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Food Innovation Global Mission: le tendenze del futuro in giro per il mondo

Elena Rizzo Nervo

Reggio Emilia, già patria della Food Valley, si candida a diventare un polo di raccolta di esperienze e progetti legati al cibo a livello globale. Infatti, il Master di II livello Food Innovation Program inaugurato nel 2015 e dedicato a cibo, tecnologia e innovazione, ha permesso a 15 giovani di fare un viaggio di 60 giorni in giro per il mondo per scoprire innovazioni del cibo che caratterizzano i territori visitati. È la Food Innovation Global Mission, della quale abbiamo parlato con uno dei protagonisti, il prof. Matteo Vignoli, dell’Università di Modena e Reggio Emilia, che, insieme a Sara Roversi del Future Food Institute ha accompagnato i ragazzi in questa esperienza.

Food Innovation Global Mission: alla scoperta dei cibi iconici

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Fonte: facebook.com/foodinnovationprogram

Il Master Food Innovation Program, di cui Matteo Vignoli è direttore scientifico, è promosso da Università degli studi di Modena e Reggio Emilia (Unimore) Future Food Institute di Bologna (FFI), Institute for the Future di Palo Alto (IFTF) e supportato dalla Regione Emilia Romagna. Obiettivo ci spiega l’intervistato “è formare gli innovatori della filiera agroalimentare”. Quindici di loro sono stati selezionati per la Food Innovation Global Mission, patrocinata dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

“Si tratta di un gruppo variegato, scelto per titoli accademici e motivazione personale tra ingegneri, tecnologi alimentari, chimici, economisti, giovani imprenditori, chef, agronomi, esperti di cooperazione internazionale”. Talenti provenienti da Brasile, Etiopia, Egitto, Filippine, Giordania, India, Italia, Polonia, Spagna, Venezuela, Francia, UK, Stati Uniti e Turchia. Con loro il professore di Unimore, insieme a Sara Roversi, imprenditrice bolognese, co-founder, tra gli altri progetti, di YouCanGroup e Future Food Institute, trust, ovvero una coalizione di imprese, nato per affiancare le imprese del settore e le istituzioni in percorsi di formazione, imprenditorialità e innovazione legati al cibo.

60 giorni, 10 tappe

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Fonte: facebook.com/foodinnovationprogram

Il tour di due mesi ha previsto 10 tappe in “capitali mondiali dell’innovazione legate alla filiera dell’agroalimentare, per scoprire perché e in che modo alcuni cibi hanno successo e definiscono un territorio”, chiarisce il professore.

Questo il calendario della Food Innovation Global Mission:

  1. Gennaio – Emilia Romagna – Food Valley (Italia)
  2. Wageningen, Maastricht e Amsterdam (Olanda)
  3. Boston (USA)
  4. New York (USA)
  5. Davis (USA)
  6. San Francisco e Silicon Valley (USA)
  7. Kyoto (Giappone)
  8. Seoul (Repubblica di Corea)
  9. Shanghai (Repubblica Popolare Cinese)
  10. Singapore (Singapore).

A queste, ad aprile si sono aggiunte Londra e Tel Aviv. A sostenere la Food Innovation Global Mission un pool di aziende private interessate alla sperimentazione e alla ricerca che hanno creduto nel gruppo e nel progetto, tra le quali Eataly, Barilla e CIR food.

Cibo iconico tra tradizione e innovazione

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L’obiettivo di questo tour globale del cibo era carpire in ogni angolo del pianeta le novità e le tendenze in fatto di cibo, tra le quali, ad esempio, troviamo il diffondersi dello chef salutistico, figura sempre più richiesta nella ristorazione, non solo italiana.

Ad esempio, “Perché il sushi che ha più di 1000 anni è così di successo ed è sopravvissuto al tempo? In questo caso l’innovazione all’epoca ha riguardato il trasporto poiché mettere il pesce nel riso crea una barriera per i batteri, creando un filtro che ha permesso di trasportarlo dalla Cina al Giappone”. Ecco, allora, che il prof. Vignoli ci aiuta a capire meglio cosa definisce un cibo iconico: “ogni cibo iconico ha una componente di innovazione, o nel prodotto, o nel trasporto o nel processo. L’aspetto del gusto è solo una delle componenti che ne decretano il successo”.

Food innovation

È proprio l’aspetto della food innovation quello che Matteo Vignoli sottolinea quando gli chiediamo se parlare di innovazione del cibo partendo dalla tradizione non sia un ossimoro: “tradizione e innovazione sono la stessa cosa: se pensiamo a qualsiasi cibo tradizionale c’è stato un momento in cui non esisteva: ogni tradizione è un’innovazione che ha avuto successo”. Lo abbiamo visto parlando del prodotto gastronomico iconico sushi, ma è anche il caso dei dumpling, i classici ravioli cinesi, “che sono stati inventati da un militare per non fare deperire la carne che rimane protetta, non essendo a contatto con l’aria”.

Food heroes

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Fonte: facebook.com/foodinnovationprogram

Nel viaggio partito il 18 gennaio 2017 il gruppo ha incontrato il mondo accademico, le comunità, le aziende e i food heroes di ogni paese, ovvero personaggi d’eccezione, comunicatori, chef, startupper, contadini, tutti, a loro modo, innovatori del cibo. “In Olanda, ad esempio, ci siamo dedicati al tema dello spreco alimentare, cenando, ad esempio, da Instock, il ristorante che crea i piatti usando esclusivamente ingredienti ricavati dallo scarto alimentare. A New York abbiamo incontrato Frank Mentesana, direttore, della Philips Academy Charters School – scuola primaria e secondaria, per parlare di educazione alimentare. La scuola promuove il programma educativo Eco Spaces, legato in parte alla campagna Let’s Move di Michelle Obama e nella visita ci hanno raccontato come viene costruito e preparato il menù dei piccoli studenti utilizzando i prodotti coltivati da loro stessi”.

Dall’Est Coast americana all’Oriente

Sono solo alcuni esempi dei tantissimi incontri del tour che ha fatto tappa anche all’Institute for the Future (IFTF) di Palo Alto e alla sede di Google a Mountain View dove “viene dedicata grande attenzione al cibo, anche grazie all’installazione delle “micro-kitchen” piccole stazioni di ristoro vicine al posto di lavoro, nate per far incontrare colleghi che non lavorano insieme e aumentare la contaminazione di idee davanti a uno snack sano”.

Bibimbap
Senza dimenticare la parte orientale del viaggio, con l’incontro a Singapore con la chef Shen Tan, riferimento per lo street food d’autore, o con i delegati di AROFIIN Asia Roundtable on Food Innovation, l’associazione internazionale che vuole facilitare l’accesso a una sana alimentazione alle persone in difficoltà trovando fondi per la ricerca e lo sviluppo di nuovi progetti sulla filiera gastronomica asiatica. A Shanghai, invece, città “Regina d’Oriente”, il gruppo ha conosciuto piccole realtà incontrando, tra gli altri, Jenny Gao, che ha spiegato alla delegazione come tutti i suoi prodotti rispettino le tradizioni, i gusti e i colori della cucina della regione del Sichuan e Sebastian Martin, che ha raccontato come ha deciso di portare nel cuore della cosmopolita Shanghai il sapore del caffè sostenibile prodotto da coltivatori di piccole realtà in tutto il mondo grazie a Cambio Coffee.

Al centro i piatti tipici, come “Il Bibimbap, il piatto a base di base di riso, verdure, uova e carne, simbolo della Corea”, ricorda l’intervistato. Ma anche il ragù o il tortello, che ci riportano “a casa”, perché ora questi studenti sono tornati nella Food Valley emiliana dove lavorano con le imprese del territorio, “reinvestendo” l’esperienza vissuta. È quanto sta accadendo ad esempio con CIR food e Barilla, tra i partner finanziatori della Food Innovation Global Mission.

Perché ha senso investire nell’innovazione del cibo?

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Fonte: facebook.com/foodinnovationprogram

Il professore di Unimore spiega che, ad esempio, “il ragù bolognese 50 anni fa era fatto in maniera totalmente diversa, senza pomodoro e olio d’oliva, ma solo con grassi di natura animale. Oggi, probabilmente, un sugo del genere non verrebbe consumato e apprezzato. La ricchezza di alcuni cibi iconici, quindi, sta la capacità di innovare nella tradizione, e in questo l’Italia è molto brava. È quanto avvenuto anche con il Parmigiano Reggiano, se ci pensiamo. Qui l’innovazione è stata trasformare un alimento deperibile come il latte, in uno conservabile per mesi, che, anzi migliora di giorno in giorno con la stagionatura. Ecco il successo, ed ecco perché ha senso investire nella food innovation”.

La nostra chiacchierata con il prof. Matteo Vignoli si conclude sottolineando uno degli aspetti più interessanti che la Food Innovation Global Mission ha permesso di confermare, ovvero il ruolo degli agricoltori: “i nuovi eroi in tutto il mondo sono i produttori di cibo. Infatti, abbiamo constatato che dappertutto le persone che aprono una nuova azienda agricola sono molto apprezzate e sostenute. Anche in una megalopoli come New York, dove stanno aprendo aziende agricole sui tetti. Il settore primario è di nuovo al centro e l’opinione pubblica è contenta di questo ritorno all’agricoltura. A tal proposito, è emblematico come nella Silicon Valley non susciti più emozione l’avvio di una nuova start up, ma piuttosto i giovani che aprono un’azienda agricola”.

Per conoscere i racconti di viaggio, le esperienze e il resoconto di tutte le tappe della Food Innovation Global Mission vi rimandiamo al sito ufficiale del progetto, dove troverete anche i video reportage di ogni tappa, dei quali vi proponiamo quello finale.

Il cibo e l’esperienza della tavola sono davvero un linguaggio globale che mette d’accordo tutti, con un diffuso interesse per il settore agricolo. A tal proposito potrebbe interessarvi anche leggere il racconto di 7 storie di imprenditoria femminile, oppure, a proposito di food innovation, avete già sentito parlare del burger impossibile?  

Giornalista pubblicista, Elena è nata a Bologna, dove vive e lavora. Per Il Giornale del Cibo si è sempre occupata di attualità, sana alimentazione e sostenibilità. Il suo piatto preferito é il Gâteau di Patate, "perché sa conquistare tutti, unendo gusto e semplicità". Per lei in cucina non può mancare una bottiglia di vino, "perché se c'è il vino c'è anche la buona compagnia".

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