa evoluzione si è manifestata sia a livello genetico che culturale.”

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La diffusione dell’intolleranza al lattosio

La dottoressa Facioni presenta alcuni dati sulla diffusione dell’intolleranza al lattosio in Italia e nel mondo. “Nel 2010 l’EFSA ha stimato una diffusione dell’intolleranza al lattosio su circa il 56% degli italiani, mentre sull’intera popolazione mondiale l’incidenza raggiungeva il 70%. La diffusione non è omogenea, infatti ci sono zone del mondo in cui l’incidenza è molto maggiore rispetto ad altre”.

“Nei Paesi orientali la percentuale di latto-intolleranti varia dall’80 al 100%, mentre nei Paesi scandinavi è molto meno frequente, con un 5-15%. In Italia c’è una diversa distribuzione fra Nord a Sud, con un’incidenza superiore nelle isole e nelle regioni meridionali, con zone che sfiorano il 70%. Questi dati destano sempre molto stupore quando li presentiamo agli incontri e ai convegni.”

“In generale, nei Paesi mediterranei l’incidenza è alta. In Africa ci sono zone in cui si registra il 60-70% di latto-intolleranti, mentre nell’Africa meridionale si arriva all’80-100%. Queste forti differenze si devono a una combinazione genetico-culturale.”

“Dalle nostre statistiche e da altre ricerche pubblicate in Italia emerge che tre persone su quattro non hanno una diagnosi certa. Gli individui che non sanno ancora di essere intolleranti al lattosio, quindi, sono davvero molti. Questo purtroppo avviene perché i sintomi dell’intolleranza al lattosio si possono sovrapporre a quelli di altre patologie o di altre intolleranze. Fra i latto-intolleranti non ancora diagnosticati, non tutti manifestano sintomi della stessa entità.”

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Per approfondire il tema dell’intolleranza al lattosio, può essere interessante leggere i nostri articoli sulle alternative alimentari prive di questo zucchero, come ad esempio alcuni formaggi e la frutta secca. Ci siamo già occupati anche di celiachia, focalizzando sui sintomi di questa condizione e sulle caratteristiche negative dei cereali moderni.

Matteo è nato a Bologna e vive a San Giorgio di Piano (Bo), è giornalista, sommelier e assaggiatore di olio d'oliva, ha collaborato con il Dipartimento di Scienze e Tecnologie agro-alimentari dell'Università di Bologna. Per Il Giornale del Cibo si occupa di attualità, salute, cultura e politica alimentare. Apprezza i cibi e le bevande dai gusti autentici, decisi e di carattere. A tavola ama la tradizione ma gli piace anche sperimentare: per lui in cucina non può mancare la creatività, "perché è impossibile farne a meno!"

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