Clonazione animale

Il clone, l’uomo, bestia: 2 libri sulle tracce di Dolly

Giuliano Gallini

Giuliano Gallini

Dieci anni fa uscì il romanzo di Kazuo Ishiguro Non lasciarmi. Una drammatica e dolente storia che ha come protagonisti cloni umani. Erano passati solo due anni dalla morte della pecora Dolly, il tema era forte. Ricordo che il romanzo di Ishiguro mi fece una grande impressione, lo lessi due volte. Uno dei migliori romanzi degli ultimi dieci anni, e mi lasciò turbato.

Nel libro si immaginava la produzione di cloni umani che avevano lo scopo, con il loro sacrificio, una volta diventati adulti, di salvare la vita degli originali ammalati. Ma anche i cloni soffrivano quando venivano eliminati, soffrivano come gli umani quando si ammalano e muoiono. Un libro che, al di là del tema specifico, ci dice quanto le scoperte scientifiche ci stiano cambiando. La “natura”, sulla quale l’uomo è sempre intervenuto, viene ormai manipolata fino a limiti estremi. Molti di noi ormai sopravvivono solo grazie a protesi di ogni tipo e a medicine salva vita. Siamo cyborg. Ci stiamo trasformando: ma non conosciamo la nostra nuova forma. Viviamo in un ignoto di cui non comprendiamo le coordinate etiche.

Poi mi sono dimenticato della clonazione, preso da tutte le altre innovazioni che stanno cambiando la nostra antropologia come quelle dell’elettronica e delle comunicazioni, e solo quando, grazie alla recensione sul Giornale del Cibo di Marisa Santin, ho letto Farmageddon di Philip Lymbery, mi sono tornati in mente i vecchi, cari cloni. Ho capito che la ricerca è andata avanti e che gli esperimenti non sono più solo esperimenti. A quanti cloni ho stretto la mano in questi ultimi dieci anni? A quanti ho carezzato il pelo? Quanti me ne sono mangiati?

Clonazione umana

Duplicare i patrimoni genetici può avere scopi non solo ammissibili ma anche auspicabili. Quelli terapeutici, per esempio. Mi auguro che la ricerca ci consegni possibilità di cura senza le conseguenze dolorose e inaccettabili raccontate nella distopia di Ishiguro. Ma gli scopi della clonazione possono essere tanti. In tempo di selfie quello narcisistico non è da scartare. Non vorreste clonare voi stessi e uscire per una passeggiata con un ragazzo in tutto e per tutto identico a voi? Un voi stesso reale da mandare a spasso per il mondo invece di questi voi stessi virtuali che continuamente create su internet?

Un altro scopo della duplicazione dei patrimoni genetici è quello alimentare e Farmageddon ce ne parla. E ci mette in guardia. Per ogni clonazione animale riuscita centinaia falliscono. I cloni che non ce la fanno muoiono tra sofferenze indicibili: gli organi interni si deformano, i sistemi immunitari sono troppo deboli. La clonazione animale è l’ultima frontiera della moderna politica intensiva nell’allevamento. Alla sofferenza degli animali tradizionali allevati con tecniche intensive si stanno aggiungendo le sofferenze dei cloni.

Ma le aziende di clonazione, ormai pubblicizzano sul loro sito i vantaggi che si hanno ad avere animali geneticamente identici ai migliori dell’allevamento. Mandrie eccezionali per tutti, promettono i clonatori. La clonazione animale «è l’esempio estremo degli strumenti scientifici messi in campo dalle aziende per creare animali di allevamento che possano produrre ancora di più per meno… animali geneticamente programmati per soffrire… con metodi utili per tenere al sicuro, e segreta, la sofferenza».

Inseminazione

L’idea che sto mangiando carne o bevendo latte di un animale clonato non mi piace. O perlomeno devo pensarci. Ammetto di non essere preparato al problema, e che il capitolo sulla clonazione animale ha suscitato in me – e non ne avevo bisogno – un altro dilemma morale. E non so nemmeno bene se mangerei volentieri la carne di un pollo programmato per nascere e crescere senza piume.

Questo tipo di animale, trasformato con le tradizionali tecniche selettive, è stato inventato nel 2002 per ovviare ai problemi che derivano dall’ammassare molti polli d’allevamento in poco spazio. Senza piume ce ne stanno di più, il clima dentro le gabbie è meno caldo e non c’è il costo dello spiumaggio. Fantastico.

Restando al libro di Philip Lymbery, dopo un viaggio nel tunnel degli orrori si esce nel paradiso delle alternative al modello produttivo basato sugli allevamenti intensivi. Di alternative ce ne sono, eccome. Così come ci sono alternative ai tanti altri saccheggi, violenze, sfruttamenti che subisce la Terra che abitiamo.

Il punto debole di queste soluzioni alternative è che le contraddizioni che esse tendono a superare sono figlie di interessi di gruppi di potere molto forti. Sono contraddizioni generate da uno sviluppo capitalistico e da una globalizzazione non controllata. Cambiare questo stato di cose non sarà una passeggiata nel parco. Nemmeno con un clone al fianco.

Scrittore di romanzi, lettore appassionato ed esperto del mondo del cibo e della ristorazione. Crede profondamente nel valore della cultura. In cucina non può mancare un buon bicchiere di vino per tirarsi su quando sì sbaglia (cosa che, afferma, a lui succede spesso).

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