il latte fa bene o male

Il latte fa bene o male? Cosa è bene sapere sul consumo di latticini

Matteo Garuti

Dopo esserci già occupati della presunta nocività del latte, su indicazione dei nostri lettori abbiamo voluto approfondire ulteriormente questo tema. Questa volta abbiamo interpellato il professor Enzo Spisni, fisiologo della nutrizione dell’Università di Bologna, che ci aiuterà a capire se il latte fa bene o male. In questa prima parte dell’approfondimento, ci concentreremo sull’introduzione dei latticini nell’alimentazione umana e sulle conseguenze di questo importante passaggio.

Il latte nell’evoluzione umana

Prima di capire se il latte fa bene o male, è utile conoscere il legame storico ed evolutivo in base al quale i latticini rientrano nel consumo umano. Il professor Spisni descrive l’inizio del consumo di questi prodotti da parte dell’essere umano, che secondo gli studi più accreditati è relativamente recente. “Dal punto di vista evolutivo, si stima che l’introduzione di questi alimenti sia iniziato parallelamente all’addomesticamento degli animali, che insieme alla coltivazione dei primi cereali risale a circa diecimila anni fa, anche se la datazione è grossolana. Questa rivoluzione della nutrizione umana ebbe luogo in diverse zone del mondo, ma la Mezzaluna fertile (valle del Nilo e Mesopotamia, ndr) fu certamente una delle prime aree nelle quali il fenomeno iniziò. In quella parte del Medio Oriente avvenne uno dei primi episodi di un fondamentale passaggio evolutivo per l’essere umano, che da raccoglitore e cacciatore divenne prevalentemente agricoltore, pastore e allevatore. L’essere umano cominciò così a consumare il latte degli animali che allevava. Prima non era possibile, per il semplice fatto che il latte, e di conseguenza i latticini, non erano disponibili.”

mucche pascolo

L’unico mammifero che beve latte in età adulta, ma…

Spisni risponde a uno dei principali assunti sostenuti da chi è contrario al consumo di latte. “Si potrebbe rispondere che l’essere umano fa tante altre cose che gli animali non fanno… Cuociamo il cibo ed utilizziamo le posate, ad esempio. È senz’altro vero che l’essere umano è l’unico mammifero a bere latte dopo lo svezzamento, e questa considerazione ci dice che evolutivamente non c’è necessità di bere latte in età adulta. I bambini che nascevano prima dell’avvento dell’allevamento non potevano bere latte dopo lo svezzamento, semplicemente perché non era un alimento disponibile, eppure crescevano e arrivavano in età adulta senza particolari carenze. La vita media era più bassa, è vero, ma lo era per altre ragioni, non certamente perché non si beveva il latte.”

“Quindi, è vero che l’essere umano è l’unico mammifero che beve latte dopo lo svezzamento, ma è anche l’unico mammifero dotato di mutazioni specifiche, sviluppate nel corso degli ultimi diecimila anni, che permettono di tollerare il lattosio anche in età adulta. Questo, tuttavia, vale per una certa percentuale di esseri umani. È chiaro, inoltre, che il latte non è un alimento da sempre presente nella storia evolutiva umana, ma è presente solo nella storia recente. Tuttora, siamo male adattati al consumo di latte e latticini in età adulta, e questo si può dire senza ombra di dubbio, perché l’introduzione di questo tipo di alimenti è relativamente recente. Parlando di evoluzione, diecimila anni sono un periodo molto breve, quindi è normale pensare che il nostro intestino sia ancora male adattato al consumo di un alimento che tutto sommato è entrato nell’alimentazione da poco tempo. Il nostro sistema digestivo ha trascorso gran parte della sua evoluzione basandosi una dieta da raccoglitori-cacciatori, questo è quello per cui siamo programmati evolutivamente dal punto di vista della nutrizione. Il latte e i latticini non fanno parte di questo lungo adattamento evolutivo, ma solo della breve storia degli ultimi diecimila anni.”

Il latte fa bene o male?

bere latte

Ci sono diversi aspetti in base ai quali il latte può essere visto come un alimento del quale è meglio non abusare, eccone alcuni.

Consumo di latte e intolleranza al lattosio

Enzo Spisni parla del consumo di latte in relazione all’intolleranza al lattosio, uno zucchero tipicamente presente nel latte. “Circa il cinquanta per cento degli italiani è geneticamente intollerante al lattosio, con differenze significative fra diverse aree del mondo. Spostandosi verso i Paesi del Nord Europa, la percentuale di intolleranti scende, fino ad attestarsi al di sotto dei trenta casi su cento. Nelle zone equatoriali, ad esempio nel Sud-Est asiatico, circa il novanta per cento della popolazione è intollerante al lattosio. Questi dati confermano che l’essere umano, tuttora, è evolutivamente disadattato al consumo di latte, pur evidenziando chiare differenze fra individui e fra popolazioni nel mondo.”

“Il lattosio è uno zucchero che se assunto da un intollerante causa problemi, legati soprattutto dalla sua fermentazione. Il lattosio raggiunge i distretti più lontani dell’intestino, fino al colon, dove non dovrebbe arrivare. In quest’area fermenta, producendo gas e gonfiore, richiamando acqua, e dando quindi origine a spiacevoli conseguenze, come per esempio la diarrea osmotica. Queste sono le problematiche legate ai sovraccarichi di lattosio, non alle piccole quantità.”

“La lattasi, l’enzima che scinde il lattosio, è un enzima inducibile. Pertanto, se un individuo geneticamente tollerante al lattosio smette di bere il latte, diventa fisiologicamente intollerante perché la produzione di questo enzima si abbassa, diventando insufficiente. Tuttavia, la lattasi si può riattivare, inserendo piccole dosi di latte con progressivi aumenti. Per i soggetti geneticamente intolleranti, invece, la lattasi resta sempre insufficiente, e quindi un sovraccarico di lattosio genera problemi. L’intolleranza al lattosio non è un’allergia e l’intollerante al lattosio non è obbligato a evitare totalmente latte e latticini. Si tratta di un’intolleranza quantitativa, pertanto si devono evitare gli eccessi, per scongiurare il rischio di reazioni negative. Tra l’altro per chi ha problemi di intolleranza esistono in commercio un’ampia gamma di prodotti senza lattosio, compreso il latte.”

Latte e apporto di calcio

latte calcio

Enzo Spisni spiega come non sia pienamente corretto associare il consumo di latte al fabbisogno di calcio. Ecco un altro passaggio importante per capire se il latte fa bene o fa male. “Ci sono stati tanti esempi di campagne pubblicitarie che promuovevano un consumo quotidiano ed elevato di latte, citando il contenuto di calcio fra le proprietà benefiche di questo alimento. Erano quasi sempre i produttori a spingere questo consumo eccessivo. Ricordo ad esempio alcuni vecchi spot degli Stati Uniti, ora visibili in rete, che suggerivano il consumo di tre bicchieri di latte al giorno. Questa credenza che associa i latticini all’apporto di calcio va rivista, perché in realtà il calcio ha un bilancio delicato, e i latticini, contenendo proteine animali, tendono ad avere un doppio effetto. Sono certamente alimenti ricchi di calcio ma, come tutte gli alimenti ricchi in proteine animali, aumentano le escrezioni di questo minerale. Quindi, sul bilancio complessivo del calcio, latte e derivati non sono alimenti eccezionalmente positivi, come si è detto per molto tempo. Sono molti gli studi, anche recenti, che dimostrano che non c’è un reale beneficio nell’aver consumato latte e latticini durante la vita sull’osteoporosi che insorge nella terza età, specie nelle donne.”

Il latte fa bene o male in relazione all’età?

Il professor Spisni parla del consumo di latte in relazione all’età. “Nella tenera età c’è un maggiore fabbisogno di calcio, perché il bambino sta strutturando lo scheletro. È bene inserire il consumo di alimenti ad alto contenuto di calcio all’interno di una dieta molto ricca di vegetali, per ridurre la perdita di questo minerale dovuta all’effetto delle proteine animali. Nell’adulto questo consumo non è necessario, perché il fabbisogno di calcio è minore, salvo alcuni stati fisiologici particolari, come ad esempio la gravidanza. Non dimentichiamo, per esempio, che una fonte di calcio a costo zero è l’acqua del rubinetto.”

“La credenza – diffusa anche fra alcuni pediatri – secondo la quale senza il latte non si possa crescere è sbagliata e da sfatare. Ci sono circa un miliardo e mezzo di induisti in India che non assumono latte e latticini per motivi religiosi e fanno crescere i bambini senza questi prodotti, senza che i più piccoli accusino carenze di calcio quando hanno sufficiente accesso al cibo. Nel mondo sono molte le culture alimentari che non prevedono il consumo di latte e latticini dopo lo svezzamento.”

formaggi latte

I latticini non sono tutti uguali

Il professor Spisni ricorda che fra il latte e i vari tipi di latticini sussistono differenze considerevoli sul piano nutrizionale. “I formaggi più stagionati e fermentati contengono meno lattosio e hanno il vantaggio di avere proteine – caseina inclusa – parzialmente pre-digerite dai processi fermentativi, anche se in genere hanno un contenuto di grassi e colesterolo è più elevato. Questi formaggi, inoltre, hanno un altro aspetto favorevole, dovuto ai loro sapori e profumi molto forti, che necessariamente ne riducono il consumo. Mangiare 250 grammi di mozzarella, ad esempio, è molto più semplice che mangiare la stessa quantità di un pecorino stagionato. Questo può essere un altro suggerimento per ridurre l’utilizzo di latticini, pur orientandosi verso prodotti appetibili e di qualità. Lo yogurt naturale, fatto con quantità elevate di fermenti lattici vivi, è un altro esempio di un latticino in cui sia il lattosio che le proteine vengono parzialmente degradate durante la fermentazione.”

Restano le questioni etiche e ambientali

Enzo Spisni ricorda cosa può comportare il consumo di latte e latticini in termini etici e ambientali. “La questione etica permane. Io mi riferisco alla nutrizione, ma è chiaro che sussiste un problema etico. Chi visita gli allevamenti intensivi, che siano allevamenti da latte o da carne, si può rendere conto che gli animali allevati con questo sistema non vivono bene. Questo va considerato, anche se si entra in una questione legata alle scelte di coscienza di ognuno di noi.”

“Oltre a questo c’è un altro aspetto, altrettanto etico e ancor più importante. Gli allevamenti di ruminanti contribuiscono all’effetto serra in modo significativo, consumano una enorme quantità di acqua e necessitano di enormi superfici coltivate a foraggio, sottratte alla produzione di alimenti ad uso umano. Di fatto, consumando grandi quantità di carne bovina o grande quantità di latte e latticini come accade oggi nei paesi industrializzati, si provoca un impatto ambientale complessivo non trascurabile e certamente insostenibile rispetto ad una popolazione umana che si appresta a raggiungere i 9 miliardi di persone previste per il 2050. Questo è un altro problema etico che va ad aggiungersi alle pessime condizioni di vita degli animali negli allevamenti intensivi.”

latte mucche

Il latte non è un veleno ma non è indispensabile

Per chi si chiede se il latte fa bene o male, ecco una conclusione di massima delineata dal professor Spisni. “Fermo restando che il latte non è certo un veleno, che lo si può bere e che gli intolleranti hanno tutte le possibilità di scelta di latticini senza lattosio, si tratta comunque di un alimento animale ad alta densità calorica, spesso ricco di grassi, di cui bisognerebbe limitare il consumo. Questo è il mio suggerimento, legato banalmente all’accertata salubrità della dieta mediterranea, di cui conosciamo e riconosciamo le proprietà benefiche sulla nostra salute. Come confermano gli studi di Ancel Keys, nella Grecia e nell’Italia di molti anni fa il consumo di latticini era molto minore rispetto a quello contemporaneo, e lo stesso valeva per la carne. Questa è una considerazione che secondo me va sottolineata.”

“Beviamo pure il latte, ma ricordiamoci che non è un alimento imprescindibile. Nel mondo sono tante le popolazioni che consumano quantità di latte e latticini praticamente nulle, pur senza accusare carenze di calcio. Il latte non è l’unica fonte di calcio, fortunatamente. Il consumo di latte e latticini dopo lo svezzamento non è affatto indispensabile per la salute.”

Il latte fa bene o male? Per approfondire ulteriormente, può essere interessante sapere cosa ci ha detto la dottoressa Zoni dell’Ospedale Bellaria-Maggiore di Bologna. Insieme alla presidente dell’Associazione italiana dei latto-intolleranti, abbiamo invece parlato dell’intolleranza al lattosio, focalizzando anche sulla diagnosi e sulle ricerche e sull’alimentazione specifica per chi non digerisce questo zucchero tipico del latte.

Matteo è nato a Bologna e vive a San Giorgio di Piano (Bo), è giornalista, sommelier e assaggiatore di olio d'oliva, ha collaborato con il Dipartimento di Scienze e Tecnologie agro-alimentari dell'Università di Bologna. Per Il Giornale del Cibo si occupa di attualità, salute, cultura e politica alimentare. Apprezza i cibi e le bevande dai gusti autentici, decisi e di carattere. A tavola ama la tradizione ma gli piace anche sperimentare: per lui in cucina non può mancare la creatività, "perché è impossibile farne a meno!"

4 risposte a “Il latte fa bene o male? Cosa è bene sapere sul consumo di latticini”

  1. Antonino ha detto:

    Buongiorno Signor Matteo Garuti , mi chiamo Antonino , gradirei avere una conferma su un suo articolo pubblicato sulla rivista internet il giornaledelcibo.it , Il latte fa bene o male? Cosa è bene sapere sul consumo di latticini , dove il professore Enzo Spisni dice che ci sono circa un miliardo e mezzo di induisti in India che non assumono latte e latticini per motivi religiosi e fanno crescere i bambini senza questi prodotti, senza che i più piccoli accusino carenze di calcio quando hanno sufficiente accesso al cibo. Nel mondo sono molte le culture alimentari che non prevedono il consumo di latte e latticini dopo lo svezzamento.”
    Ho provato a cercare delle informazioni su internet , non mangiano la mucca , però sembra che il latte lo bevono , per sicurezza gradirei una sua conferma , grazie.

    • Matteo Garuti ha detto:

      Ciao Antonino, grazie per il tuo commento. Per darti una risposta più esauriente, abbiamo contattato il professor Spisni, che ci scrive:
      “La frase molto succinta conteneva due concetti distinti, e perciò risulta non comprensibile.
      Gli induisti sono vegetariani per religione, cioè non mangiano carne ma uova si e formaggio e latte potrebbero, in teoria. Di fatto, in India, non ci sono piatti a base di latte e latticini nella cucina tradizionale. Fanno eccezione solo una specie di burro nel nord dell’India, che è solo a base di grassi e non contiene calcio, e una specie di formaggio fermentato che è pochissimo utilizzato.
      Gli indiani induisti quindi, tradizionalmente, erano vegetariani e non assumevano latticini se non molto saltuariamente. Quindi in pratica erano vegani con la sola aggiunta di uova.
      Da questo punto di vista gli indiani induisti rappresentano un ottimo esempio di una grande popolazione vegetariana per religione che non assumeva latticini per tradizione. Ma non avevano problemi manifesti di carenze di calcio.
      Ancora oggi, anche se il consumo di latte e latticini in India è molto aumentato (abbiamo esportato le nostre abitudini alimentari), rimane molto al di sotto dei nostri livelli, così pure come l’introito medio di calcio, che in India attualmente è 1/3 – 1/4 rispetto al nostro. E anche negli studi sulla popolazione attuale indiana, non emerge alcun problema particolare di osteoporosi o di carenze di calcio.
      Quanto detto per l’India (ad eccezione del vegetarianesimo) è valido anche per tutto il Sud Est asiatico, in cui non esistevano latte e latticini nella dieta tradizionale di queste popolazioni, ma non abbiamo evidenze di carenze di calcio, nemmeno su base storica (gli scheletri si analizzano bene anche migliaia di anni dopo la sepoltura).”

  2. Ezio ha detto:

    Articolo adatto a chi può dedicare alla lettura almeno 20 minuti a post ma non per quelli che cercano una rapida risposta.

    • Redazione ha detto:

      Buongiorno Ezio,
      sì, i nostri articoli sono generalmente approfondimenti che cercano di analizzare la tematica da tutti i punti di vista, spesso in collaborazione con esperti e citando le principali posizioni e i più importanti studi sul tema. I titoli, per loro natura, devono essere brevi, ma tutto ciò che riguarda salute e alimentazione, in particolare, merita estrema prudenza e il massimo approfondimento per fornire informazioni realmente utili e obiettive.

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