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Pesce Crudo e Anisakis: i sintomi da riconoscere

Matteo Garuti

Anche in Italia il consumo di pesce crudo è in aumento, soprattutto a causa della diffusione del sushi, specialità della cucina giapponese. L’assenza di cottura può essere rischiosa, per via della possibile presenza di patogeni e parassiti negli alimenti: l’anisakis è fra i più pericolosi. Dopo aver approfondito come scegliere bene il pesce crudo e il sushi, questa volta ci occuperemo di anisakis e dei sintomi a esso legati.

Cos’è l’Anisakis?

tonno e sesamo

Prima di entrare nel merito dell’anisakis dal punto di vista dei sintomi che è in grado di provocare, è bene definirlo per capire meglio di cosa si tratta. Quella dell’anisakis è un particolare famiglia di vermi parassiti, in genere presente nell’intestino dei mammiferi marini, come i delfini e le foche. Nello stadio di larva, si trova anche in molti pesci, come il salmone, il tonno, le acciughe, il merluzzo e lo sgombro, nei quali è diffusissimo. Si stima che sia rintracciabile, ad esempio, nell’85% delle aringhe e nel 70% dei merluzzi.

Il ciclo vitale dell’anisakis è particolarmente complesso e coinvolge molti esseri viventi dell’ecosistema marino. Le uova di questo parassita si diffondono in mare tramite le feci dei mammiferi marini sopra citati, poi, allo stadio larvale, l’anisakis è ingerito dai gamberetti più piccoli e dai calamari, che a loro volta saranno predati da altri pesci. Se il pescato non viene presto eviscerato, questo verme può trasferirsi nelle carni degli animali.

L’Anisakiasi

L’anisakiasi, o anisakidosi, non è altro che la condizione provocata dall’ingestione involontaria dell’anisakis, che per sintomi e caratteristiche è classificabile come parassitosi. Le forme e i livelli di gravità possono essere diversi, senza escludere la possibilità di infiammazioni, ulcere e reazioni allergiche serie.

tartare tonno anisakis

Se si consuma pesce crudo o poco cotto, che non sia stato correttamente abbattuto o congelato, potenzialmente si possono ingerire anche le larve di anisakis. Quando le larve riescono a raggiungere il sistema digerente si attaccano alle pareti degli organi, utilizzando il loro particolare apparato boccale. Per alimentarsi e difendersi dai succhi gastrici dello stomaco, le larve perforano in profondità le pareti e le mucose, danneggiando l’area circostante al punto nel quale sono attaccate. Inoltre, riescono a staccarsi e attaccarsi varie volte, provocando numerose ferite. Talvolta possono persino oltrepassare le pareti intestinali, fino a diffondersi in altre parti dell’organismo, come il fegato, la milza, il pancreas e i vasi ematici.

Nel corpo umano l’anisakis permane in genere per non più di tre settimane, per poi essere eliminato dalle difese immunitarie. Tuttavia, anche dopo la loro scomparsa i sintomi e idanni creati all’esofago, allo stomaco, all’intestino e al colon permangono.
Al momento dell’ingestione di pesce infestato da anisakis, il primo fra i sintomi può essere una sorta di prurito alla gola. Quando ciò avviene, si deve tentare di espellere le larve il prima possibile, prima che raggiungano l’esofago. È bene precisare che l’anisakis non si trasmette tra gli esseri umani.

sushi anisakis

L’anisakiasi si cura rimuovendo i parassiti dall’organismo, con endoscopia e spesso anche con intervento chirurgico. Ad ogni modo, è meglio non aspettare che i parassiti muoiano. Talvolta, invece, può bastare l’utilizzo di farmaci a base di albendazolo.
L’anisakiasi è più diffusa dove tradizionalmente si consuma pesce crudo, in Paesi come il Giappone o gli Stati dell’Europa settentrionale. La diffusione globale del sushi e della cucina giapponese hanno inevitabilmente generato questo effetto collaterale.


Le larve di anisakis possono protrarre sintomi ed effetti nocivi anche dopo la cottura e il congelamento, in quanto rilasciano secrezioni nelle carni dei pesci infestati, che possono causare reazioni allergiche nei soggetti sensibili. Nelle persone che lavorano nel settore ittico è stata riconosciuta l’incidenza di una forma di allergia che può causare congiuntivite, asma e dermatiti.

Anisakis e Sintomi: come lo riconosci?

La parassitosi da anisakis e i suoi sintomi si possono manifestare a partire da poche ore dopo aver mangiato il pesce crudo, con nausea, forte dolore addominale e vomito. In seguito, si possono verificare febbre, diarrea e ulcerazioni. Anche le reazioni allergiche, come detto, non sono da escludere. In questo caso l’anisakis causa sintomi come lo shock anafilattico, l’orticaria, la congiuntivite e gli attacchi d’asma.

tonno anisakis

Ecco una serie di sintomi da riconoscere:

  • Forte dolore addominale
  • Nausea
  • Respirazione affannata
  • Pesantezza di stomaco
  • Vomito
  • Diarrea
  • Febbre
  • Calo delle forze
  • Congiuntivite
  • Orticaria
  • Perforazione gastrointestinale
  • Emorragia gastrointestinale

Anisakis: Prevenzione

Qui di seguito alcune indicazioni utili per prevenire la parassitosi da anisakis e i sintomi che la caratterizzano.

  • Pulire bene il pesce. L’accurata pulizia del pesce, che va eviscerato il prima possibile, aiuta a diminuire il rischio del passaggio delle larve dagli intestini ai tessuti muscolari del pesce.
  • Mangiare pesce crudo solo nei locali che garantiscono la massima igiene.
  • Congelare. L’efficacia del congelamento dipende sia dalla temperatura che dal suo protrarsi. Si ritiene che congelare a -18° per almeno 96 ore sia sufficiente, anche se in seguito è opportuno continuare a conservare il pesce alla stessa temperatura.
  • Cuocere. Anche l’efficacia della cottura è legata sia alla temperatura che alla durata. Per avere la certezza di uccidere le larve, è necessario che anche l’interno del pesce raggiunga una temperatura superiore ai 60° per almeno 10 minuti. Le larve resistono all’affumicamento e alle marinature.

prevenire l'anisakis

Le normative per prevenire l’anisakis e i sintomi dell’anisakiasi non sono identiche in tutto il mondo. Negli Stati Uniti la Food and Drug Administration raccomanda di congelare ad almeno -35° per 15 ore, o a -20° per 7 giorni.
L’Organizzazione mondiale della Sanità prescrive una rapida eviscerazione, seguita da cottura o congelamento ad almeno -23° per 7 giorni.
La normativa dell’Unione europea raccomanda di congelare a -20° per almeno 24 ore, oltre a stabilire l’obbligo per i ristoratori di possedere abbattitori di temperatura, in base alle quantità di prodotti ittici che si commercializzano. La normativa prevede anche ispezioni e sequestri di pesce attaccato da parassiti.

E voi quando mangiate pesce crudo considerate il rischio dell’anisakis e i sintomi che possono presentarsi?

Altre fonti:
EFSA
Food and Drug Administration
Organizzazione mondiale della Sanità

Matteo è nato a Bologna e vive a San Giorgio di Piano (Bo), è giornalista, sommelier e assaggiatore di olio d'oliva, ha collaborato con il Dipartimento di Scienze e Tecnologie agro-alimentari dell'Università di Bologna. Per Il Giornale del Cibo si occupa di attualità, salute, cultura e politica alimentare. Apprezza i cibi e le bevande dai gusti autentici, decisi e di carattere. A tavola ama la tradizione ma gli piace anche sperimentare: per lui in cucina non può mancare la creatività, "perché è impossibile farne a meno!"

Una risposta a “Pesce Crudo e Anisakis: i sintomi da riconoscere”

  1. Enrico ha detto:

    Ben fatto!

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